Debiti formativi e velleità ministeriali. Margherita Colasuonno, dal Centro Studi della Gilda, 27/9/2007
A rompere l’assordante
silenzio che incombeva sui debiti formativi fin dal loro primo
apparire negli smagati scenari della scuola italiana, ci sta pensando,
robustamente, il ministro Fioroni, che a più riprese, con atti formali
e/o pronunciamenti verbali, è intervenuto su un capitolo valutativo
non certo marginale per le scuole superiori , ma “mandato a memoria”
passivamente, con supina indifferenza o cieca e muta insofferenza, nei
comportamenti reali, perlopiù non virtuosi, di tutti i soggetti
coinvolti (dirigenti e docenti, alunni e genitori, nonché politici di
settore e sindacalisti di carriera e pedagogisti avanzati e quant’altro)
e rimasto per più di dieci anni sostanzialmente inesplorato nelle sue
implicazioni etico-deontologiche e nei suoi aspetti giuridico-formali
. Ci piace, anche, supporre o immaginare che la nostra essenziale prima riflessione sul tema, in occasione del convegno del 16 marzo 2007 ( cfr. atti del Centro Studi Gilda e Professione Docente maggio 2007), si sia potuta inserire con efficace pertinenza nel percorso di riflessione ministeriale:il quale, avviato nei termini sostanziali fin dal gennaio del 2007 dal risalto formale di una legge dello Stato - Legge 11 gennaio 2007 n. 1 -, ha poi trovato più completa e dettagliata definizione nella seconda metà di maggio con la pubblicazione del decreto ministeriale preordinato in quella legge (D.M. 22 maggio 2007 n. 42), per aprirsi ulteriormente a possibili evoluzioni di rottura o, se più ci piace, in controtendenza, alla fine del mese di luglio ( Comunicato stampa M.P.I. datato al 31 luglio 2007) Ma andiamo per ordine nella nostra ricognizione di tale percorso, individuando con esattezza gli elementi peculiari che caratterizzano, in successione, ciascuno di questi tre significativi momenti: 1) La Legge 11 gennaio 2007 n. 1 (Disposizioni in materia di esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore etc...), teoricamente correlata coll’annuale ritualità di obblighi di ufficio ministeriali naturalmente esposti alla ripetitività burocratica e a rimandi normativi ai testi legislativi precedenti – come era regolarmente accaduto per gli aspetti concernenti il debito formativo e il credito scolastico nel decorso degli anni successivi a quello della fondazione normativa ( anche nella prassi di ministri delle contrapposte coalizioni politiche succedutisi al governo) - , evidenzia di fatto, e in termini perentori e immediati, una connotazione opposta: infatti l’articolo 1 (Ammissione all’esame di Stato etc...), presentato come sostitutivo degli artt. 2, 3, 4 della legge 10 dicembre 1997 n. 425, introduce un’importante novità per l’ammissione agli esami, che non consegue più, in una sorta di automatismo, al fatto di aver semplicemente frequentato l’ultimo anno di corso con qualunque esito valutativo finale (cfr. art. 2 comma 1 lett. a Legge 425 1997), ma si determina solo a condizione che gli alunni “valutati positivamente in sede di scrutinio finale” dell’ultimo anno di corso “abbiano comunque saldato i debiti formativi contratti nei precedenti anni scolastici” (cfr. art. 1 comma 1 Legge 1 2007).
Il dettaglio che
all’art. 3 della stessa legge figuri al comma 1 la disposizione
transitoria in ragione della quale per i candidati agli esami degli
anni scolastici 2006/2007 e 2007/2008 “continuano ad applicarsi,
relativamente ai debiti formativi e all’attribuzione del punteggio per
il credito scolastico, le disposizioni vigenti alla data di entrata in
vigore della presente legge”, non inficia né ridimensiona la
valenza giuridica di un disposto che rende elemento di sbarramento per
l’accesso agli esami la persistenza di debiti (anche uno solo) non
saldati. 2) Il Decreto Ministeriale 22 maggio 2007 n. 42, finalizzato alla definizione delle modalità di applicazione del nuovo regime normativo in materia di debiti e crediti e quindi su quello esemplato e a quello conformato nei termini generali, aggiunge, però, nuovi dettagli, al comma 2 dell’art. 3: “Di norma, l’alunno salda il debito formativo nel corso dell’anno scolastico immediatamente successivo a quello in cui il debito medesimo è stato contratto. Tenuto conto della natura delle carenze residue o di particolari situazioni che abbiano comunque impedito il completamento del recupero intrapreso, il Consiglio di Classe, nello scrutinio finale del penultimo anno, può decidere di concedere all’alunno la possibilità di estinguere il debito, o la parte residua di debito, nel corso dell’ultimo anno. Il Consiglio di classe deve motivare la decisione assunta di promuovere alla classe terminale l’alunno che non abbia saldato il debito formativo contratto nella terzultima classe, specialmente nel caso in cui l’alunno sia promosso con debito formativo relativo anche alla penultima .”
Non c’è chi non colga il
contrasto fra la chiarezza di dettato e la compattezza di significato
nel primo periodo e le genericità e approssimazioni espressive e
concettuali che punteggiano gli altri due (“natura delle carenze
residue”, “ particolari situazioni”, “ il debito o la parte residua di
debito”, “ deve motivare.... specialmente nel caso in
cui...” ): talché, la sequenza conclusiva rischia di offuscare
ambiguamente la inequivocabile limpidezza di quella iniziale e, quel
debito da saldare nell’anno scolastico immediatamente successivo a
quello di contrazione, ce lo ritroviamo, alla fine del penultimo anno,
successivo al terzultimo, non solo non saldato ma anche in compagnia (
che si spera non sia troppo folta). E questa compagnia di debiti che
speriamo non troppo folta, la rincontriamo l’ultimo anno, a stipare i
già gremiti tempi operativi del secondo quadrimestre, con
un’intrusione che risulta tanto burocraticamente necessaria nella
prospettiva degli esami quanto inutile riguardo all’incisività
formativa e culturale, nonché contraddittoria sul piano educativo e
forse anche rischiosa per la coerenza deontologica ed etica di chi
deve operare e decidere
3) Il Comunicato Stampa
emesso dal Ministero della Pubblica Istruzione il 31 luglio 2007 dà
ampio e ufficiale risalto alle allarmate dichiarazioni del ministro
sulla gravità della situazione debitoria” nelle scuole : dati e
percentuali alla mano, il ministro la denuncia in termini
inequivocabili, chiedendosi anche “come si sia potuto accumulare in
questi anni un debito che per mole e gravità dovrebbe preoccuparci più
di quello delle casse dello Stato in quanto più destabilizzante per
l’economia del Paese” e ventilando l’eventualità, qualora
risultasse necessario, di “rimettere mano al ripristino degli esami
di riparazione perché c’è la necessità di avere una data certa che
permetta di sapere se il debito è stato superato”. Aspettiamo, allora, che passi la nottata e la misura sia colma: i segni ci sono, pur fra le pieghe di incoerenze e contraddizioni. Cogliamoli e diamone atto anche al ministro, con la dovuta franchezza. Margherita Colasuonno
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