Buon documento,
che però non affronta i veri problemi della scuola . . .
di Girio Marabini
da
Pavone Risorse
del 10/4/2007
Ho letto con una certa
attenzione il documento "CULTURA, SCUOLA, PERSONA : verso le
indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo
di istruzione" presentato a Roma nel corso di un seminario organizzato
dal MPI, alla presenza di molte personalità tra cui il porf. E.Morin.
Lo ho letto però senza passione, con il distacco proprio di chi, come
tanti, è stanco di presunte novità ed innovazioni, di riforme mancate
Certamente la scuola subisce gli effetti negativi dell’attesa, tra cui
un disagio crescente che non aiuta a pensare, a lavorare con serenità.
In dieci anni il "gotha pedagogico" e governi di diverso colore hanno
sfornato massimi sistemi con un gigantismo dimensionale senza
precedenti, che non hanno però prodotto alcun effetto positivo sul
sistema scolastico. Delle loro riforme è rimasto solo il vuoto: non
più le certezze del passato, solo una sorta di transizione permanente
che rischia di accentuare la frammentazione culturale tipica
dell’odierna condizione umana ed in particolare della nostra società.
Gli insegnanti e gli alunni sono stati i primi ad avvertire "il
vuoto della scuola, il suo isolamento dai nuovi linguaggi espressivi,
dalle nuove proposte culturali, ma anche da una realtà sociale e
politica che continua ad essere investita da rapidi cambiamenti".(N.Filograsso)
Il documento ha comunque il merito di aver presentato con una
buona sintesi quelle che, secondo le intenzioni, dovrebbero essere le
idee base per le future indicazioni nazionali: la scuola nel nuovo
scenario; la centralità della persona; per una nuova cittadinanza; per
un nuovo umanesimo.
Dove le novità rispetto al passato?
Probabilmente lo scopo per cui il
documento è stato prodotto, l’occasione del seminario, ha impedito
agli autori di approfondire quelle che paiono "ovvie evidenze"
proponendo quel salto logico capace di ridurre la complessità.
Proprio E. Morin scriveva :"Ogni innovazione, trasformatrice, è una
devianza e, poiché le regolazioni prestabilite , annullano le
deviazioni, essa deve rompere queste regolazioni, ma anche
ricostruirne di nuove per evitare disintegrazioni che annullerebbero
l’innovazione stessa." (E.Morin, A.B. Kern, Terra-Patria,
Cortina,Milano, 1994, pag.148 citazione in N.Filograsso, Dilemmi
dell’educazione nella società acentrica, ed.Quattroventi)
Si ha come l’impressione infatti che il documenta non si ponga come
una proposta per le nuove indicazioni nazionali ma piuttosto come una
semplice fotografia dell’esistente.
Inoltre Il documento, ad essere sinceri, contiene accenti di una sorta
di pedagogia prescrittiva che pure sono stati duramente
contestati a proposito delle attuali indicazioni nazionali, accenti
che potevano essere evitati perché hanno in sé il rischio di portare,
come in passato, ad un tecnicismo o didatticismo senza respiro: La
scuola non può e non deve…; alla scuola spetta il compito….; la
scuola può e deve realizzare percorsi formativi….; la scuola deve
offrire agli studenti occasioni di apprendimento; deve far sì che gli
studenti acquisiscano gli strumenti di pensiero necessari per
apprendere a selezionare le informazioni; deve promuovere negli
studenti la capacità di elaborare metodi e categorie che siano in
grado di fare da bussola agli itinerari personali; deve favorire
l’autonomia di pensiero degli studenti…; le finalità della scuola
devono essere definite a partire dalla persona che apprende…; e
così via fino al termine del documento.
Si potrebbe al contrario avere più
coraggio puntando su una pedagogia dell’impegno e del lavoro che
"liberi la libertà" che agendo cioè attraverso l’autonomia scolastica
(solo un piccolo richiamo è contenuto nel documento), con gli
strumenti della ricerca e la sperimentazione, sappia restituire vigore
alla creatività degli insegnanti valorizzando il principio
costituzionale della libertà di insegnamento.
E’ questo, ne sono convinto, un modo
più concreto e reale per la costruzione della scuola del presente e
del futuro . Non conosco i risultati del cosiddetto "progetto
ascolto".
E’ vero che per fare questo non sarebbe stato sufficiente un "anno
ponte"
Cerchiamo, tuttavia, di analizzare il documento per verificare queste
evidenze (avverto che nelle mie brevi argomentazioni
utilizzerò frasi e suggestioni di un autore, la cui importante ricerca
filosofica e pedagogica ho imparato a conoscere solo di recente- Carlo
Nanni in "L’educazione tra crisi e ricerca di senso" LAS –Roma
- Spero di non aver "forzato" ai miei scopi il suo pensiero)
La scuola nel nuovo scenario
In una società caratterizzata da
continui cambiamenti e discontinuità è indispensabile la ricerca di
senso e significatività dell’azione educativa per evitare la
frammentazione e l’episodicità (la scuola non è l’unico contesto
educativo);
Pluralismo culturale e necessità di
dotare gli alunni di strumenti adatti (educazione interculturale o
multiculturale e formazione di una identità consapevole ed aperta
Sviluppo delle tecnologie di
informazione e di comunicazione e nuovi analfabetismi di ritorno;
Relazioni tra sistema formativo e
mondo del lavoro - E’ il tema/problema dell’orientamento
In un tale scenario la scuola
promuove il successo formativo ponendo attenzione alle diversità e
allo svantaggio (è la vexata quaestio delle pari opportunità per
evitare disuguaglianze);
Il documento mette in evidenza alcuni
aspetti fondamentali delle sfide del tempo presente che la scuola
nella sua quotidianità ha ben presenti.
Certamente non aiutano la scarsità dei mezzi e la pochezza delle
risorse economiche di questi ultimi anni a disposizione delle scuole,
senza parlare dell’organico del personale docente.
Vi sono poi delle enfasi su alcuni aspetti particolari che lasciano
davvero perplessi perché si ha come l’impressione che gli estensori
del documento abbiano presente più la situazione attuale delle scuole
superiori che non l’effettiva situazione del primo ciclo d’istruzione.
Lo scenario presente, il disordine morale e politico eretto a sistema
di vita, le disillusioni degli operatori della scuola "militante", la
caduta di credibilità della "politica scolastica" di questo ultimo
decennio, hanno portato al generale ridimensionamento dei compiti e
delle funzioni che la scuola può compiere.
E’ necessario, a mio avviso, ripartire da questa presa di coscienza
affinché ogni attore del sistema educativo (famiglia, scuola, sistema
politico ed economico ecc…) faccia la propria parte , secondo quanto
gli compete.
Quale la parte dell’Istituzione
scolastica?
Nei momenti di crisi caratterizzanti la fine del novecento e che hanno
prolungato i loro effetti fino ai giorni nostri, sono state avanzate
idee che se non hanno risolto il problema hanno avuto, comunque, il
merito di stimolare la riflessione sul senso ed il significato della
Istituzione scolastica.
Mi ha in qualche modo convinto la proposta suggestiva di N.Postman
(Ecologia dei Media, Roma, Armando, 1981) a torto considerata
"conservatrice", così riassunta da Carlo Nanni (op.cit. agg.221,222)
"Il suo ragionamento è
estremamente semplice e lineare: rispetto alla cultura dell’ambiente e
del momento, il sistema educativo scolastico non dovrebbe esserne il
prolungamento istituzionalizzato e la reduplicazione più o meno
fedele, ma dovrebbe piuttosto riequilibrarne gli effetti riduttivi o
umanamente devastanti. La scuola dovrebbe operare come una sorta di
"termostato culturale" e formativo che aiuta ad apprendere quanto
nella cultura ambientale e contemporanea non è contenuto , non è
compreso o si tende, inconsciamente od esplicitamente a trascurare .
(…) Così ad esempio la scuola dovrebbe conservare la tradizione quando
il resto dell’ambiente è innovatore o essere innovatrice quando il
resto della società è legato alla tradizione. Dove una cultura
accentua l’autonomia ed una individualità aggressiva , l’educazione
dovrebbe accentuare la cooperazione e la coesione sociale; dove una
cultura va accentuando il conformismo, l’educazione dovrebbe
accentuarne l’individualità; dove (…)c’è poca sensibilità per la
storia e le faticose vie della ricerca scientifica, si auspica che si
arrivi ad insegnare ogni materia come storia per reagire al
presenzialismo acritico della comunicazione di massa …."
Centralità della persona
Dai programmi della scuola media, ai
programmi della scuola elementare alle indicazioni nazionali attuali
viene posto l’accento sulla centralità della persona.
Ne abbiamo dibattuto in passato sulle pagine di Pavonerisorse e
non torno sulla questione.
Vediamo.
Occorre tener conto della
singolarità della persona;
Riporto integralmente una frase del
documento senza commento per l’evidenza scontata dell’argomentazione :
"Lo studente è posto al centro dell’azione educativa in tutti i
suoi aspetti: cognitivi, affettivi, relazionali, corporei, estetici,
etici, spirituali. In questa prospettiva, i docenti dovranno
pensare e realizzare i loro progetti educativi e didattici non
per individui astratti, ma per persone che vivono qui e ora, che
sollevano precise domande esistenziali, che vanno alla ricerca di
orizzonti di significato." (sic!)
Esiste nella nostra scuola un insegnante o una equipe pedagogica che
non agisca in questo modo? Non ho potuto fare a meno di pormi
l’interrogativo.
I docenti, dunque, dovranno pensare e realizzare i loro progetti
educativi e didattici non per individui astratti, ma per persone che
vivono qui e ora.
Tale precisazione può costituire un limite all’azione didattica ed
educativa in quanto, è vero che il progetto va pensato per rispondere
alle esigenze e alle attese di persone che vivono il presente ma non
può limitarsi a questo: fondamentale è che la persona possa costruire
un proprio progetto di vita tale da garantire non solo il proprio
progresso ma anche quello della società.
Classe come gruppo e scuola come
luogo accogliente
Educazione per tutta la vita;
fornire le chiavi per apprendere ad apprendere
(versione moderna dell’imparare ad imparare !);
Che dire ? Non si può non essere d’accordo.
Tuttavia sento di dover porre alcune questioni.
A proposito della centralità della persona si è giunti a parlare in
passato di "rivoluzione copernicana" dell’ educazione e dell’
insegnamento, di "educazione su misura" (E. Claparede), e così via,
riconoscendo che l’alunno non è più il soggetto passivo
dell’educazione ma ne è il protagonista.
Tutto ciò comunque porta a riconoscere e a prendere atto che l’alunno
può anche accettare o rifiutare la proposta educativa.
Da questa evidenza deriva che i prodotti dell’azione educativa non
dipendono solo dalla sua efficacia o dai mezzi a disposizione ma
dipendono anzi è soprattutto dalla "volontà" di apprendere
dell’alunno. L’istruzione non è un processo naturale ma un processo
fortemente voluto dalla società al quale la persona deve in qualche
modo assoggettarsi. (Bruner)
E’ chiaro allora che molto dipende dalla volontà con cui l’alunno
affronta tale processo: la volontà può manifestarsi attraverso la
curiosità, attraverso il desiderio di saper fare e non ultimo nel
modello di identificazione con le persone che stima o che ha come
modelli di riferimento.
L’intervento educativo intenzionale risulta essere quindi un tentativo
di promozione dello sviluppo personale dell’alunno. Vi è insita nella
stessa azione educativa la possibilità di insuccesso.
C. Nanni avvertiva a tale proposito: "con ciò appare chiara
un’altra caratteristica dell’attività educativa:
essa ha
sempre ed in ogni caso il carattere di aiuto, di cooperazione, di
proposta, anche quando indica o sceglie. E anzi si tratta di un aiuto
discreto : non gli si addice l’onnipotenza. Le possibilità
dell'educazione sono decisamente limitate, personalmente,
strutturalmente, culturalmente. Come tutte le attività storiche, anche
l'educazione dipende non solo dalla cosciente libera decisione delle
persone che l'intraprendono, ma anche dalle possibilità concrete
offerte dall'ambiente e dalle strumentazioni che si hanno a
disposizione, che, seppure possono essere molte e vaste, non sono mai
del tutto illimitate o infinite o assolute. Altrettanto è per le
potenzialità umane di libertà, che, come più volte si è detto,
appaiono decisamente «sotto condizione".(op.cit. pag.114)
Per una nuova cittadinanza
Continuità educativa verticale (formazione lungo l’intero arco
della vita) e continuità educativa orizzontale (famiglia in primo
luogo)
Insegnare le regole del vivere e
del convivere (non come risposta all’emergenza)
proporre un’educazione che spinga
a fare scelte autonome e feconde, quale risultato di un confronto
continuo della progettualità dell’alunno con i valori che orientano
la società in cui vive.
Valorizzazione dell’autonomia
scolastica
Scuola come comunità educante che
insegna ad "essere" valorizzando l’unicità e la singolarità
dell’identità culturale di ogni studente.
ognuno impara meglio nella
relazione con gli altri
non si possono realizzare appieno
le possibilità del presente senza una profonda memoria e
condivisione delle radici storiche (piena valorizzazione dei beni
culturali presenti sul territorio nazionale…)
formare cittadini italiani che
siano nello stesso tempo cittadini dell’Europa e del mondo
Il documento sottolinea e ribadisce il
ruolo e l’importanza dell’assunzione di responsabilità da parte delle
Istituzioni, in particolare della famiglia.
E’ il richiamo alla "continuità educativa" riferita sia, in senso
verticale, allo sviluppo della persona in un sistema formativo
coerente, sia, in senso orizzontale, ai rapporti tra scolastico ed
extra-scolastico
Riconoscendo tuttavia all’alunno il diritto alla "continuità" della
propria vicenda educativa, gli si deve riconoscere anche il diritto
alla propria "discontinuità", da intendersi come differenziazione,
come evoluzione della sua identità.
In tale quadro occorre che egli sappia assumersi le proprie
responsabilità ed apprenda il valore della convivenza civile.
La scuola a tale scopo si organizza come "comunità educante" con lo
scopo dichiarato di formare un cittadino - orientato nel rispetto
della storia personale e dei ritmi di apprendimento di ognuno.
In questa direzione va abbandonata ogni forma di selezione in favore
di processi educativi che contribuiscano ad una reale pro-mozione
umana. Processi educativi che storicizzino l’esperienza per progettare
il futuro.In questo ambito la continuità e l’orientamento vengono
assunti come processi educativi di base per favorire in tal modo
l’iniziativa dell’alunno per il proprio sviluppo e per aiutarlo a
conquistare la propria identità.
Per rispondere alle strategie di scopo delineate , la scuola si pone
come luogo di elaborazione e di trasmissione della cultura, come
mediazione fra la cultura sociale e quella di cui è portatore
l’alunno.
Il documento percorre , a mio modesto avviso, le tracce dell’esistente
in piena sintonia con le elaborazioni della ricerca del passato
comprese quelle che hanno portato alla formulazione delle attuali
indicazioni nazionali.
Porto un piccolo esempio delle tante
analogie possibili.
"La scuola primaria opera in modo che gli alunni, in ordine alla
realizzazione dei propri fini ed ideali , possano sperimentare
l’importanza sia dell’impegno personale, sia del lavoro di gruppo
attivo e solidale, attraverso i quali accettare e rispettare l’altro,
dialogare e partecipare in maniera costruttiva alla realizzazione di
obiettivi comuni. In questo senso, trova un esito naturale
nell’esercizio competente di tutte le buone pratiche richieste dalla
Convivenza Civile a livello ed in prospettiva locale, nazionale,
europea e mondiale"(dalle indicazioni Nazionali)
Per un nuovo umanesimo
conoscenza come pieno dominio dei singoli ambiti disciplinari e,
contemporaneamente, come elaborazione delle loro molteplici
connessioni;
insegnare a ricomporre i grandi
oggetti della conoscenza, promuovendo i saperi propri di un nuovo
umanesimo;
diffondere la consapevolezza che i
grandi problemi dell’attuale condizione umana possono essere
affrontati e risolti attraverso una stretta collaborazione non solo
fra le nazioni, ma anche fra le discipline e fra le culture.
Tutti questi obiettivi possono
essere realizzati sin dalle prime fasi della formazione attraverso
l’incontro e non la contrapposizione della formazione scientifica
(chi sono e dove sono io nell’universo, sulla terra,
nell’evoluzione?) e della formazione umanistica (chi sono e dove
sono io nelle culture umane, nelle società, nella storia?).
Formazione integrale dell’uomo.
Un nuovo umanesimo dunque, che sappia conciliare la cultura umanistica
e quella scientifica, che si nutra, anzi, degli apporti dell’una e
dell’altra senza le contrapposizioni che hanno contraddistinto il
passato.
Il rischio, tuttavia, è che al vecchio umanesimo letterario si
sostituisca una sorta di "umanesimo scientifico" che si alimenti solo
delle conoscenze sull'uomo e sul mondo prodotte dalla scienza.
Spero non sarà così .
Per ora prendiamo atto di questo tentativo di conciliazione. Vedremo
quali saranno le concrete proposte delle future indicazioni.
Per concludere queste brevi
considerazioni voglio esprimere quale è stata la mia prima
impressione.
Il documento in definitiva ha l’innegabile merito di aver posto
all’attenzione di tutti alcune problematiche fondamentali presenti
nella scuola attuale.
Tuttavia solo marginalmente affronta quelli che , ad avviso
della ricerca più attenta (si veda in particolare il lavoro di Nando
Filograsso citato) , restano problemi fondamentali:
-
il problema morale che ha assunto le
dimensioni dell’emergenza ( problema anche a mio avviso della
dimensione etico-religiosa dell’insegnamento);
-
l’organizzazione della didattica,
problema non solo di contenuti ma anche di contenitori;
-
l’orientamento come progetto di vita
che non sia esso stesso in qualche modo selezione ma sappia
promuovere la personalità.
Vedremo.
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