Appunti sul biennio unitario. di Antonio Valentino, da ScuolaOggi del 23/2/2007
Fare i conti con questa scuola media
A proposito di biennio unitario, tre questioni
mi sembrano ineludibili in questa fase. La prima: si può ragionare di
nuovo biennio senza considerare alcuni dati di realtà - quali i
giudizi in uscita e livelli di formazione dei ragazzi licenziati a
conclusione del primo ciclo - con cui si scontrano soprattutto i
nostri istituti tecnici e professionali, che rappresentano oltre il
70% delle scuole di istruzione superiore? - a legare il giudizio di licenza dalla secondaria di primo grado ad una soglia di accettabilità, che è condizione fondamentale per l'accesso ad una scuola secondaria di secondo grado; - a costruire una cultura orientativa negli insegnanti delle scuole medie che superi l'equazione: ragazzo debole e demotivato = istituto professionale (se maschio: IPSIA; se femmina IPC). E a costruirla attraverso percorsi di formazione qualificati e mirati, a cui corrispondano pratiche didattiche e comportamenti - e riconoscimenti - professionali conseguenti (e questo significa: investimenti, monitoraggio, forte intenzionalità politica).
Una seconda questione riguarda la natura del
nuovo biennio. Il documento Ferratini (che porta a sintesi i
contributi della Commissione ministeriale sul nuovo obbligo di
istruzione), che tende a fondare l'unitarietà non tanto sulla
consistenza dell'area comune (più Area comune = maggiore unitarietà),
quanto sugli standard a conclusione del percorso biennale (cioè su un
quadro di competenze in uscita unico e nazionale), fa scelte che
possono essere condivise (e in effetti rappresentano un elemento di
parziale novità abbastanza interessante). - quanta parte del curricolo sarà dedicata all'orientamento; e/o quanta intenzionalità orientativa bisognerà inserire negli insegnamenti delle varie discipline e come farlo; - in che misura i percorsi di orientamento avranno caratteristiche di propedeuticità; - come (con quali strategie e dispositivi normativi) questa parte di curricolo POTRà produrre cultura vera e quindi formatività, e non invece segmentazione e frammentarietà della formazione; - quanti moduli formativi, e per quante aree diverse, è possibile realisticamente mettere in campo per sviluppare orientamento - propedeuticità; - quale cultura professionale dei docenti per la gestione dei percorsi orientativo-propedeutici; - quali reti tessere sui territori (collegamenti tra scuole e delle scuole con i centri professionali e con i mondi delle professioni e dei saperi non ancora scolastici) per dare senso e valore a questa dimensione del biennio unitario; - come si articolerà il percorso orientativo; cioè: quali sviluppi interni, nel passaggio dal primo al secondo anno e/o all'interno di ciascun anno, vanno garantiti; - quali flessibilità interne vanno assicurate; in altri termini, con quali livelli di flessibilità verranno considerati gli eventuali "insuccessi" nei percorsi modulari seguiti. Le esperienze maturate all'Istituto Tecnico Sperimentale "Primo Levi" di Bollate e all'ITSOS di Cernusco, nell'area milanese, e in alcune altre scuole sperimentali (Reggio Emilia, Firenze…) potranno al riguardo offrire materiale interessante.
Una terza questione, non meno cruciale, è quella
posta dal modello di scuola ancora imperante e che costituisce causa
non secondaria - come si rileva da più parti nel dibattito di questi
mesi - della scarsa qualità del nostro sistema e fattore di insuccesso
da scongiurare nella messa in campo di qualsiasi ipotesi di nuovo
biennio. a. che favoriscano sperimentazioni, verifiche e loro integrazione/diversificazione in modelli (al plurale) che le singole scuole potranno ridefinire in autonomia; b. che ruotino attorno a rapidi, essenziali elenchi - pescando possibilmente da quel repertorio che, nonostante tutto, gruppi ristretti di scuole e di insegnanti e dirigenti scolastici sono riusciti ad esprimere in questi anni e di cui si sente eco solo in qualche convegno -, per evitare dispersione di energie e tenere dritta la barra. Penso, in proposito, a elenchi di obiettivi - rispetto ai quali sviluppare formazione di massa e promuovere diffuse sperimentazioni -, del tipo: - diversificare i percorsi didattici (le strategie per arrivare ai risultati) pur dentro un quadro di esiti comuni, - alternare l'aula con i laboratori e sviluppare esperienze incentrate sull'apprendimento in contesti operativi, - recuperare - attraverso pratiche di auto-apprendimento e di "allenza didattica", ma anche "attraverso il fare e la riflessione su ciò che si fa - la curiosità, la motivazione, il senso delle cose che si fanno e un senso positivo di sé" (cfr Farinelli, in un articolo per ScuolaOggi di questa estate), - ricorrere a esperienze/di soggetti qualificati esterni al sistema scolastico (es., centri professionali qualificati), per variare gli approcci, esplicitare gli sbocchi, diversificare le situazioni, allargare il quadro di riferimento, superando rigidità autoreferenziali, - valorizzare le esperienze, l'unitarietà dei saperi (aree di progetto), contro una visione della cultura vista come sommatoria di singole slegate conoscenze, - coltivare la formatività della valutazione e l'affidabilità degli accertamenti e della loro certificazione.
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