P a v o n e R i s o r s e

 

Risposta del Ministro Fioroni
in merito all'accordo sindacale sul tutor .

da Pavone Risorse del 2/8(2006

 

Camera dei Deputati
Commissione Cultura e Istruzione

Seduta del 26 luglio 2006

 

Valentina APREA (FI) illustra l'interrogazione in titolo, sottolineando che essa è tesa ad evidenziare, tra l'altro, il fatto che la disapplicazione di talune norme del decreto legislativo n. 59 del 2004 è in contrasto con il dettato dell'articolo 117, lettere g) ed m) della Costituzione, come peraltro evidenziato dalla stessa Corte Costituzionale. Ritiene quanto meno anomalo che il Governo appena insediato sia subito riuscito nell'intento di raggiungere un accordo con i sindacati, i quali a loro volta si sono subito premurati di esprimere la propria soddisfazione. Ribadisce, inoltre, che la disapplicazione delle norme citate costituisca un fatto lesivo del principio dell'autonomia scolastica. A suo avviso occorrerebbe anche provvedere ad affrontare adeguatamente la questione della mobilità annuale degli insegnanti, che è di rilievo essenziale per assicurare agli studenti continuità didattica.

 

Alba SASSO (Ulivo), presidente, invita la deputata Aprea a contenere il suo intervento per l'illustrazione della interrogazione di cui è prima firmataria, nei termini previsti.

 

Valentina APREA (FI) ritiene di avere il diritto di evidenziare le criticità della attuale politica del Governo in materia di istruzione nei tempi necessari, considerando anche la presenza del ministro Fioroni, che comunque ringrazia per essere intervenuto personalmente a rispondere alla interrogazione di cui è prima firmataria.

 

Alba SASSO (Ulivo), presidente, ribadisce alla deputata Aprea che lo strumento parlamentare di cui ha inteso avvalersi consente l'illustrazione sommaria della medesima interrogazione presentata, e non un intervento di carattere generale. Invita quindi la deputata a concludere il suo intervento.

Valentina APREA (FI), riservandosi di replicare in sede di replica, aggiunge che in generale, malgrado la nuova denominazione del Ministero voglia enfatizzare la cura dell'interesse pubblico, la direzione intrapresa dal nuovo Governo sia più che altro rivolta alla tutela di interessi di parte.

 

 

Risposta del Ministro Giuseppe Fioroni

Confermo che in data 17 luglio 2006 è stata sottoscritta dall'ARAN e da tutte le Organizzazioni Sindacali rappresentative - dalla GILDA allo SNALS e ai Confederali, che hanno espresso nel merito unanime consenso - la sequenza contrattuale ai sensi dell'articolo 43 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del comparto “Scuola” del 24 luglio 2003.
L'ipotesi di accordo è attualmente sottoposta al parere del Presidente del Consiglio dei Ministri , tramite il Ministro per la Funzione Pubblica (ora Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione), previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell'articolo 47 del Decreto Legislativo n. 165 del 30 marzo 2001.
Preciso che l'Associazione nazionale dei presidi non ha firmato l'accordo in quanto non è parte della sequenza contrattuale, che concerne il contratto del personale docente ed amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA).
Passo ora ai punti oggetto dell'interrogazione.
In primo luogo, per quanto riguarda lo strumento giuridico impiegato, ricordo che l'articolo 43 del vigente C.C.N.L. del comparto “Scuola”, siglato il 24 luglio 2003, prevede che la disciplina del contratto “è suscettibile delle modifiche che in via pattizia si renderanno necessarie in relazione all'entrata in vigore della legge n. 53 del 2003 e delle connesse disposizioni attuative”.
La sequenza contrattuale in argomento ha richiamato, all'articolo 1, il disposto dell'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 il quale stabilisce che “eventuali disposizioni di legge, regolamento o statuto, che introducano discipline dei rapporti di lavoro la cui applicabilità sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, o categorie di essi, possono essere derogate da successivi contratti o accordi collettivi e, per la parte derogata, non sono ulteriormente applicabili, salvo che la legge disponga espressamente in senso contrario”.
Tale ultima condizione non si riscontra peraltro nella legge 53 e, quindi, è confermato il principio di derogabilità che costituisce, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, del richiamato decreto legislativo n. 165 del 2001, “principio fondamentale ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione”.
Qualora il legislatore intenda definire come inderogabili disposizioni in materia di lavoro potrà sempre per il futuro applicare la clausola suddetta.
Va tuttavia sottolineato che, al di là, degli aspetti giuridici, appare opportuno ripristinare un metodo di concertazione preventiva per normative che concernono l'organizzazione del lavoro.

 

Questo non significa che il Governo non debba assumere le proprie scelte, anche in eventuale contrasto con le posizioni delle Organizzazioni Sindacali, ma sottolinea l'opportunità che prima di tali scelte si acquisiscano tutti gli elementi utili per operare queste scelte con il massimo consenso possibile.
Con riguardo, poi, alla funzione tutoriale, l'articolo 2 della sequenza disapplica l'articolo 7, commi 5, 6 e 7 e l'articolo 10, comma 5, del decreto legislativo n. 59 del 2004 che disciplinano l'istituzione, l'orario di lavoro e l'organizzazione didattica della figura tutoriale nella scuola primaria e nella scuola secondaria di primo grado.
La scelta tecnica di disapplicare gli interi commi e non parti di essi è giustificata dalla difficoltà di lettura di disposizioni aventi una loro coerenza logica e sistematica.
Per la parte della disciplina relativa all'organizzazione della attività educativa e didattica e all'assegnazione dei docenti alle classi, in realtà i commi in esame non fanno che riferirsi genericamente a più puntuali e coerenti disposizioni previste dal Testo Unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, approvato con decreto legislativo n. 297 del 1994 (quale ad esempio l'articolo 396), dell'articolo 26 del C.C.N.L. del comparto scuola nonché dalla normativa che disciplina i compiti dei dirigenti scolastici (articolo 25 del decreto legislativo n. 165 del 2001).
La scelta adottata in sede di accordo ARAN è finalizzata a conferire una più razionale organizzazione alla funzione tutoriale. Infatti, i compiti connessi alla figura del tutor vengono “spalmati” su tutti i docenti, facendone una funzione che fa capo a ciascuno di essi nell'ambito dei vigenti istituti e obblighi contrattuali.
In tal modo, tra l'altro, si evita la soluzione, molto contestata nelle scuole, di individuare un docente con maggior carico orario nei primi tre anni delle scuole primarie, in violazione del principio di pari responsabilità di tutti i componenti del team didattico.
A tale riguardo, appaiono discutibili le critiche di una delle Associazioni dei genitori circa una presunta minore attenzione alle famiglie e agli alunni, scaturenti dalla disapplicazione della figura del tutor.
Numerose pregresse esperienze legislative e contrattuali (le “funzioni obiettivo”, le “funzioni strumentali”, le “carte dei servizi”) hanno in realtà dimostrato che qualunque processo di innovazione imposto dall'alto, senza un processo di condivisione da parte dei docenti, produce nelle scuole resistenze o adempimenti meramente burocratici e formali, che non migliorano affatto la qualità del processo di insegnamento-apprendimento, riducendosi spesso a risposte meramente cartacee.

 

Bisogna puntare, invece, anche attraverso la sensibilizzazione e la formazione dei docenti e la collaborazione delle associazioni dei genitori, a ricostruire un clima di responsabilizzazione condivisa rispetto alle funzioni dell'orientamento, dell'assistenza all'alunno, del rapporto con i genitori, della documentazione dei percorsi didattici, funzioni che devono necessariamente coinvolgere tutti indistintamente i docenti, ciascuno per la propria disciplina e come componente del team educativo.
La centralità dell'alunno non si realizza contro i docenti ma insieme ad essi, evitando le conflittualità interne alle scuole che sono scaturite dalla rottura della collegialità dei team didattici.
Diverso è ovviamente il discorso sull'opportunità di promuovere funzioni di coordinamento e di organizzazione del lavoro che le scuole saranno invitate ad incentivare, secondo le modalità che verranno decise da ciascun istituto, nell'ambito della propria autonomia didattica, di ricerca e organizzativa.
Quanto al ripristino della mobilità annuale del personale docente, viene allo stato disapplicato l'obbligo previsto dall'articolo 8, comma 3, e dall'articolo 11, comma 7, del decreto legislativo n. 59 del 2004, che prevedono la permanenza dei docenti nella sede di titolarità almeno per il tempo corrispondente al periodo didattico.
Premesso che la materia della mobilità è una tipica materia contrattuale - in mancanza di norme legislative inderogabili - e che essa è espressamente prevista dal vigente C.C.N.L. del comparto scuola, va detto che anche negli anni scorsi tale disposizione si è rilevata tecnicamente impraticabile, a prescindere dalla stessa esigenza di ricercare il consenso delle Organizzazioni Sindacali.
La permanenza dei docenti per un ciclo di studi andrebbe infatti correlata al contestuale superamento e alla stabilizzazione del “precariato” e alla definizione di un organico stabile e funzionale per la corrispondente durata del ciclo didattico; allo stato, le nomine si rinnovano ogni anno con docenti spesso diversi. Non si può infatti accettare che la continuità didattica non valga anche in caso di riduzione dell'organico e di conseguente soprannumerarietà del docente che non ha completato il ciclo didattico.
L'azione che il Governo si propone è proprio quella di stabilizzare il precariato, eliminare le cause strutturali che lo determinano e creare un organico funzionale flessibile. In questo contesto si potranno affrontare anche i problemi della stabilizzazione dell'organico e della permanenza dei docenti per ciascun ciclo didattico.

 

In merito ai contratti di prestazione d'opera, la scelta operata in sede di accordo rientra anch'essa nella logica di superamento del precariato.
Preliminarmente va precisato che tali contratti sono previsti dal regolamento dell'autonomia approvato con decreto legislativo n. 275 del 1999 e si riferiscono ad insegnamenti aggiuntivi, espressione di qualificate professionalità esterne. Questi contratti sono in realtà già vigenti nel nostro ordinamento, secondo la disciplina dell'articolo 40 del Decreto Ministeriale n. 44/2001 (regolamento di contabilità delle istituzioni scolastiche), che affida la regolamentazione dell'istituto giuridico all'autonomia degli organi delle singole istituzioni scolastiche, nell'ambito delle risorse finanziarie possedute dalle stesse. I contratti di prestazione d'opera trovano del resto da tempo attuazione soprattutto negli istituti di istruzione secondaria superiore.
L'istituto giuridico, nella parte abrogata, costituiva in realtà un ibrido giuridico in base al quale venivano imputate a risorse finanziarie delle scuole - peraltro di norma insufficienti per pagare stipendi per un anno - prestazioni didattiche obbligatorie per gli alunni che esercitano l'opzione, costituenti cioè a tutti gli effetti ore curricolari.
L'applicazione del medesimo istituto giuridico avrebbe in concreto determinato una forte conflittualità in quanto veniva a mascherare in realtà un rapporto di lavoro dipendente, organicamente inserito, anche ai fini delle valutazioni, nel curricolo obbligatorio degli alunni. Pertanto, l'applicazione di detto istituto avrebbe determinato una surrettizia forma di ulteriore nuovo precariato che il Governo è intenzionato a ridurre e progressivamente ad eliminare.
E tutto ciò senza aver concordato criteri trasparenti per la scelta dei docenti e in mancanza della preventiva definizione dei titoli per lo svolgimento di tali attività didattiche, che avrebbero dovuto essere definiti con decreto interministeriale (articolo 7, comma 4 e articolo 10, comma 4 del decreto legislativo n. 59 del 2004.
Per quanto riguarda infine gli anticipi nella scuola d'infanzia, l'accordo ha disapplicato tale istituto, in quanto allo stato non sussistono i presupposti richiesti dalla stessa legge n. 53 del 2003. Manca, infatti, la definizione delle figure professionali necessarie (docenti?, ATA?, assistenti dell'infanzia del Comune?), la pur prevista specifica disciplina degli organici (meno alunni nelle classi con anticipatari?) e, soprattutto, il quadro degli accordi con la Conferenza Stato-Regioni per assicurare tutte le condizioni a regime per la disciplina contrattuale a livello nazionale di eventuali figure professionali statali.

 

Resta intesa la possibilità di accordi locali per sperimentazioni da effettuare in presenza di tutte le condizioni previste dall'articolo 12 del decreto legislativo n. 59 del 2004, nonché dalla circolare ministeriale attutiva n. 29 del marzo 2004, tra le quali va verificata in particolare la disponibilità di personale adeguatamente preparato a carico degli Enti Locali, oltre la disponibilità di adeguati locali e connessi servizi (mensa, scuolabus, e così via).
In estrema sintesi la sequenza contrattuale punta a ristabilire un clima di serenità nelle scuole e di confronto con le Organizzazioni Sindacali proprio per avviare quei processi “dal basso” che, puntando sull'autonomia delle scuole e sulla professionalità degli operatori, sono capaci di modificare in profondità gli atteggiamenti ed i comportamenti

 

Valentina APREA (FI), replicando, si dichiara insoddisfatta dalla risposta illustrata dal ministro Fioroni. Ritiene singolare che il Ministro abbia fatto riferimento all'autonomia scolastica e al raggiungimento di un clima sereno con i sindacati, che rappresenta l'unico risultato realmente raggiunto dal nuovo Governo. Ribadisce che la risposta è poco convincente in quanto ritiene che la prassi adottata violi la Costituzione e manifesti la posizione subalterna di questo Governo e di questo Parlamento nei confronti dei sindacati ai quali è attribuito il potere illegittimo di decidere in ordine alla disapplicazione di una legge dello Stato. Ritiene che la situazione attuale comporta, tra i diversi effetti, un appiattimento dei piani di studio in controtendenza con quanto accade negli altri Paesi europei. In conclusione, auspica il ripristino delle norme del decreto legislativo n. 59 del 2004 e di una situazione in cui i sindacati svolgano le proprie funzioni in un quadro di legalità costituzionale.