La proposta del nuovo esame di Stato:
una partenza col piede giusto.

Antonio Valentino, da Scuola Oggi dell'8/8/2006

 

In primo luogo, soddisfazione. Sia per lo strumento scelto, il disegno di legge, che permette l'acquisizione di proposte emendative e integrazioni non solo del parlamento, ma anche del mondo della scuola; sia per i contenuti, che rispondono in larga misura alle attese di quanti hanno a cuore una scuola pubblica che ridia qualità ai processi formativi e motivazione e senso a docenti e studenti.

Lo schema proposto è in effetti qualcosa di più di un disegno che guardi solo agli Esami di stato. Infatti, l'art. 2 prefigura percorsi di formazione, ai fini delle scelte post diploma, e di collaborazione tra scuola e università che colgono esigenze effettive di studenti e operatori di entrambi i settori formativi. Ma di questo argomento si potrà parlarne in un approfondimento specifico.


In questa nota preme piuttosto entrare nel merito delle proposte ministeriali per qualche commento e qualche suggerimento integrativo o correttivo.

Registriamo in primo luogo le scelte caratterizzanti sul piano del funzionamento:

- il ritorno alle commissioni miste che è da ritenere, in questa fase, la più funzionale all'obiettivo di ridare dignità all'esame di stato;

- il presidente della commissione (uno per ogni due classi quinte) sottratto ad un ruolo puramente notarile e messo in grado di presiedere alle varie operazioni e garantirne, non solo sul piano burocratico-formale, efficacia e correttezza;

- l'aumento del credito scolastico (da 20 a 25 punti) che valorizza l'impegno degli studenti nelle classi precedenti e ne responsabilizza il ruolo;

- le modalità di svolgimento della seconda prova scritta per gli Istituti tecnici, professionali e d'arte e per i licei artistici dovrà tener conto della dimensione tecnico-pratica e laboratoriale delle discipline coinvolte;

- la reintroduzione dell'ammissione agli esami sulla base di due requisiti: la valutazione positiva dell'alunno in sede di scrutinio finale; il saldo di tutti i debiti formativi contratti negli anni precedenti.


Ritengo queste scelte opportune e felici nell'attuale situazione. Probabilmente, a processi di riforma del secondo ciclo ridefiniti, ci sarà bisogno di interventi di natura anche molto diversa. Qui il giudizio di opportunità ha come necessario riferimento l'attuale situazione della nostra scuola superiore e la necessità di mandare segnali tendenti a porre un freno alla dequalifizazione e alla demotivazione in atto; dequalificazione e demotivazione, indotti in buona parte dalla riforma Moratti dell'Esame di Stato, ma non solo. Le scelte del disegno di legge rispondono in effetti alle attese del mondo della scuola, quasi coralmente espresse, anche recentemente, in tutte le sedi e con i più vari strumenti. E perciò vanno salutate con soddisfazione.
I necessari processi di riforma delle Superiori, da riattivare al più presto, ci diranno, all'occasione, rispetto a questo nuovo modello di esami, in che direzione cambiare e cosa.


Ciò premesso, vorrei fare qualche considerazione ulteriore, partendo da alcuni interrogativi, sollecitati dalla lettura del testo e dall’esperienza di questi anni, e sviluppando ipotesi di lavoro che rendano più visibile anche il taglio innovatore e riformista del nuovo modello. Propongo di seguito gli interrogativi che avverto come più significativi, senza un ordine preciso di priorità:

- L'autonomia dello studente (come obiettivo didattico e formativo) nelle prove previste, e soprattutto nella prova orale, ha, nel testo proposto, una sottolineatura adeguata? Come darle centralità nell'azione didattica e peso adeguato in sede di esami? La centratura della prova orale su "tesine", ricerche, "prodotti" - come risultato di un lavoro che si sviluppi in tutto l'anno scolastico e prova dei livelli effettivi di autonomia dello studente (perseguita unitariamente dal Consiglio di classe e coltivata individualmente) – non può essere una ipotesi da riprendere e rafforzare?

- E’ riconosciuto a sufficienza, in termini di credito scolastico, l'impegno degli studenti negli anni precedenti? La proposta di 25 punti, rispetto ai 20 attuali, la si ritiene soddisfacente? O bisognerebbe prospettare un punteggio più elevato (Per esempio, 30)?

- La riproposizione della prima prova, negli stessi termini in cui l'abbiamo sperimentata in questi anni, risponde a obiettivi di funzionalità ed efficacia o non riproduce di fatto, per come è stata realizzata, la centralità di una cultura umanistica che, nei termini in cui viene proposta, dice poco e sa di poco, anche se si presenta sempre in veste pretenziosa? (Le tracce quest'anno per la prima prova riempivano 8 fittissime pagine; l'anno scorso, 9, o forse più). In altri termini, "le capacità espressive, logico-linguistiche e critiche del candidato" perché non accertarle attraverso le altre prove scritte da strutturare in tal senso?

- In che senso la terza prova scritta deve essere espressione dell'autonomia delle singole scuole? L'esperienza di questi anni, non certo entusiasmante, ne giustifica il mantenimento? Perché non pensare piuttosto ad una terza prova omogenea a livello nazionale (gestita dall'INValSI?) per i vari tipi di scuola, che punti all'accertamento dei livelli di padronanza dei saperi alti di cittadinanza attiva dei nostri studenti? E orienti conseguentemente l'offerta formativa delle nostre scuole in quella direzione? Si può eventualmente pensare, a integrazione della prova di livello nazionale, ad una parte, gestita autonomamente dalla commissione, tendente ad accertare saperi e competenze perseguiti attraverso progetti innovativi e sperimentali di scuola?

- La riproposizione - opportuna - dell'ammissione agli esami stato (con la relativa valutazione positiva nelle discipline del Piano Studi) è conciliabile con i contenuti dell'esame, sostanzialmente identici a quelli già valutati in sede di scrutinio finale? La commissione mista fa certamente la differenza. Ma perché non pensare ad un esame di stato che si qualifichi (caratterizzi) in base all'indirizzo? E quindi assuma come oggetti valutativi essenzialmente, se non esclusivamente, il profilo in uscita per i vari tipi di scuola?

- La dimensione tecnico-pratica e laboratoriale è opportuno recuperarla attraverso una prova scritta (la seconda) o non piuttosto nella prova orale in cui "saper fare" e competenza operativa sono più facilmente verificabili?

- La valutazione positiva in sede di scrutinio finale, necessaria ai fini dell'ammissione, come va intesa? Valutazione positiva in tutte le materie o giudizio complessivamente positivo, pur con qualche insufficienza in alcune materie, controbilanciata da risultati più che sufficienti in altre materie (tipo modello di ammissione agli Esami di Qualifica negli Istituti professionali)?

- Lo sbarramento - sempre ai fini dell'ammissione - costituito dai debiti non saldati è la scelta giusta? Personalmente penso di sì per una serie di ragioni che le scuole conoscono bene. Qualcuno può ritenerla però troppo penalizzante. E’ possibile, allora, ragionare, almeno in via di ipotesi, sulla opportunità di introdurre penalizzazioni più nette dei debiti non saldati (per esempio, un punto in meno per ogni debito), che sposti però in sede di esami di stato la valutazione sulla formazione complessivamente maturata? (Nel senso che il non assolvimento non pregiudicherebbe l'ammissione, ma peserebbe, in modo evidente e significativo, sul giudizio finale e sugli stessi esiti dell'esame).


Concludo ribadendo che, in ogni caso, già questa proposta ministeriale, pur nei termini prospettati, rappresenta un buon passo in avanti in direzione di una scuola che punti alla qualità e al recupero di senso.