La personalizzazione secondo la Moratti. Una scelta contro l'obbligo di istruzione. di Maurizio Tiriticco da Fuoriregistro del 27/3/2006
Ho sempre sostenuto che il concetto e la pratica della personalizzazione sono cose troppo serie per essere malamente strumentalizzate ai fini di una riforma della scuola che riforma non è e che intende soltanto riportarci molto indietro nel tempo, quando la scuola era funzionale alla conservazione dell'ordine sociale costituto! E mi si dica pure che sono discorsi da anni Sessanta, perché... semplicemente è proprio così! Althusser, gli apparati ideologici di Stato la riproduzione, Barbagli e Dei, le vestali della classe media, tutte ricerche sulla scia di una sociologia franco tedesca - e mettiamoci pure i Francofortesi! - che ci offriva in quegli anni preziose chiavi interpretative sulla organizzazione della società, dello Stato e dei suoi apparati ideologici, istituiti per la sua conservazione, appunto! Ma, andiamo con ordine! Nel '47 la Costituzione repubblicana aveva dato vita ad una nuova idea di scuola, che fosse aperta e obbligatoria per tutti e che tenesse in conto particolare i capaci e i meritevoli per i gradi più alti degli studi. La sfida era difficile. Da sempre eravamo abituati al fatto che la scuola non poteva essere una cosa per tutti, che lo studio è una cosa "seria", che richiede capacità e attitudini che non sono di tutti... ed altri discorsi di questo tipo. Per questo faticammo non poco prima di giungere all'obbligo di istruzione di otto anni, il minimo che la Costituzione prevedesse! Eravamo nel '62, in ritardo di 15 anni dal varo della Costituzione, e non tanto per mancanza di risorse, quanto per malcelate resistenze politiche e culturali! Il "tutti a scuola" non è mai stata una parola d'ordine di grande fortuna! Le obiezioni erano tante! Non tutti sono portati per lo studio! E poi, come la mettiamo con il latino? Vogliamo un paese di tutti dottori? E poi? Nessuno vorrà più lavorare (con le mani, si intende)! Allora faremo un Paese di spostati! Certo che, messe così, le obiezioni non erano neanche tanto peregrine! Ma i problemi erano ben altri! Non davvero di far tutti dottori, ma di dare a tutti quel tanto di saperi e competenze che consentisse loro di non essere più né discriminati né sfruttati e di vivere e lavorare da cittadini liberi ed eguali! Era una battaglia di civiltà, e negli anni Sessanta gli apporti di certa sociologia d'oltralpe e le denunce di Don Milani trovarono una felice sintesi e si coniugarono con le stesse lotte operaie che proprio in quegli anni rivendicarono come il diritto alla cultura e alla scuola non fosse altra cosa rispetto al diritto, da sempre rivendicato, al pane e al lavoro! E non fu un caso che il mondo cattolico e il mondo laico si ritrovarono in quegli anni sullo stesso fronte per la battaglia della dignità della persona. L'attivismo, il funzionalismo, il personalismo, lo strutturalismo, dagli inizi del secolo a quegli anni costituivano opportunità feconde per una lotta finalizzata ad estendere al più alto numero di persone il diritto all'istruzione. Il concetto stesso di personalizzazione era funzionale allo scopo, nelle sue diverse letture, da Claparéde a Mounier, a Maritain. Claparéde, che agli inizi del secolo aveva progettato quella "scuola su misura" dell'allievo, nel 1920 scriveva: "Quando un sarto fa un vestito, lo adatta alla corporatura del cliente e, se questo è grosso e piccolo, non gli fa indossare un abito troppo stretto, col pretesto che ha la larghezza corrispondente, di regola, alla sua altezza. Il calzolaio che fa una scarpa comincia col tracciare su un foglio di carta il contorno del piede che deve calzarla, e ne segna la particolarità ossia le deformazioni. Il cappellaio adatta i suoi copricapo ad un tempo alla forma e alle dimensioni dei crani... Al contrario l'insegnante veste, calza, incappella tutte le menti nello stesso modo. Egli ha solo roba fatta in serie, e i suoi scaffali non consentono la minima scelta: qualche numero di grandezza, è vero, ma sempre lo stesso modello". Ovviamente Claparéde lanciava i suoi strali contro la scuola rigida e tradizionalista del suo tempo. E così continuava: "Fra gli alunni delle nostre scuole, ne vediamo alcuni che annegano negli anfratti di un programma troppo immenso per le loro deboli aspirazioni e le loro capacità problematiche...Altri, invece, sono soffocati da una disciplina troppo stringata che impedisce lo sviluppo normale della loro personalità intellettuale e morale, tanto che non possono permettersi un movimento senza fare saltare qualche bottone". Chi avrebbe da obiettare contro il concetto di personalizzazione proposto da Claparéde? Chi mai potrebbe negare che è quanto mai opportuno fare della persona, del soggetto, dell'alunno - lo si chiami come si vuole - il centro dell'attività educativa? E soprattutto va aggiunto che si tratta di un concetto che è entrato da tempo nelle nostre scuole. Nessuno ne negherebbe la validità! Altro conto è sapere operare di conseguenza, ma questo è un altro discorso, riguarda le concrete dinamiche docente-alunno, la padronanza di un metodo, e così via! E di preoccupazioni simili nel corso dei progressivi aggiustamenti della nostra scuola abbiamo sempre tenuto un gran conto, soprattutto per quella scuola di base, che è la più direttamente interessata ad attenzioni di questo tipo! Chi conosce bene gli Orientamenti del '91 per la scuola dell'infanzia non troverà un rigo che possa contraddire con indicazioni personalizzanti. Discorso analogo vale per i Programmi dell'85 della scuola elementare. Nella Premessa leggiamo: "La scuola elementare, che ha per compito anche la promozione della prima alfabetizzazione culturale, costituisce una delle formazioni sociali basilari per lo sviluppo della personalità del fanciullo, dà un sostanziale contributo a rimuovere "gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana" (art. 3 della Costituzione) e pone le premesse all'esercizio effettivo del diritto-dovere di partecipare alla vita sociale e di "svolgere, secondo le proprie possibilità e le proprie scelte, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale e spirituale della società" (art. 4 della Costituzione)" E leggiamo anche che "la scuola, nel corretto uso del suo spazio educativo e nel rispetto di quello della famiglia e delle altre possibilità di esperienze educative, ha il compito di sostenere l'alunno nella progressiva conquista della sua autonomia di giudizio, di scelte e di assunzione di impegni e nel suo inserimento attivo nel mondo delle relazioni interpersonali, sulla base della accettazione e del rispetto dell'altro, del dialogo, della partecipazione al bene comune". I Programmi del '79 della scuola media non sono da meno. Leggiamo nei Principi e fini che "la scuola media risponde al principio democratico di elevare il livello di educazione e di istruzione personale di ciascun cittadino e generale di tutto il popolo italiano... concorre a promuovere la formazione dell'uomo e del cittadino secondo i principi sanciti dalla Costituzione... è orientativa in quanto favorisce l'iniziativa del soggetto per il proprio sviluppo e lo pone in condizione di conquistare la propria identità di fronte al contesto sociale...". Da quanto detto emerge che la nostra politica scolastica ha privilegiato sempre una linea educativa volta alla valorizzazione della persona. Di qui è anche discesa la scelta della strategia del curricolo, in quanto metodologia, universalmente condivisa, capace di saper coniugare l'esigenza dello sviluppo/crescita della singola persona con quelle più generali dell'evoluzione della società. Stando così le cose, viene allora da chiedersi: che cosa si nasconde dietro questa scelta di personalizzazione operata dal centro-destra, come se di personalizzazione fossimo assolutamente digiuni? Allora, quale reale significato assume la pretesa svolta personalizzatrice della Moratti? Di fatto, dietro un discorso apparentemente innovatore si è messo mano ad un grimaldello che tende a scardinare le scelte di fondo e la storia stessa della nostra scuola repubblicana e democratica. La personalizzazione della Moratti è una cosa ben diversa da quella dei suoi padri storici. La personalizzazione di Claparéde e di Maritain era una breccia aperta contro la scuola del nozionismo, della memoria ripetitiva, della omologazione, della fidelizzazione al potere costituito. Ed è quella personalizzazione che tutti abbiamo sempre largamente condivisa! Ma la personalizzazione della Moratti è un'altra cosa! E' la parola d'ordine che contrassegna una scuola che deve rinunciare all'impegno pubblico di educare tutti e che deve piegarsi alla domanda privata di formazione emergente, qualunque essa sia! Personalizzare, secondo questa accezione, significa frantumare obiettivi comuni di conoscenza e di civiltà per sollecitare, invece, obiettivi plurimi individuali a prevalente richiesta delle famiglie, comunque formulati. E sui quali lo Stato si dovrebbe astenere! Si limita a scodellare una carrellata di OSA... e poi, ciascuno vi attinga come meglio ritiene opportuno! Così è la funzione stessa della scuola pubblica che cambia: non più una scuola che educa e promuove persone e società in un progetto unitario, ma che eroga servizi a domanda! Una scuola come Trenitalia che porta a Milano chi vuole andare a Milano e a Napoli chi vuole andare a Napoli! Sempreché i treni funzionino... Ma questo servizio è tutt'altra cosa rispetto alla "scuola su misura" invocata e praticata da Claparéde! E la personalizzazione morattiana è ancora più pericolosa per le ricadute nefaste che provoca sullo stesso concetto di obbligo di istruzione! Comprendiamo l'idiosincrasia della Moratti per il termine obbligo e per il favore concesso all'espressione diritto-dovere: è più elegante, più fine... obbligo è una parola troppo forte, da Stato padrone! Il fatto è che la Moratti e il centro-destra non credono ad una scuola dell'obbligo tout court, la tollerano perché non possono farne a meno, ma in fondo la considerano come il retaggio di una società egalitaria, paracomunista, che ormai avrebbe fatto il suo tempo. Tutto per colpa di una Costituzione che il centro-destra non vede l'ora di gettare a mare: è sotto gli occhi di tutti in quale gran dispetto la abbia! In una società di libero mercato tutto deve essere privatizzato, anche i servizi, e il gioco è fatto! Tutto si compra e non si può chiedere nulla ad uno Stato che non può essere né un padrone né un benefattore! Una strana lettura di quello che abbiamo sempre chiamato Stato sociale, Stato solidale, chiamiamolo pure welfare, che fa fine! Meno Stato, più mercato! E' lo slogan del centro-destra. In tale ottica, quindi, l'istruzione si compra come un qualsiasi bene! A pensarci bene, sono i diritti fondamentali, tutti quelli della parte prima della Costituzione, così puntigliosamente elencati, perché faticosamente conquistati, che vanno a farsi friggere! Il diritto all'istruzione, come del resto il diritto alla salute, al lavoro, alla casa, alla sicurezza, sono concetti superati in una società in cui il mercato ha fatto fuori il diritto. Il diritto è un catalizzatore delle società povere! Il mercato è l'unico vero outsider delle società affluenti... come la nostra! E' in tale ottica che si deve leggere tutta l'operazione primo ciclo così strettamente legata all'uscita precoce degli alunni dalla scuola secondaria di primo grado! Le frantumazioni degli orari nel primo ciclo, la liquidazione del tempo pieno, del tempo prolungato, degli istituti comprensivi, degli organici funzionali, l'aggressione al sostegno, l'offerta lanciata alle famiglie... per citare solo le vicende più macroscopiche di questa "riforma", hanno inferto un duro colpo a quel diritto all'uguaglianza delle opportunità al quale tutti i precedenti governi repubblicani non sono mai venuti meno. Il fatto è che l'obbligo di istruzione contraddice con una politica scolastica in cui l'offerta sia semplicemente commisurata con la domanda emergente. Obbligare i bambini ad andare a scuola - del resto la stessa Moratti è solito dirlo - ha il sapore di una violenza che si compie a loro danno. In una società evoluta ed affluente - è sempre il pensiero del centro-destra - si fruisce della scuola come di un qualsiasi altro bene, a prevalente scelta delle famiglie. E, perché questo bene sia più appetibile, non lo si può presentare come un prodotto unico ed eguale per tutti, lo si presenta differenziato, che dico?!... personalizzato in tante Unità ... ovviamente di apprendimento, distribuite in tanti Piani di studio, anche questi personalizzati, in modo che l'acquirente cliente possa fare le sue scelte "intelligenti", personalizzate, perché in una società libera e democratica nessuno è eguale ad un altro quindi... Tutti felici alla grande festa del supermercato della libera scuola morattiana! Chi compra una cosa, chi un'altra, in piena libertà! E...in questa fiera delle illusioni i dirigenti scolastici sono chiamati a fare i piazzisti delle merci più varie, e gli insegnanti ad essere puntuali e accorti notai compilatori di chilometrici portfoli... Carte su carte in questa fiera delle vanità! Ma, quando qualcuno ci chiederà conto dei nostri prodotti... personalizzati, allora sì che sarà dura! E PISA 2003 sarà solo un piacevole ricordo... |