P a v o n e R i s o r s e

 

Ma la scuola può essere ancora "maestra di vita"?

di Girio Marabini da Pavone Risorse dell'11/5/2006

 

Si può considerare ancora la scuola come “maestra di vita”?

Nella confusione attuale può apparire rassicurante pensare alla scuola come ad una delle tante agenzie educative, nella considerazione di fondo che non tutto può essere delegato ad essa. Secondo tale prospettiva la scuola deve restare luogo d’istruzione, dove poter apprendere i contenuti necessari all’accrescimento del proprio “bagaglio culturale”.

La famiglia è responsabile in prima persona dell’educazione dei propri figli. La scuola, come le altre agenzie formative, collabora con essa.

A. Ferrière, a ragione, si domandava: a chi appartiene il fanciullo ?

La sua risposta è stata: né allo stato né alla famiglia ma a sé stesso… non certamente al sé stesso dei “capricci e delle bizzarrie” ma a chi diventerà, al suo progetto di vita e quindi, in definitiva “all’umanità, o più esattamente all’ideale, che è per l’umanità ciò che la linfa è per l’albero. (…) poiché ogni fanciullo ha in sé, istintivamente, il bisogno di crescere e di innalzarsi, di volere ciò che è vero, di amare ciò che è giusto” ( vedi A.Ferrière, L’educazione nella famiglia, Firenze, La Nuova Italia).

Questa tensione ideale verso la verità e la giustizia comporta da parte di tutti una assunzione di responsabilità che va oltre noi stessi, una responsabilità che non è solo personale, qui ed in questo momento, ma diventa responsabilità sociale.

Dunque, se prendiamo per buono l’assunto che il bambino appartiene all’ideale, la scuola, naturale luogo delle idee, può e deve avere un ruolo fondamentale, essenziale e diverso da quello che altre agenzie educative possono svolgere.

Sono, infatti, profondamente convinto che in un contesto di crisi quale quello attuale( non si può negare che la società attuale stia vivendo una crisi profonda soprattutto in termini di valori), sia necessario riscoprire la centralità della scuola per ridare senso e coordinate concettuali certe alla vita e all’agire umano. (C.Nanni)

La scuola non può tirarsi indietro; deve saper assumere il rischio e le responsabilità dell’educazione.

E la sua azione è fondamentale anche nella costruzione di un nuovo patto sociale. Essa, dunque, può e deve farsi carico della costruzione di quello che è stato definito “il non ancora” (I.Mancini), come punto d’incontro e di sintesi della pluralità delle culture e delle diversità.

Non è la proposta di una sorta di “integralismo scolastico” sicuramente fuori luogo, ma è la sottolineatura del ruolo fondamentale che la scuola può svolgere nella ricerca di soluzioni ideali che consentano il superamento della complessità e delle asprezze di questa società senza valori.

Non è tuttavia secondario verificare da dove possiamo iniziare.

Si deve partire dalla persona, ossia dalla promozione della libertà individuale oppure è preminente la ricerca di una liberazione collettiva, restringendo la libertà individuale entro i limiti di quello che viene definito il bene comune, o non si può, in verità costruire il bene comune come la sommatoria delle libertà delle singole persone ?

Non è problema di poco conto.

Il rischio è che si possa cadere in un eccesso d’individualismo o al contrario in una eccessiva preminenza della società sulla persona.

Si pone invece con forza, come proponeva Maritain, la necessità di una educazione che prepari ad una società personalistica e comunitaria insieme, di una educazione il cui scopo essenziale è guidare lo sviluppo della persona umana nella sfera sociale (libertà ma anche obblighi e responsabilità), ed il cui fine principale riguarda la persona umana nella sua vita personale e nel suo progresso spirituale (vedi J.Maritain, L’educazione al bivio, La Scuola, Brescia 1961).
Da un lato si pone, così , come rilevante, un ritorno al fondamento filosofico della Pedagogia; occorre infatti indagare sulla natura e sul senso dell’educare per ridare significato alla prassi educativa. Tutto ciò implica, a livello personale ed a livello sociale la promozione di una sorta di decisione fondamentale per la vita. A livello comunitario se ne può considerare una concreta oggettivazione la Costituzione (…) a livello personale … una vita aperta al valore, da specificare e da determinare nel corso dell’esistenza (C.Nanni, in L’Educazione tra crisi e Ricerca di senso, LAS, Roma).

Da un altro lato si pone la questione dei diritti civili, nel cui alveo la scuola e l’educazione sono parti predominanti,quando, soprattutto si affronta il tema di quelle chances di vita che dobbiamo e possiamo offrire ai giovani.

N. Filograsso sottolinea tale tema nel suo "Dilemmi dell’educazione nella società acentrica", Edizioni Quattroventi, Urbino.

Citando Ralf Dahrendorf (di R.Dahrendorf suggerisco di leggere , La libertà che cambia, Laterza, Bari, 1994), ricorda,ad esempio, la proposta del reddito minimo garantito da inquadrare nel più vasto movimento per i cosiddetti Anrecthe, i diritti civili , dei quali ogni essere umano è portatore.

Il reddito minimo garantito consentirebbe ai giovani di avere le stesse chances di accesso alla tecnologia e all’informazione.

E’ il tema in definitiva della cittadinanza, dell’appartenenza, cioè, di una persona con le sue chances di vita ad un gruppo organizzato.

E’ il tema, nella prassi educativa, delle pari opportunità e dell’uguaglianza, che presuppone il considerare le differenze come risorse da valorizzare.

Pertanto la scuola, in risposta ai gravi problemi della società, dovrà sempre più caricare la propria “atmosfera” di idee,di creatività e di opportunità, qualificandosi nella promozione di capacità di scelte autonome e socialmente responsabili.

Dovrà tornare ad essere, dunque, “Maestra di vita”.