P a v o n e R i s o r s e

Linee guida
per l’accoglienza e l’integrazione 
degli alunni stranieri
Analisi del documento del MIUR.

 di Aluisi Tosolini da Pavone Risorse del 26/2/2006

 

1. La storia del documento

2. La struttura del documento

3. La finalità del documento

4. L’educazione interculturale come orizzonte

5. Le indicazioni operative

6. Per una valutazione critica delle Linee Guida

 

L’ufficio per l’integrazione degli alunni stranieri del MIUR ha pubblicato, a metà febbraio, un corposo documento (26 pagine) dedicato all’accoglienza ed all’integrazione degli alunni stranieri.
In queste pagine, rimandando alla fonte per la lettura integrale del testo, ne tentiamo una analisi il più possibile approfondita.

 

1. La storia del documento

Nel giugno 2004 la direzione generale per lo studente, diretta da Mariolina Moioli, apre un nuovo ufficio (Uff. VI) dedicato all’integrazione degli studenti immigrati. In altri documenti l’Ufficio assume anche il titolo di "Ufficio per l'accoglienza e l'integrazione degli alunni stranieri".
Tra le diverse attività dell’ufficio, oltre alla stesura del rapporto annuale sulla presenza di alunni non italiani nella scuola italiana ed alla pubblicazione del fondamentale rapporto sugli esiti degli alunni non italiani, c’è l’elaborazione di linee guide sull’integrazione.
Il documento pubblicato il 18 febbraio 2006 è frutto di una lunga elaborazione da parte di uno specifico gruppo di lavoro costituito nel settembre 2004.
Una prima stesura del documento è stata presentata nel novembre 2005 ad un convegno/seminario tenutosi a Brescia. Successivamente è stato chiesto a tutti gli Uffici Scolastici Regionali di aprire una fase di riflessione e discussione al fine di far pervenire note, considerazioni, riflessioni, proposte in vista della stesura definitiva del documento.
Fase che si è conclusa con la pubblicazione della Nota prot.n. 829 del 16 febbraio 2006che consegna alle scuole dell’autonomia le linee guida.

[torna a inizio pagina]

2. La struttura del documento

I documento si presenta suddiviso in due parti: la prima dedicata all’analisi del contesto e la seconda contenente le indicazioni operative. In conclusione sono riportare la normativa di riferimento ed alcune note di approfondimento.

Questa la struttura del documento

I parte - Il contesto

1. Lo scenario

2. Italia: la scelta dell’educazione interculturale

3. La normativa come risorsa

II parte - Indicazioni operative

1. Una equilibrata distribuzione della presenza degli alunni stranieri

2. Come accogliere gli alunni stranieri nella scuola

3. Percorsi per il conseguimento del titolo conclusivo del I ciclo di istruzione

4. L’insegnamento dell’italiano e altri apprendimenti linguistici

5. L’orientamento

6. I mediatori linguistici e culturali a scuola

7. La formazione del personale scolastico

8. La valutazione

9. Libri di testo, biblioteche, materiali didattici

Normativa di riferimento

Nota di approfondimento

 

[torna a inizio pagina]

3. La finalità del documento

La finalità del documento è definita con molta chiarezza: "L’obiettivo del presente documento è di presentare un insieme di orientamenti condivisi sul piano culturale ed educativo, di individuare alcuni punti fermi sul piano normativo e di dare alcuni suggerimenti di carattere organizzativo e didattico al fine di favorire l’integrazione e la riuscita scolastica e formativa, ferma restando l’autonomia delle istituzioni scolastiche e la loro responsabilità in materia, nel quadro della legislazione vigente".

Lo scenario multiculturale della scuola italiana viene descritto, sul versante quantitativo, utilizzando i dati dei ricchissimi rapporti annuali sulla presenza degli alunni non italiani nelle scuole.

Sul versante qualitativo e normativo, invece, si fa riferimento al fatto che "L’Italia sta passando dalla prima fase, nella quale la scuola si è trovata ad affrontare il fenomeno come emergenza, ad una fase di valutazione delle esperienze già realizzate e di programmazione degli interventi. La presenza di alunni stranieri è un dato strutturale e riguarda tutto il sistema scolastico. E’ necessario, dunque, individuare le migliori pratiche e disseminarle nel rispetto del Piano dell’offerta formativa (POF) e dell’autonomia scolastica, d’intesa con gli Enti locali e gli altri soggetti che sul territorio interagiscono per l’integrazione". I lettori di questa rubrica avranno certamente riconosciuto, in questo testo, sia la citazione della CM 205/90 (dimensione strutturale della società multiculturale) che del documento L’educazione interculturale nella scuola dell’autonomia che nel 2000 chiedeva ad ogni scuola di inserire l’educazione interculturale come sfondo integratore del POF.

[torna a inizio pagina]

 

4. L’educazione interculturale come orizzonte

A pagina 8-9 si trova il passaggio più significativo del testo. Lo riporto integralmente:

"Si sta delineando in Italia una scuola delle cittadinanze, europea nel suo orizzonte, radicata nell’identità nazionale, capace di valorizzare le tante identità locali e, nel contempo, di far dialogare la molteplicità delle culture entro una cornice di valori condivisi. Al di là delle buone pratiche e delle singole iniziative di accoglienza e di integrazione, occorrono tuttavia un impegno organico e un’azione strutturale capaci di sostenere l’intero sistema formativo nazionale. L’educazione interculturale costituisce lo sfondo da cui prende avvio la specificità di percorsi formativi rivolti ad alunni stranieri, nel contesto di attività che devono connotare l’azione educativa nei confronti di tutti. La scuola infatti è un luogo centrale per la costruzione e condivisione di regole comuni, in quanto può agire attivando una pratica di vita quotidiana che si richiami al rispetto delle forme democratiche di convivenza e, soprattutto, può trasmettere le conoscenze storiche, sociali, giuridiche ed economiche che sono saperi indispensabili nella formazione della cittadinanza societaria. L’educazione interculturale rifiuta sia la logica dell’assimilazione, sia la costruzione ed il rafforzamento di comunità etniche chiuse ed è orientata a favorire il confronto, il dialogo, il reciproco arricchimento entro la convivenza delle differenze".

Si tratta, ancora una volta, di un testo molto ben scritto che, a mio parere, tenta una operazione estremamente interessante ma anche, sempre a mio parere, impossibile.

Da un lato, infatti, si utilizzano i concetti chiave della riforma promossa dalla legge delega 53/2003 che, come è noto, pone (art. 2 comma b) come finalità di tutto il sistema formativo "il conseguimento di una formazione spirituale e morale, anche ispirata ai principi della Costituzione, e lo sviluppo della coscienza storica e di appartenenza alla comunità locale, alla comunità nazionale ed alla civiltà europea".

E’ evidente a chiunque che queste parole non citano mai la dimensione glo-cale del sistema formativo, ovvero la necessità, nel tempo della globalizzazione, di fare i conti con la sfida di formare un cittadino glo-cale, certamente radicato nel locale ma altrettanto certamente aperto alle dimensioni globali.
Insomma, globali, come chiunque può intendere, è tutta altra cosa che "europeo".
Così, se da un lato da riforma definisce la dimensione del processo formativo entro i confini della "civiltà europea", dall’altro le Linee guida per l’integrazione tentano coraggiosamente di forzare questo limite inserendo riferimenti a dimensioni della cittadinanza che, rifiutando assimilazione e ghettizzazione, aprono ad una nuova concezione della "convivenza delle differenze".
Concezione che presuppone una dimensione costruttiva e negoziata della cittadinanza che supera la dimensione e l’orizzonte europeo richiedendo di entrare in una diversa dimensione del processo formativo.
La prima parte del documento si chiude con un riferimento alla normativa intesa come risorsa. E’ interessante notare che sia in questa sezione che nell’appendice (normativa di riferimento) non vi è mai alcuna citazione di documenti elaborati dal MPI nel periodo 1997-2001 mentre viene valorizzata la parte della legge Turco-Napolitano riferita alla scuola interculturale che non ha subito mutamenti con l’entrata in vigore della legge Bossi Fini.

[torna a inizio pagina]

 

5. Le indicazioni operative

La parte più corposa del documento è dedicata alle indicazioni operative per l’integrazione degli alunni stranieri. Analizziamo rapidamente i diversi punti:

1. Una equilibrata distribuzione della presenza degli alunni stranieri

Viene ribadito, come da normativa vigente, che gli alunni stranieri non devono essere concentrati a base etnica ma devono essere distribuiti nelle diverse classi.

Ovviamente ciò non sempre è possibile, in particolare in alcune zone del territorio dove, ad esempio a Prato ed in molti paesi della pianura padana, tutti o quasi gli alunni afferenti ad una scuola sono stranieri. Cosa fare in questo caso? Il documento se la cava dicendo di rifarsi alla autonomia scolastica ed al rapporto con gli enti locali. Ma anche su questo versante esistono diverse scuole di pensiero: si va dalla proposta di Brescia che anni fa ha pensato di trasportare presso altre scuole i bambini stranieri ritenuti in esubero in una scuola, per arrivare alla consapevolezza che se quello specifico territorio è abitato da un numero alto di bambini immigrati la scuola non può far altro che prenderne atto e, accogliendoli, iniziare a rileggersi in chiave diversa.

2. Come accogliere gli alunni stranieri nella scuola

L’accoglienza viene analizzata su tre diversi aspetti:

A. Area amministrativa;

B. Area comunicativo-relazionale;

C. Area educativo-didattica.

L’area amministrativa analizza il processo di iscrizione. Anche in questo caso viene ribadita la normativa vigente, ovvero che i minori stranieri devono in ogni caso essere accolti a scuola. Se non regolari la loro iscrizione sarà fatta con riserva senza tuttavia che ciò pregiudichi la possibilità di acquisire il titolo di studio. Viene inoltre ribadito che il dirigente scolastico non ha alcun obbligo di denunciare alle forze di polizia la presenza di alunni (e quindi, si presuppone, di famiglie) irregolari, fatta eccezione per il caso di minori non accompagnati che devono essere segnalati all’autorità pubblica competente per le procedure di accoglienza e affido, ovvero di rimpatrio assistito. Molto interessante ed istruttivo è poi il passo in cui si ricorda che "secondo la normativa in vigore nel nostro Paese, chi nasce in Italia da genitori stranieri acquisisce la cittadinanza dei genitori. Si segnala, altresì, che i figli di coppie miste possono avere doppia cittadinanza".

Per quanto concerne l’area comunicativa-relazione le linee guida ribadiscono l’ovvia necessità di un clima relazionalmente positivo caratterizzato dalla capacità della scuola di comunicare con la famiglia. Per facilitare questo momento si consiglia di utilizzare eventuali mediatori oltre che di predisporre materiali informativi plurlingue.

Lo stesso mediatore può essere estremamente utile nel primo colloquio con la famiglia al fine di facilitare la raccolta di informazioni, la presentazione della scuola e della sua offerta formativa, ecc (area educativo – didattica).

3. Percorsi per il conseguimento del titolo conclusivo del I ciclo di istruzione

In questa sezione il documento fornisce alcune indicazioni operative tese alla soluzione di un problema creato dalla riforma Moratti e riguardante i ragazzi stranieri inseriti nella scuola secondaria senza aver superato preventivamente l’esame di licenza media. Si tratta di un problema molto sentito da tutte le scuole superiori italiane, costrette in questi mesi ad arrabattarsi nel tentativo di trovare una soluzione ad un problema creato da una normativa disattenta e pasticciata.

La soluzione indicata, sulla scorta delle indicazioni fornite dalla regione Emilia Romagna, riguarda il possibile intervento dei Centri Territoriali Permanenti dove gli alunni possono frequentare alcuni moduli (continuando nel frattempo a frequentare la scuola superiore) per poi accedere all’esame di Licenza Media che può essere effettuato anche in corso d’anno.

Chiunque abbia un minimo di esperienza reale della scuola sa che il tutto potrebbe ridursi ad una farsa, ovvero ad un passaggio formale presso i CTP che rilasceranno a tutta velocità titoli di licenza media a ragazzi che abbiano frequentato l’equivalente delle medie nel loro paese ed il cui titolo non sia però ritenuto equipollente dalla scuola italiana.

4. L’insegnamento dell’italiano e altri apprendimenti linguistici

In questa sezione vengono ripresi gli orientamenti più diffusi nelle scuole italiane in ordine all’insegnamento della lingua italiana (lingua per comunicare, lingua per studiare). Viene inoltre ricordata la necessità di caratterizzare l’offerta formativa con percorsi tesi al mantenimento della lingua di origine dei ragazzi immigrati).

Segnalo anche che in questa sezione del documento appare la parola globalizzazione, ovvero il concetto che è oggi al centro del dibattito politico,economico, culturale e formativo in tutto mondo ma che è anche, emblematicamente, totalmente assente dai testi normativi della riforma Moratti.

5. L’orientamento

Si tratta di una sezione molto breve che si segnala da un lato per l’invito a proporre materiali plurilingue (come già moltissimi enti locali fanno) e dall’altro per la sottolineatura riferita alla necessità di presentare diffusamente i cambiamenti della scuola superiore italiana (ovvero la riforma del secondo ciclo).

6. I mediatori linguistici e culturali a scuola

Il documento, anche in questo caso, riprende le riflessioni e gli orientamenti condivisi a livello di dibattito pedagogico in Italia a riguardo delle funzioni e dei compiti del mediatore (1.accoglienza, tutoraggio e facilitazione nei confronti degli allievi neo arrivati e delle loro famiglie; 2. mediazione nei confronti degli insegnanti; fornisce loro informazioni sulla scuola nei paesi di origine, sulle competenze, la storia scolastica e personale del singolo alunno; 3.interpretariato e traduzione 4. proposte e a percorsi didattici di educazione interculturale).

La sezione si chiude ribadendo che la funzione di mediazione, nel suo insieme, è compito generale e prioritario della scuola stessa.

7. La formazione del personale scolastico

In una sezione troviamo una affermazione chiave: L’educazione interculturale non è una disciplina aggiuntiva, ma una dimensione trasversale, uno sfondo che accomuna tutti gli insegnanti e gli operatori scolastici.

…. parole in cui riconoscersi.

8. La valutazione

Per quanto concerne la valutazione (che spesso ha come conseguenza una percentuale alta di bocciature nei confronti degli alunni immigrati) le Linee Guide ricordano che dalla 517/1977 la valutazione non svolge solo una funzione certificativi ma soprattutto una funzione regolativi nei confronti dell’offerta formativa che è chiamata a "partire dall’alunno" piuttosto che dai programmi, ecc. Concetto questo ribadito anche dall’art. 45, comma 4, del DPR

n 394 del 31 agosto 1999 che così recita "il collegio dei docenti definisce, in relazione al livello di competenza dei singoli alunni stranieri, il necessario adattamento dei programmi. Non si parla di valutazione ma ovviamente se si adattano i programmi vano adattati anche i livelli utilizzati perla valutazione. Cosa questa resa ancora più possibile dall’utilizzo della logica dei Piani di Studio Individualizzati (PSP, UdA, ecc) richiesti dalla Riforma.

9. Libri di testo, biblioteche, materiali didattici

In questa sezione vengono ricordate le esperienze positive di molte scuole che hanno creato scaffali interculturali ed adottato testi in lingua originale oppure bilingue e plurilingue che rendono possibile uno scambio culturale ed un reciproco arricchimento.

 

[torna a inizio pagina]

 

6. Per una valutazione critica delle Linee Guida

6.1.Premessa

Credo sia doveroso, nei confronti di chi legge, esplicitare una premessa che riguarda chi scrive. Come sanno i lettori di questa rubrica io ho fatto parte dal 1997 al 2001 della Commissione Nazionale del MPI per le problematiche dell’educazione interculturale. E, all’interno della commissione, ho fatto parte del Gruppo Operativo di Lavoro che ha curato sia la pubblicazione del documento "L’educazione interculturale nella scuola dell’autonomia" (che proponeva i famosi 13 nodi dell’educazione interculturale e la logica dell’educazione interculturale come sfondo del POF) che i due corsi di formazione realizzati con Rai Educational ed i 3 corsi di formazione a distanza realizzati da MPI e Rai Educational.

Dico questo perché chiunque potrà valutare le mie parole tenendo conto che potrebbero essere influenzate dal fatto di aver partecipato direttamente ad una delle stagioni dell’educazione interculturali nella scuola italiana.

6.2. Gli elementi positivi delle Linee Guida

Le Linee guida appena pubblicate sono caratterizzate da alcuni evidenti elementi positivi:

a) portano ad emersione una ricchissima serie di esperienze di didattica dell’ accoglienza degli alunni stranieri realizzate in questi anni nelle scuole italiane;

b) rafforzano l’impegno di quanti nella scuola italiana si sono dedicati in questi anni al tema dell’accoglienza degli alunni stranieri e che hanno vissuto spesso una condizione di non riconoscimento e di sottovalutazione;

c) i contenuti delle indicazioni, pur non caratterizzandosi per particolari innovazioni, costituiscono certamente elementi imprescindibili e condivisibili dell’azione delle scuole dell’autonomia.

Seppure senza mai citare documenti, testi ed esperienze precedenti, il testo delle linee guida non fa altro, in realtà, che sistematizzare e riassumere quanto è già noto a chiunque si interessi di accoglienza. Chi ha seguito negli anni questa rubrica può persino riconoscere nel testo delle linee guida non solo calchi ma persino citazioni non virgolettate riprese da autori ben noti. Penso a Graziella Favaro per la parte sulla lingua italiana, a Vinicio Ongini per la parte sulle biblioteche, al documento MPI sull’educazione interculturale nella scuola dell’autonomia, …. e….. se mi è permesso…. anche a miei testi, ad esempio per quanto riguarda i mediatori, molti dei quali pubblicati proprio su Pavonerisorse.

Tesi e riflessioni presenti anche in decine e decine di volumi e guide pubblicati in questi ultimi anni, non ultimo, ad esempio, il testo "Alunni nel mondo. Strategie perl’accoglienza" (Roma, Sinnos Editore, 2005) dove sono reperibili sia le riflessioni di Ongini sulle biblioteche che un mio saggio sui mediatori culturali.

6.2. Aspetti problematici non sufficientemente indagati dalle linee guida

Probabilmente, proprio a motivo del carattere di rassegna, raccolta e sistematizzazione delle buone pratiche esistenti, le Linee guida tralasciano alcuni aspetti problematici che in questi ultimi anni stanno emergendo.

Ne cito solo alcuni:

a) le seconde generazioni e gli alunni "non italiani" nati in Italia. Cerco di spiegarmi: il documento affronta il tema degli alunni immigrati pensandoli sostanzialmente come studenti che arrivano in Italia provenienti da altri paesi piuttosto che come bambini nati in Italia da famiglie di immigrati. Si tratta di due cose molto diverse. Esemplifico ulteriormente: come chiamare oggi i bambini figli di immigrati che frequentano i nidi e le scuole dell’infanzia italiane? Stranieri? Non Italiani?
Di che accoglienza hanno bisogno questi bambini? Sanno o sapranno lo stesso italiano dei loro coetanei autoctoni, non avranno particolare bisogno di mediatori ed anzi saranno spesso loro a fare da mediatori e traduttori nei confronti delle famiglie di origine. Non hanno un luogo dove tornare e spesso, tuttavia, neppure un luogo dove restare che non sia l’assimilazione alla cultura ed alla società italiane con il rischio di crisi identità e rifiuto che potrebbero assumere la deriva violenta delle banlieu francesi.

b) il nodo della scuole superiori: non basta affrontare il problema (tra l’altro generato dal ministero stesso) della obbligatorietà della licenza media, occorre affrontare in modo molto più approfondito non solo il come dell’accoglienza ma anche il cosa ed il come del processo di insegnamento/apprendimento. Tema, questo, in verità, che andrebbe affrontato anche per gli alunni italiani…

6.3. Nodi non affrontati

Altri nodi non sono stati invece in alcun modo affrontati. Faccio un solo esempio.

L’integrazione degli alunni stranieri ha solo a che fare con un processo di "accoglienza" e facilitazione oppure riguarda anche il "cosa ed il come" del processo di insegnamento/apprendimento?. Se riguarda solo l’accoglienza significa che, al di là delle parole, integrazione significa proprio "diventare uno", ovvero assumere le caratteristiche necessarie per poter usufruire dell’offerta formativa della scuola italiana senza tuttavia che la scuola stessa rifletta sulla necessità di rileggersi in profondità per rispondere in modo innovativo a nuovo contesto/territorio globale.
Ciò implicherebbe, infatti, mettere mano al curricolo.
Cosa insegnare in una scuola interculturale? Le linee guida non rispondono (e neppure potrebbero e dovrebbero) a questa domanda. Ma, e questo è più grave, neppure si pongono il quesito. Del resto i curricoli sono definiti dagli allegati (indicazioni nazionali) ai decreti legislativi 59/2004 e 226/2005 che non hanno alcuna dimensione interculturale. Anzi, si collocano tutti entro una dimensione che dal locale si muove per giungere, al massimo, all’orizzonte della Civiltà Europea riletta sostanzialmente con le stesse categorie concettuali utilizzate in questi giorni dal senatore Pera per chiamare tutti alla difesa dei valori dell’occidente.

6.4. Accoglienza degli alunni stranieri e intercultura

Nella sostanza le linee guida, utili ed interessanti se riferite alle dimensioni dell’accoglienza/integrazione degli alunni stranieri, non chiariscono che tutto ciò basta per definire la scuola italiana come interculturale.
Certamente le prassi di accoglienza indicate dalle linee guida costituiscono un elemento necessario dell’educazione interculturale, ma è altrettanto vero che esse non sono di per sé sufficienti a definire la dimensione interculturale dell’educazione.
Il limite, ovviamente, non sta nelle linee guida (che anzi si sforzano di collocare l’accoglienza nella dimensione interculturale) ma nei testi della riforma nata dalla legge delega 53/2003 che ha espunto la dimensione interculturale dal suo interno.
Chi segue questa rubrica da tempo sa che l’educazione interculturale, pur richiedendo prassi di accoglienza ed integrazione, è in realtà ben altra cosa. Implica un’ottica diversa, un diverso modo di guardare a sé ed al mondo, all’identità ed alle relazioni tra culture, alla democrazia ed alla cittadinanza.
In estrema sintesi il tutto può essere chiarito con una constatazione riferita all’organizzazione stessa del ministero.
A livello di ministero dell’istruzione, dal 1997 al 2001, ha operato una commissione ministeriale per l’educazione interculturale comprendente intellettuali, rappresentanti di culture e religioni diverse, esperti di processi formativi e rappresentanti della amministrazione scolastica.
Dal 2001 al giugno 2004 il tema dell’educazione interculturale e della stessa accoglienza degli alunni stranieri è stato sostanzialmente rimosso.
Dal giugno 2004 è nato l’Ufficio per l’integrazione degli alunni stranieri (che sul sito istruzione.it viene tuttavia definito "ufficio per gli alunni immigrati").

Ecco… nel passaggio da commissione per le problematiche interculturali a ufficio per l’integrazione degli alunni stranieri/immigrati non abbiamo solo un mutamento semantico ma anche, purtroppo, un significativo mutamento di prospettiva politica.

Ognuno può giudicare ed argomentare se in meglio o in peggio

[torna a inizio pagina]