Il precario, la busta paga, e il declino della scuola.

Perché i giovani, gli uomini, e i più validi in genere non vogliono insegnare?

Quanto guadagna un docente ad inizio carriera?

Si riesce a vivere dignitosamente con la sola busta paga da insegnante?

Facciamo un po' di calcoli concreti.

 di Antonio Pistillo, da Meridiano scuola del 20/1/2005

 

Ultimamente la stampa ci ha spiegato, con percentuali matematiche, quello che tutti già sapevano: in Italia i giovani docenti sono completamente estinti, e sono in via di estinzione gli insegnanti uomini di qualsiasi età.

Perché?

Il motivo è principalmente uno: l’insegnamento è una professione, nel mercato del lavoro, per niente allettante. Non per la professione in sé stessa (al contrario tantissimi la considerano una delle più affascinanti), ma per il periodo a termine assurdamente lungo (spesso tantissimi anni) a cui tutti devono sottoporsi, e per la retribuzione offensiva che a loro viene offerta.

Mi sono più volte soffermato sulla vergognosa situazione precaria di centinaia di migliaia insegnanti che, nonostante le condizioni a termine, sostengono buona parte della scuola italiana, questa volta voglio però fare un po’ di conti in tasca a chi sceglie di insegnare.

Prendiamo come modello un insegnante particolarmente ‘appetibile’ sul mercato del lavoro: Uomo, 30 anni, non sposato, laureato con il massimo dei voti, corsi di specializzazione e master post laurea alle spalle, ottima conoscenza delle lingue. Un candidato del genere, non avendo famiglia e quindi libero di spostarsi sul territorio, con i giusti studi (campo dell’economia, per esempio) potrebbe aspirare ad ottime posizioni professionali con la possibilità di diverse migliaia di euro di guadagno al mese.
Ma lo stesso candidato, nel mondo della scuola, comincerebbe con un guadagno netto di circa €1100 al mese, percepirebbe questo ammontare per diversi anni come precario senza alcuno scatto di anzianità.

Alla cifra non va aggiunto nulla, né ticket pasti, né rimborso chilometri percorsi, o materiali professionali di vario tipo. Lo stesso non sarà dotato dalla scuola di nulla, né di computer (la recente iniziativa del governo si è dimostrata poco conveniente), né di un’auto, nulla insomma.

 

Dunque abbiamo un introito mensile di € 1.100. Il nostro insegnante ideale, siccome crede davvero nella professione docente, impiega tutto il tempo fuori dall’aula nella preparazione delle lezioni, ricerca di materiali, correzione dei compiti, creazione di grafici del rendimento scolastico degli alunni, partecipazione alle riunioni scolastiche, progettazione con i colleghi di attività interdisciplinari, studio personale di testi di didattica e auto-aggiornamento in genere. Insomma, come sarebbe giusto, e per dedizione professionale, non si ritaglia alcuno spazio per un secondo lavoro part-time, ma impegna tutte le sue energie nell’insegnamento.

Ma quali sono le principali spese fisse del nostro precario modello, nonché persona con tutte le sue necessità per la sopravvivenza quotidiana?

Il nostro insegnante tipo, essendo meridionale (come la maggioranza dei precari) si è dovuto spostare in una grande città per poter sperare di insegnare:

  • Affitto stanza singola in condivisione (il nostro, anche se ha 30 anni, è pronto ai sacrifici) + spese utenze per casa: € 500;

  • Internet adsl (essendo un candidato ideale, il nostro prepara le sue lezioni avvalendosi di internet che diventa uno strumento fondamentale della didattica) € 85;

  • Carburante auto (la scuola è nella periferia della città e non è facilmente raggiungibile dai mezzi pubblici, il nostro è anche, per fortuna, ambientalista e risparmia grazie al gas) € 120;

  • Assicurazione auto (l’auto, da tipico insegnante, è vecchia, e per fortuna non è necessaria la polizza ‘furto e incendio’) € 60;

  • Cibo (anche se precario, il nostro mangia, per fortuna è vegetariano, forse per necessità, e risparmia sulla carne) € 80;

  • Pranzi fuori (insegnando anche al pomeriggio tre giorni alla settimana, è costretto a mangiare fuori casa, una volta nella mensa della scuola gratis perché in servizio, due volte nel bar vicino scuola, più una terza saltuaria per i consigli di classe) € 50;

  • Carta stampante, cartucce, penne, cartelle ecc. € 20;

  • Cellulare (anche per parlare con i colleghi) € 100;

  • Divertimenti minimi (lo immaginiamo per necessità molto risparmiatore e quindi non tanto mondano, inoltre non fuma per non dare il brutto esempio ai giovani: 1 cinema + 1 pizza fuori + 1 libro al mese + 1 spettacolo musicale/teatrale/ecc) € 50.

 

Con una calcolo da sopravvivenza siamo ad un totale di ben € 1.065.

Al nostro precario sarebbero rimaste ben € 35 da mettere da parte ogni mese e crescere economicamente.

Ma, nel fare i conti, abbiamo tagliato tantissime spese comunque importanti e di difficile privazione: non abbiamo contato almeno due viaggi l’anno in meridione per stare un po’ con i propri genitori tanto orgogliosi, e tristi al tempo stesso, di saperlo professore (per gli insegnanti gli unici periodi liberi sono quelli di alta stagione e quindi non si tratta di una spesa per lui irrisoria). Non abbiamo neppure contato gli imprevisti come una ruota bucata, un’assistenza informatica, una riparazione per la casa, un conguaglio, un matrimonio di un parente, un incidente stradale, il compleanno di un amico, e un milione di altre cose che succedono matematicamente ogni mese. Abbiamo proprio conteggiato il minimo, escludendo normali spese come dei vestiti di tanto in tanto, magari un viaggio di puro piacere all’anno, qualche pranzo da offrire ad amici, le inevitabili spese per la manutenzione dell’auto, dei software per il computer, un cd di tanto in tanto, e non è stata calcolata nemmeno un’iscrizione in palestra per tenersi in buona salute (per mantenersi in forma il nostro è costretto a fare jogging, anche durante il rigido inverno del nord Italia).

Non abbiamo neppure considerato le spese per la salute, perché abbiamo voluto immaginarlo giovane e con una salute di ferro (cosa improbabile per una persona sottoposta al continuo stress del precariato e di una vita di tali privazioni, senza contare il jogging sotto zero). Nel caso di malattie dovrà attingere dai risparmi (evidentemente quelli dei genitori).

Non è stato nemmeno detto che il nostro bravo insegnante ha un contratto (come buona parte dei docenti) di dieci mesi e non di dodici (infatti nel periodo natalizio delle grandi spese non può contare neppure sulla santa tredicesima ma solo sulla ‘undicesima’), e nei mesi di luglio e agosto, sebbene non venga pagato dallo Stato, il nostro continua a mangiare, a pagare affitto (il proprietario di casa è una brava persona ma non ha intenzione di sacrificarsi per la scuola italiana), e l’Enel e gli altri fornitori continuano a richiedere i pagamenti.

Dimenticavo, il nostro precario modello non ha neppure una fidanzata (con la vita che fa ha qualche difficoltà ad incontrarne una nel ricco nord), ovviamente gli piacerebbe trovare una bella persona e mettere su una felice famiglia rumorosa. Ma il nostro è pure un tipo abbastanza concreto da aver capito che con la sua busta paga (anche se diventerà di ruolo la retribuzione crescerà di poco) sarà molto difficile, se non impossibile, avere una famiglia, dal momento che ‘non arriva a fine mese’ già così da solo. Insomma, il futuro di una famiglia, e magari di una casa di proprietà, futuro mediamente desiderato da un uomo di trenta anni, è precluso all’insegnante che abbiamo immaginato. No, lui ha deciso di mettere tutti i suoi anni di studio e la sua alta formazione universitaria a disposizione della società, e non merita una famiglia e una casa.

Quindi possiamo anche immaginare che il nostro, ogni tanto, per consolarsi (anche se con un po’ di vergogna) alzi il gomito: €35 di alcool al mese.

Ecco, non gli è rimasto niente, ma almeno si è fatto qualche bella risata.

 

Anche questo è il motivo della mancanza di giovani e uomini nella scuola italiana. Qualsiasi lavoro per cui è richiesta la laurea è sempre dieci volte più conveniente, e tanti altri lavori dal profilo più basso forniscono almeno la sicurezza di una vita dignitosa.

E i più giovani, i più dotati, i più competitivi fuggono dall’insegnamento.

Possiamo solo vagamente intuire le conseguenze sociali di una tale emorragia.