Ufficio Legale

Progressione di carriera
e differenze retributive
dei docenti a tempo determinato.

 dalla Federazione Gilda Unams, 3.5.2010

La condotta di un ente pubblico che non riconosce ai lavoratori a tempo determinato gli stessi aumenti retributivi legati alla maggiore professionalità acquisita in virtù degli scatti di anzianità, riconosciuti, invece ai lavoratori a tempo indeterminato, costituisce violazione del principio di non discriminazione tra le due suddette tipologie di lavoratori.

Il Tribunale di Milano, con sentenza del 27 ottobre 2009, ha riconosciuto le ragioni di alcuni precari al riconoscimento giuridico degli aumenti retributivi rapportati alla maggiore professionalità, partendo dall’interpretazione della normativa comunitaria.

In particolare, essa ha fatto riferimento all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18.03.1999, che figura in allegato alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, n.1999/70/CE, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, il quale è applicabile anche ai contratti e ai rapporti di lavoro a tempo determinato conclusi con le amministrazioni e con gli enti del settore pubblico.

La clausola n. 4 del suddetto accordo prevede che i criteri del periodo di anzianità di lavoro debbano essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato che per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive.

L’art. 6 del d.lgs. n.368/01, emanato in attuazione della summenzionata direttiva europea, prevede che il prestatore di lavoro con contratto di lavoro a tempo determinato spettano le ferie e la gratifica natalizia o la tredicesima mensilità, il trattamento di fine rapporto e ogni altro trattamento in atto nell’impresa per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato comparabili, intendendosi per tali quelli inquadrati nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dalla contrattazione collettiva, ed in proporzione al periodo lavorativo prestato sempre che non sia obiettivamente incompatibile con la natura del contratto a termine.

Il Tribunale ha ritenuto fondamentale, ai fini della decisione,verificare se il mancato riconoscimento degli scatti di anzianità costituisca o meno una ragione oggettiva che, secondo l’accordo quadro, possa legittimare un trattamento diverso dei lavoratori a tempo determinato rispetto a quelli a tempo indeterminato.

Lo scatto di anzianità  ha funzione di adeguare la retribuzione alla maggiore professionalità  e competenza che il lavoratore acquisisce nel corso del tempo. La normativa sui contratti a termine non disciplina gli scatti di anzianità in quanto esse, per loro natura, sarebbero incompatibili con un rapporto di durata limitata nel tempo come quelli a termine. Tuttavia, data la possibilità di prorogare i suddetti, di fatto può instaurarsi un rapporto di lunga durata, tale da essere equiparabile a un rapporto a tempo indeterminato.

Mentre nel settore privato, qualora accada, il termine è considerato nullo e il rapporto si trasforma a tempo indeterminato, nel settore pubblico tale possibilità è stata oggetto di diverse e contrastanti determinazioni nel corso degli anni. Ad ogni buon conto, secondo il Tribunale questo non può comportare l’esclusione di ogni tipo di tutela nei confronti del lavoratore a tempo determinato nel settore pubblico.

Il Tribunale ha pertanto stabilito che il mancato riconoscimento degli scatti di anzianità costituisce una violazione del principio di non discriminazione.
Di conseguenza è  stata dichiarata l’illegittimità dei contratti a termine sottoscritti tra le parti e, per l’effetto, il Ministero è stato condannato ad adeguare la retribuzione del ricorrente a quella corrispondente all’anzianità maturata nonché a risarcire il danno nella misura delle differenze retributive conseguenti al mancato computo dei vari periodi di servizio.

Il dato che conforta è che inizia a trovare applicazione, nella giurisprudenza di merito, la cd. “tutela multilevel”, tra fonti comunitarie e fonti di recepimento interne, in applicazione del Trattato di Lisbona entrato in vigore il 1.12.2009.

L’importante novità non può lasciare indifferenti poiché i principi costituzionali europei, contenuti nelle nuove regole comunitarie di rango primario, modificano di fatto la gerarchia delle fonti e costituiscono un nuovo sistema di tutele dai contorni in via di definizione ma sufficientemente chiari che incidono in modo favorevole a tutto vantaggio dei lavoratori, laddove trovino applicazione.

Sarà compito di questo ufficio, fornire informazioni e strumenti nel nuovo quadro normativo di regole generali sopranazionali che hanno già modificato il diritto del lavoro ed il diritto dei lavoratori comunitari.

 

FEDERAZIONE GILDA-UNAMS
UFFICIO CONSULENZA LEGALE