Se non hanno e la supplenza annuale non perdono la disoccupazione.

Supplenti disabili,

sì all’iscrizione al collocamento.

(Consiglio di Stato 11616/2004).

 da Cittadino Lex del del 20/6/2005

 

I docenti precari che non hanno la supplenza annuale, non perdono lo stato di disoccupazione. Anche se sono titolari di incarichi di supplenza temporanea. E dunque, possono iscriversi all’ufficio di collocamento come se fossero disoccupati, in modo tale da ottenere il riconoscimento della riserva dei posti nelle graduatorie permanenti. È quanto si evince da un parere emesso dalla seconda sezione del Consilgio di Stato, reso noto in questi giorni. La pronuncia interviene a chiarire l’annosa questione su cosa debba intendersi per stato di disoccupazione. Requisito, questo, necessario per potersi iscrivere ai centri per l’impiego, per poi accedere alle agevolazioni previste per il collocamento al lavoro dei disabili.(20 giugno 2005)

 

Consiglio di Stato Segretario generale N. 3615

(Risposta a nota del 12.11.1004)

Oggetto: Quesito in merito alla applicabilità della legge 68 del 12/03/99
in materia di requisito di disoccupazione
per i riservatari dei concorsi pubblici.

 

Al Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca

Dipartimento per l'Istruzione

Direz.ne Gen.le del Personale della Scuola Ufficio III

Roma, addì 19.04.2005

D'ordine del Presidente, mi pregio di trasmettere il parere numero 11616/2004 emesso dalla Sezione seconda di questo Consiglio sull'affare a fianco indicato.

Restituisco gli atti allegati alla richiesta del parere.

IL SEGRETARIO GENERALE

* * *

ADUNANZA DELLA SEZIONE SECONDA 19 GENNAIO 2005

n. Sezione 11616/2004

 

Oggetto: Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca – Legge n. 68 del 12 marzo 1999 – Richiesta di parere sull'obbligo di documentazione del requisito della disoccupazione per il personale scolastico riservatario partecipante a procedure concorsuali.

 

Vista la relazione in data 12 novembre 2004, priva di qualsiasi allegato, con la quale il Ministero ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sul quesito in oggetto;

Udito il relatore consigliere Armando Pozzi;

PREMESSO:

Nella sua relazione l'Amministrazione ricorda che la legge n. 68/99 [1], all'art. 16 comma 2, prevede che "i disabili che hanno conseguito l'idoneità nei concorsi pubblici possono essere assunti... anche se non versino in stato di disoccupazione...", innovando così, alle disposizioni contenute nella precedente legge n. 482/68.

Allo stato della normativa vigente non sussiste più l'esigenza dello stato di disoccupazione al momento del conferimento della nomina (assunzione), mentre, in mancanza di esplicita previsione, sembra permanere la necessità di documentare lo stato di disoccupazione anche per il personale scolastico al momento della presentazione della domanda per partecipare sia ai concorsi ordinari, sia alle graduatorie permanenti.

In tal senso si è peraltro disposto con la circolare n. 248 del 7 novembre 2000 e con gli annuali decreti di integrazione e aggiornamento delle graduatorie permanenti, ex lege 124/1999 [2]. Con tali atti viene richiesto, almeno al momento della prima iscrizione nelle graduatorie, di dichiarare lo stato di disoccupazione, salvo verifica dell' effettivo possesso del requisito al momento dell'assunzione. Anche la giurisprudenza di questo Consiglio ha ribadito il necessario presupposto del requisito della disoccupazione all'atto della partecipazione al concorso.

Nonostante tale interpretazione i singoli aspiranti e tutte le 00.SS. hanno attivato un cospicuo contenzioso, impugnando le disposizioni contenute nei decreti ministeriali relativi all'iscrizione e all'aggiornamento delle graduatorie permanenti, nelle quali viene richiesto, seppure solo al momento della prima iscrizione e non anche ai momenti successivi delle integrazioni annuali, il requisito di cui trattasi. L'Amministrazione osserva, ancora, che la giurisprudenza di questo Consiglio, secondo cui la supplenza annuale o quella superiore ai quattro mesi fanno escludere lo stato di disoccupazione, è stata in parte superata dalla recente normativa introdotta in materia di assunzione di personale docente. Infatti, mentre sino all'a.s. 2001/2002, le graduatorie per il reclutamento erano regolate da una tabella di valutazione dei titoli consolidatasi nel tempo, recentemente, prima con l'introduzione di nuovi titoli di accesso specialistici (laurea in scienza della formazione primaria, per scuola primaria ed elementare, diplomi di specializzazione abilitanti per la secondaria (S.S.I.S.), poi con una innovativa tabella di valutazione dei titoli (allegata alla legge n. 143/04), si è venuto a creare un radicale mutamento delle posizioni degli aspiranti da tempo inseriti nelle graduatorie stesse, spesso con effetti estremamente negativi sul punteggio acquisito dagli aspiranti con più anzianità di iscrizione in graduatoria, con conseguente venir meno della situazione di continuità nella fruizione delle supplenze.

La recente disposizione contenuta nella legge n. 186/2004 di conversione del decreto legge n. 136/2004 (articolo 8 bis) [3] ha riaperto il problema dell'interpretazione da dare al concetto della disoccupazione, prevedendo che "le riserve dei posti... si applicano alle procedure concorsuali... incluse quelle per il conferimento degli incarichi di presidenza... ".

Tale disposizione, seppur con caratteristiche di norma speciale, infatti, annulla la necessità del requisito della disoccupazione nelle procedure di cui trattasi, non soltanto perché non ribadisce espressamente il requisito della disoccupazione, ma soprattutto perché applica l'istituto della riserva al conferimento degli incarichi di presidenza, i cui destinatari sono tutti già in servizio a tempo indeterminato, con la qualifica di docente.

L'Amministrazione chiede pertanto o questo Consiglio di voler esprimere il proprio parere sull' attuale applicabilità dell' obbligo di documentare lo status di disoccupato nelle procedure per il reclutamento del personale scolastico, e, in particolare, di voler chiarire se nelle graduatorie momento delle prima iscrizione, ovvero permanga anche negli aggiornamenti successivi.

Nel caso venga confermata, invece, l'obbligatorietà, viene chiesto di chiarire se detta condizione, venga meno nei confronti degli aspiranti occupati per almeno quattro mesi.

CONSIDERATO:

1 - Con il quesito in oggetto il MIUR chiede di sapere se e come vada applicata al personale docente della scuola la disciplina della legge 12 marzo 1999, n. 68, recante norme per il diritto al lavoro dei disabili.

In particolare, si chiede di sapere come vada interpretato l'art. 16 della stessa legge, disciplinante il tema della permanente rilevanza del requisito dello stato di disoccupazione al fine di far valere la riserva dei posti per le categorie protette nei concorsi per l'assunzione presso le pubbliche amministrazioni e se, in caso di risposta positiva, vada rivisto l'orientamento giurisprudenziale, che ritiene perduto il requisito dello stato di disoccupazione per supplenze eccedenti i quattro mesi l’anno.

La norma richiamata prevede, al comma l, che, ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 3, comma 4, e 5, comma 1, (i quali dispongono, rispettivamente che per i servizi di polizia, della protezione civile e della difesa nazionale, il collocamento dei disabili è previsto nei soli servizi amministrativi e che con apposito DPCM [4] sono individuate le mansioni che, in relazione all'attività svolta dalle amministrazioni pubbliche e dagli enti pubblici non economici, non consentono l'occupazione di lavoratori disabili o la consentono in misura ridotta) i disabili possono partecipare a tutti i concorsi per il pubblico impiego, da qualsiasi amministrazione pubblica siano banditi, imponendo ai bandi di concorso di prevedere speciali modalità di svolgimento delle prove di esame per consentire ai soggetti suddetti di concorrere in effettive condizioni di parità con gli altri.

Il comma 2 dello stesso articolo 16 dispone, con la previsione da cui nascono i dubbi interpretativi posti dall'amministrazione, che i disabili che abbiano conseguito le idoneità nei concorsi pubblici possono essere "assunti" - ai fini dell'adempimento dell'obbligo per i datori di lavoro pubblici e privati di avere alle loro dipendenze lavoratori appartenenti alle categorie di cui all'articolo l nella misure di cui all'articolo 3 - "anche se non versino in stato di disoccupazione e oltre il limite dei posti ad essi riservati nel concorso".

Il comma 3 dello stesso articolo dispone, poi, l'abrogazione delle norme che richiedono il requisito della sana e robusta costituzione fisica nei bandi di concorso per il pubblico impiego, salvi i requisiti di idoneità specifica per singole funzioni.

2 - Sulla portata innovativa della legge n. 68 questa stessa Sezione ha avuto già modo di pronunciarsi con il parere n. 2405/01 (adunanza del 27.2.2002), reso su ricorso straordinario proposto da un docente di scuola elementare per l'inserimento nelle graduatorie provinciali permanenti predisposte ai sensi della L. 124/99, parere di cui si ritiene di riportare i passi salienti.

Ivi si è osservato che la citata legge n. 68/1999 ha introdotto nuove norme per il diritto al lavoro dei disabili, introducendo profondi mutamenti al previgente sistema della legge n. 482/1968. Tra le novità più importanti si registra la riduzione delle categorie protette, le quali vengono circoscritte alle sole persone inabili, come individuate dall'art. 1:

a)     persone in età lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e portatori di handicap intellettivo, che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45 per cento;

b)     persone invalide del lavoro con un grado di invalidità superiore al 33 per cento;

c)     persone non vedenti o sordomute;

d)     persone invalide di guerra, invalide civili di guerra e invalide per servizio con minorazioni ascritte dalla prima all'ottava categoria.

Per assicurare a tali categorie il diritto al lavoro, viene introdotto un nuovo sistema di "collocamento mirato", come definito dall'art. 2: un collocamento, cioè, che vale a favorire adeguatamente le propensioni e le attitudini delle persone affette da condizioni di disabilità, valutandole nelle loro capacità lavorative e consentendo di inserirle nel posto adatto.

Il sostegno ai disabili viene assicurato nelle forme e nelle quantità previste dall' art. 3, che disciplina le "Assunzioni obbligatorie" e le "Quote di riserva".

Quella norma dispone, infatti, che i datori di lavoro, pubblici e privati, sono tenuti ad avere alle loro dipendenze lavoratori appartenenti alle categorie dei disabili di cui al sopra riportato articolo 1 nelle seguenti misure:

a)     sette per cento dei lavoratori occupati, se i datori occupano più di 50 dipendenti;

b)     due lavoratori, se occupano da 36 a 50 dipendenti;

c)     un lavoratore, se occupano da 15 a 35 dipendenti; con la precisazione che per i datori di lavoro privati che occupano da 15 a 35 dipendenti l'obbligo di cui al comma l si applica solo in caso di nuove assunzioni.

L'art. 4 detta, poi, specifici criteri per il computo della quota di riserva, calcolata sulla base dei lavoratori occupati a tempo indeterminato e con esclusione di quelli disabili assunti per tale loro stato.

Il capo secondo della legge, nel dettare disposizioni in materia di organizzazione dei Servizi del collocamento obbligatorio, si riporta alle previsioni del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, rimettendo agli organismi individuati dalle regioni, ai sensi dell'articolo 4 del predetto decreto, le competenze relative all'avviamento lavorativo, alla tenuta delle liste, al rilascio delle autorizzazioni, degli esoneri e delle compensazioni territoriali, alla stipula delle convenzioni e all'attuazione del collocamento mirato. Nel Capo III detta, quindi, specifiche previsioni in tema di avviamento al lavoro, disponendo in particolare, all'art. 7, comma 2, che i datori di lavoro pubblici effettuano le assunzioni obbligatorie per chiamata numerica degli iscritti nelle liste di collocamento, in conformità a quanto previsto dall'articolo 36, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993 [5], n. 29 (oggi art. 35 d. 19s. n. 165/2001), salva l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo Il della legge, mentre per le assunzioni di cui all'articolo 36, comma 1, lettera a), del predetto decreto legislativo n. 29 (cioè le assunzioni mediante procedure concorsuali) ai lavoratori disabili iscritti nell'elenco di cui all'articolo 8, comma 2, della legge viene riconosciuto il diritto alla riserva dei posti, nei limiti della complessiva quota d'obbligo e fino al cinquanta per cento dei posti messi a concorso.

Il richiamato art. 8 pone, a sua volta, una speciale disciplina in tema di elenchi e graduatorie, la quale evidenzia il nuovo concetto, introdotto dalla legge n. 68, di "collocamento mirato", tendente, cioè, ad assicurare al disabile occasioni di lavoro non di qualunque genere, come avveniva nel precedente regime della legge n. 482, ma adatte alle capacità ed attitudini di ciascuno.

In base a tale disciplina, infatti, le persone disabili di cui al comma l dell'articolo l della legge, "che risultano disoccupate" e aspirano ad una occupazione conforme alle proprie capacità lavorative, si iscrivono nell'apposito elenco tenuto dai competenti uffici del collocamento, previa annotazione in una apposita scheda delle capacità lavorative, le abilità, le competenze e le inclinazioni, nonché la natura e il grado della minorazione e analisi delle caratteristiche dei posti da assegnare ai lavoratori disabili, favorendo l'incontro tra domanda e offerta di lavoro.

Aggiunge lo stesso articolo 8, al comma 2, che presso gli uffici competenti è istituito un elenco, con unica graduatoria, dei disabili "che risultano disoccupati"; l'elenco e la graduatoria sono pubblici e vengono formati applicando i criteri fissati dalle regioni in base all'atto di indirizzo e coordinamento previsto dall'art. l della legge.

3 - Al sistema di assunzioni obbligatorie presso la p.a. per chiamata diretta numerica per i posti per i quali sia necessario quale titolo d'accesso il solo requisito della scuola dell'obbligo, la legge n. 68 aggiunge, quindi, come per il passato, con l'art. 7, comma 2, l'altra forma tradizionale di beneficio, che è quella già prevista dall'art. 5, comma 1, del D.P.R. n. 487/1994, secondo cui "nei pubblici concorsi, le riserve di posti, di cui al successivo comma 3 del presente articolo, già previste da leggi speciali in favore di particolari categorie di cittadini, non possono complessivamente superare la metà dei posti messi a concorso".

L'art. 16 della legge n. 68, infatti, pone specifiche disposizioni in tema di "concorsi presso le pubbliche amministrazioni".

Secondo l'articolo citato, ferme restando, come già detto all'inizio, le disposizioni di cui agli articoli 3, comma 4 (per i servizi di polizia, della protezione civile e della difesa nazionale, il collocamento dei disabili è previsto nei soli servizi amministrativi), e 5, comma l (mansioni che, in relazione all'attività svolta dalle amministrazioni pubbliche e dagli enti pubblici non economici, non consentono l'occupazione di lavoratori disabili), i disabili possono partecipare a tutti i concorsi per il pubblico impiego, da qualsiasi amministrazione pubblica siano banditi. A tal fine i bandi di concorso prevedono speciali modalità di svolgimento delle prove di esame per consentire ai soggetti suddetti di concorrere in effettive condizioni di parità con gli altri.

In base al comma 2 del citato art. 16, poi, i disabili che abbiano conseguito le idoneità nei concorsi pubblici possono essere assunti, ai fini dell'adempimento dell'obbligo di cui all'art. 3, anche se non versino in stato di disoccupazione e oltre il limite dei posti ad essi riservati nel concorso.

La disposizione del comma 2 testé citato rappresenta, come pure ricordato dall'amministrazione nella sua relazione, una novità rispetto alla precedente legge n. 482 del 1968, in quanto l'art. 12, comma 4, della stessa legge del 1968, anche secondo il diritto vivente, non consentiva di derogare, nella riserva dei posti nei concorsi per le ex carriere direttive e di concetto, al limite massimo del 50% dei posti messi a concorso.

La ratio della stessa legge 482, poi, non consentiva di derogare in nessun caso al requisito dello stato di disoccupazione; infatti, secondo il costante insegnamento della giurisprudenza amministrativa, la "ratio" della normativa di protezione era quella di favorire l'ingresso nel mondo del lavoro di coloro che si trovassero in posizione di svantaggio per ragioni di menomazione fisica o socio-familiare [per tutte cfr. Cons. St., Sez. VI, sent. n. 782 del 31 ottobre 1991, Sez. V; sent. n. 968 del 22 giugno 1991 ; Sez. V; sent. n. 48 del 16 gennaio 1992; Sez. VI, sent. n. 1667 del 18 novembre 1994; Sez. VI, sent. n. 1059 del 5 ottobre 1995, Sez. V; sent. n. 438 del 18 aprile 1996, Sez. VI, sent. n. 1296 del 7 ottobre 1996; Sez. V; sent. n. 1426 del 7 ottobre 1998; Sez. VI, sent. 1234 del 17 settembre 1999; sez. VI, 13 febbraio 2001, n. 687; Sez. V; 3 ottobre 2002, n. 5207; Cons. Giust. Sic., 28 gennaio 2002, n. 37 ].

D'altra parte, la Corte costituzionale, con sentenza l° aprile 1998, n. 88 ,ebbe a dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, ultimo comma, sopra riportato, sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 51, primo comma, e 97, terzo comma, della Costituzione, rilevando come tale disciplina rispondesse al criterio solidaristico dell'art. 38 Cost;, consentendo alle categorie disagiate il loro "inserimento nel mondo del lavoro" .

L'art. 16, comma 2, della legge n. 68/1999, tuttavia, non si spinge sino ad abolire in modo generalizzato il requisito dello stato di disoccupazione, che, pure, anche nel sistema della nuova legge continua ad essere elemento soggettivo indispensabile per ottenere i benefici in essa previsti: lo si è visto analizzando le varie disposizioni, in articolare quelle dell'art. 8.

L'art. 16 citato consente di prescindere dallo stato di disoccupazione solo quando le amministrazioni, in base ad una loro ponderata e motivata determinazione (ad esempio perché il livello di preparazione dei candidati si dimostri particolarmente elevato e risulti conveniente per il buon andamento, innalzare la quota dei riservatari oltre il limite percentuale ordinario), ritengano di prescindere dal limite percentuale dei posti riservati nei pubblici concorsi per provvedere in tempi brevi a saturare l'aliquota dei posti da riservare agli invalidi.

Non è pertanto vero, come assumeva, nell'occasione portata all’esame della Sezione, il ricorrente, che il predetto art. 16 abbia inteso prescindere sempre e comunque dal requisito dello stato di disoccupazione, che continua a rimanere titolo e condizione indefettibile, salva l'ipotesi eccezionale del secondo comma dell'art. 16.

4 - Un altro argomento si oppone, tuttavia, all'interpretazione apparentemente letterale ma sostanzialmente estensiva del citato art. 16.

Come si è visto nell' analisi delle nuove categorie dei riservatari, la legge non ripropone, tra quelle tutelate in via generale ed indifferenziata, la categoria degli orfani e vedove dei caduti in guerra o per servizio, ai quali, in base all'art. 8 della legge n. 482/1968, erano equiparati i figli e la moglie di coloro che siano divenuti permanentemente inabili a qualsiasi lavoro per fatto di guerra o per servizio o del lavoro.

Per costoro provvede l'art. 18, con le disposizioni transitorie e finali in esso contenute.

Secondo il comma 2 di tale articolo, in attesa di una disciplina organica del diritto al lavoro degli orfani e dei coniugi superstiti di coloro che siano deceduti per causa di lavoro, di guerra o di servizio, ovvero in conseguenza dell'aggravarsi dell'invalidità riportata per tali cause, nonché dei coniugi e dei figli di soggetti riconosciuti grandi invalidi per causa di guerra, di servizio e di lavoro e dei profughi italiani rimpatriati, il cui status è riconosciuto ai sensi della legge 26 dicembre 1981, n. 763, è attribuita in favore di tali soggetti una quota di riserva, sul numero di dipendenti dei datori di lavoro pubblici e privati che occupano più di cinquanta dipendenti, pari a un punto percentuale e determinata secondo la disciplina di cui all'articolo 3, commi 3, 4 e 6, e all'articolo 4, commi 1, 2 e 3, della medesima legge n. 68. La predetta quota è pari ad un'unità per i datori di lavoro, pubblici e privati, che occupano da cinquantuno a cento cinquanta dipendenti. Le assunzioni sono effettuate con le modalità di cui all'articolo 7, comma 1.

Come è agevole ricavare dalla lettura della norma, essi si riferisce specificamente ad orfani e vedove (ed equiparati) e non contempla affatto, a fini derogatori, lo stato di disoccupazione, il quale, pertanto, si ripropone anche per tali categorie di beneficiari quale requisito di legittimità dei provvedimenti di assunzione ed immissione in ruolo.

Ma v’è di più. Lo stesso art. 18 affida, poi, ad un apposito regolamento le relative norme di attuazione.

Quest'ultimo provvedimento è stato emanato con D.P.R. 10 ottobre 2000, n. 333, recante appunto il regolamento di esecuzione della L. 12 marzo 1999, n. 68.

L'art. 1, comma 2, stabilisce che possono essere iscritti negli elenchi del collocamento obbligatorio di cui al comma 1 i soggetti di cui all'articolo 18, comma 2, della legge n. 68 del 1999, nonché quelli di cui alla legge 23 novembre 1998, n. 407 (vittime del terrorismo e criminalità organizzata), come modificata dalla legge 17 agosto 1999, n. 288, questi ultimi (e solo essi) "anche se non in possesso dello stato di disoccupazione".

Anche la noma di rango secondario conferma, dunque, quanto già desumibile dall' art. 18, il quale, non richiamando le disposizioni dell' art. 16, riferito soltanto alle categorie dei disabili, continua a pretendere per gli orfani, le vedove ed equiparati, lo stato di disoccupazione.La norma regolamentare consente infatti di prescindere dallo stato di disoccupazione solo per la categoria particolare delle vittime del terrorismo e della criminalità, per la particolare valenza di gratitudine sociale e di conseguente solidarietà di cui tale categoria deve beneficiare.

5 - Certo, il problema interpretativo risolto dalla Sezione con il ricordato parere non è di agevole soluzione, in ragione del tenore ambiguo della norma e della natura degli interessi protetti ed è stato già oggetto di diverse e contrastanti pronunce giurisdizionali.

Per un primo orientamento - affermato in una abbastanza recente sentenza di primo grado [T.A.R. Toscana, I Sez., 29 aprile 2002 n. 887] - la norma di cui all'art. 16 dovrebbe interpretarsi nel più ampio contesto di una legge comunque finalizzata all'inserimento lavorativo dei disabili disoccupati e per i quali è previsto ed apprestato, nella legge stessa, un complesso meccanismo di assunzioni obbligatorie, liste e graduatorie di soggetti iscritti e da avviare al lavoro. Ammettere dunque il beneficio della riserva dei posti in favore dei disabili a prescindere, totalmente e radicalmente e quindi anche con riferimento al momento iniziale di partecipazione, alla procedura concorsuale, dal loro stato di disoccupazione, sarebbe come snaturare lo spirito della legge n. 68 del 1999, il cui fine è quello di collocare i disabili nel mondo del lavoro. Secondo questa interpretazione, dunque, l'intento del Legislatore sarebbe stato solo quello di tutelare quanto più possibile il diritto al lavoro dei disabili, consentendo agli stessi di usufruire dei benefici previsti dalla legge anche se lo stato di disoccupazione esistente al momento della domanda, sia cessato durante i tempi (talora molto lunghi) di espletamento delle procedure concorsuali.

L’art. 16 comma 2 si riferirebbe, insomma, al momento dell'assunzione e non a quello di partecipazione al concorso e di presentazione della relativa domanda. E del resto l'art. 7 della legge in parola, nel disciplinare le "Modalità delle assunzioni obbligatorie", stabilisce tra l'altro al comma 2 che per le assunzioni (quelle concorsuali, appunto) di cui all'art. 36 comma l lett. a) del D.L. vo n. 29 del 1993 (oggi art. 35 del d.lgs. n. 165/2001), i lavoratori disabili devono essere iscritti nell'elenco di cui all'art. 8 comma 2 (quello, "con unica graduatOria" istituito presso gli uffici competenti, "dei disabili che risultano disoccupati"), per poter beneficiare della " riserva dei posti nei limiti della complessiva quota d'obbligo e fino al cinquanta per cento dei posti messi a concorso" .

Per un altro orientamento di primo grado l'art. 16 avrebbe fatto venir meno tout court il requisito della disoccupazione per fruire del diritto alla riserva dei posti [T.A.R. Campania, Il Sez., 18 marzo 2002 n. 1425].

6 - La giurisprudenza delle sezioni giurisdizionali di questo Consiglio non si è occupata ex professo dell'argomento, ma in una recente decisione [Sezione V, n. 5207 del 2002] si coglie un passaggio dal quale sembrerebbe potersi evincere un'interpretazione dell'art. 16 nel senso affermato dal T.AR. Campania, ossia nel senso di superare il collegamento, ritenuto imprescindibile dalla normativa precedente fra stato di disoccupazione del beneficiario e diritto di essere obbligatoriamente assunto.

Anche secondo tale orientamento l'art. 16 sarebbe inteso a consentire alle amministrazioni la mera facoltà di derogare al requisito della disoccupazione in sede di autonoma regolamentazione del concorso.

7 - Una diversa prospettazione, peraltro coerente, almeno nelle conclusioni di massima, con il ricordato parere di questa Sezione è tuttavia emersa più recentemente e ad essa fa espresso riferimento l'amministrazione [Sez. VI, 10 marzo 2003, n. 1271).

L'art. 1 della legge n. 68 del 1999 chiarisce - secondo tale precedente - che la finalità della legge non è solo quella di garantire l'inserimento ma anche la piena integrazione del disabile nel mondo del lavoro.

A questo risultato tuttavia. è preordinato soprattutto l'istituto del collocamento mirato che costituisce la più rilevante novità della riforma, la quale, intitolata "norme sul diritto al lavoro dei disabili", quasi a sottolineare finalità di protezione più ampie e comprensive rispetto a quelle incentrate sulla garanzia dell'assunzione obbligatoria, mira a garantire - come già osservato da questa Sezione - non un inserimento quale che sia al disabile, ma un inserimento che possa essere conforme alle sue aspirazioni e capacità lavorative.

Ciò tuttavia, la legge non fa venir meno, il requisito della disoccupazione quale presupposto per l'avviamento obbligatorio nel pubblico impiego: l'inserimento del disabile infatti, non avviene a prescindere dall'esistenza di un iniziale stato di disoccupazione come è provato dalla circostanza del mantenimento degli elenchi dei disabili disoccupati.

Ne consegue che il disabile che abbia già raggiunto un'occupazione per progredire nella carriera o aspirare ad un'attività lavorativa superiore deve pur sempre sottoporsi ad una comparazione oggettiva e non privilegiata con altri soggetti.

Né si potrebbe ritenere tale conclusione affetta da profili di incostituzionalità.

Infatti, come già accennato, la Costituzione - all'art. 38 comma 3 - prevede che gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione ed all'avviamento professionale e quindi rende costituzionalmente necessaria la disciplina dell'avviamento obbligatorio al lavoro dei disabili disoccupati.

Ciò non esclude che il legislatore ordinario, con il solo limite dell'irragionevolezza della disciplina, possa prevedere anche strumenti ulteriori di tutela, che mirino alla garanzia della integrazione del disabile nel mondo del lavoro: scelta operata dalla riforma di cui alla legge n. 68 del 1999 con il collocamento mirato e, marginalmente, con la previsione di cui all'art. 16, che consente di prescindere, nell'assunzione, dallo stato di disoccupazione ma solo al fine di non penalizzare chi abbia trovato un impiego nelle more dello svolgimento della procedura concorsuale.

Ma, al contempo, ciò non rende necessaria una disciplina che favorisca il disabile nei concorsi pubblici a prescindere dallo stato (iniziale) di disoccupazione.

Semmai sarebbe irrazionale la scelta di assicurare sempre e comunque una posizione di privilegio al disabile, seppure non disoccupato.

Tuttavia, al fine di interpretare in modo restrittivo e coerente con l'impianto generale della legge n. 68 la norma di cui all'art. 16, l'argomento tratto dal principio costituzionale di ragionevolezza appare superfluo e persino controproducente, a fronte dell'espressa previsione, ai sensi dell'art. 7 comma 2 della legge n. 68 del 1999, innanzi ricordato, del requisito della disoccupazione ai fini della partecipazione al concorso con diritto alla quota di riserva.

Per ravvisare un difetto di ragionevolezza della norma dovrebbe esservi una disciplina che differenzi in modo arbitrario situazioni analoghe, ovvero che tratti in modo uguale situazioni che, all'opposto, andrebbero sottoposte a trattamenti giuridici differenti al fine di garantire l'uguaglianza sostanziale.

Quindi, l'argomento che incentra l'interpretazione riduttiva dell'art. 16 sulla necessità di non avvantaggiare il soggetto disabile ma già occupato rispetto al soggetto sano disoccupato non coglie del tutto nel segno.

Infatti, proprio nel caso della comparazione fra disabile occupato e soggetto sano ma disoccupato non potrebbe dirsi in astratto incostituzionale per irragionevolezza la previsione di una disciplina che, a certe condizioni, consentisse al disabile meritevole di usufruire di una quota di riserva nell'accesso ad un ufficio pubblico, nonostante l'inesistenza di uno stato di disoccupazione.

Intanto, dovrebbe rilevarsi che le due situazioni poste a confronto (quella del soggetto sano e disoccupato e quella del disabile occupato) sono profondamente diverse e quindi non comparabili.

Non è pacifico, infatti, che le difficoltà sociali inerenti la condizione di inabilità rilevante ai fini della legge sul diritto al lavoro dei disabili siano considerate sempre e comunque equivalenti alla condizione di difficoltà inerente lo stato di disoccupazione. Certo, il diritto alla piena occupazione è elemento caratterizzante la nostra forma di Stato, tanto da essere inserito fra i principi fondamentali della Costituzione, ma anche il pieno sviluppo della persona umana è un principio fondamentale (art. 3 Cost.) ed esso ben potrebbe richiamarsi a fondamento di una legislazione protettiva del disabile nel corso del rapporto di lavoro e non solo all'atto del suo inserimento nel mondo del lavoro.

Ciò che l'art. 3 Cost. vieta è la diversità di trattamento di situazioni simili e discriminazioni irragionevoli (Corte Cost., 25 giugno 1980, n. 86); ma ciò non richiede un'uniformità di trattamento di situazioni che pur ricollegandosi ad un'unica matrice, assumano tuttavia aspetti da considerare particolari.

In tal caso è l'esame della razionalità o meno della convergenza o della divergenza di trattamento che giustifica il richiamo alla garanzia dettata dall'art. 3 Cost. (Corte Cost., 16 gennaio 1975, n. 3).

8 - Neppure va dimenticato il principio di cui all'art. 97 Cost., per cui agli impieghi nelle Pubbliche amministrazioni si accede solo per concorso; principio che con nota anche la progressione in carriera nel pubblico impiego e non renderebbe quindi irragionevole la considerazione della mera disabilità anche per vicende successive all'avviamento al lavoro. Infatti, poiché la progressione è legata al superamento di ulteriori prove concorsuali, potrebbe ipotizzarsi che sia irrazionale una disciplina indifferenziata per il soggetto disabile in condizione di svantaggio rispetto al soggetto sano ed occupato (legittimato a partecipare alla procedura concorsuale), senza che la legislazione protettiva tenga distinte le rispettive posizioni.

Comunque il diritto al lavoro di cui all'art. 4 Cost. si concreta nel riconoscimento della sua importanza sociale, e non crea posizioni dirette di tutela (Corte Cost. 30 dicembre 1987 n. 622; Corte Cost. 23 maggio 1985 n. 158), spettando, quindi, al Legislatore ordinario stabilire le condizioni che consentano di realizzare il pieno impiego ed il pieno sviluppo della persona umana con interventi che non possono essere censurati qualora si rivelino frutto di una ponderazione ragionevole tra interessi tutti costituzionalmente protetti.

Della suddetta discrezionalità è frutto la previsione di cui al più volte ricordato art. 16, secondo la quale l'amministrazione pubblica può assumere il disabile non disoccupato che abbia conseguito l'idoneità e può fare questo - in adempimento dell'obbligo di cui all'art. 3 di effettuare assunzioni obbligatorie – oltre il limite dei posti riservati nel concorso (ma nei limiti della quota di riserva poiché si tratta di adempiere all’obbligo di cui all’art. 3 ) e quindi (proprio perché nei limiti della predetta quota) non certo a detrimento dei soggetti sani, meritevoli e disoccupati.

Si tratta di un potere - dovere di assunzione, (certamente non previsto per i soggetti sani ma disoccupati), che nel precedente sopra ricordato è stato ritenuto essere nella discrezionalità del Legislatore ordinario prevedere e che, fra l'altro, è da considerarsi legato alla sussistenza di ben precise condizioni, fra cui quella prevista - . dall'art. 7, comma 2, ossia lo stato di disoccupazione al momento iniziale della partecipazione al concorso.

In conclusione - ha ritenuto sempre la stessa sentenza n. 1271/2003 di questo Consiglio - se sul piano degli argomenti sistematici ispirati alla interpretazione costituzionalmente adeguata non si possono ricavare ragioni decisive a favore dell'una o dell'altra interpretazione tra quelle finora prospettate in giurisprudenza, va rilevato che, sul piano dell'ordito normativo della legislazione ordinaria e degli argomenti ricavabili mediante l'interpretazione letterale e sistematica della nuova legge sui disabili, la permanenza degli elenchi dei soggetti disabili disoccupati di cui all'art. 8 della legge n. 68 del 1999, ed il disposto di cui all'art. 7 comma 2 si rivelano decisivi per interpretare l'art. 16.

E' vero che questa norma sui concorsi, avendo riguardo al momento dell'assunzione, non menziona in alcun modo il requisito della disoccupazione, come essenziale al fine della partecipazione al concorso; ma tale requisito è invece menzionato, seppure in relazione all'art. 8, dal più volte ricordato art. 7 comma 2, sicché è alla luce di tale articolo, che attesta la necessità della permanenza del requisito della iscrizione come presupposto del diritto alla riserva, che occorre ricostruire il significato dell'art. 16.

Quest'ultimo consente, in definitiva, l'assunzione del disabile non più disoccupato, purché in possesso del predetto requisito all'atto della partecipazione al concorso.

Tale assunzione è doverosa se il requisito della disoccupazione è venuto meno nei confronti di un soggetto collocato si in graduatoria nei limiti dei posti messi a concorso ma può avvenire anche al di fuori dei posti riservati nel concorso purché sempre nei limiti della quota complessiva di riserva di cui all'art. 3.

La norma di cui all'art. 16 della legge n. 68 del 1999 prescinde dallo stato di disoccupazione ai fini dell'assunzione, ma va conciliata con la norma di cui all'art. 7 comma 2 della stessa legge, che tale requisito richiede e presuppone, per cui va rilevato che non sussiste il diritto del disabile, in quanto tale, e non in quanto disabile inoccupato, ad essere incluso nella quota riservata dei posti concorsuali.

Questa necessità di conciliazione del tenore testuale delle due norme (art. 7 comma 2 e 16 comma 2) determina, quale conseguenza, l'accoglimento della tesi per cui l'assunzione del disabile idoneo già occupato si riferisce al solo caso della presenza di uno stato iniziale di disoccupazione venuto meno durante lo svolgimento della procedura.

Ciò significa che l’iscrizione negli elenchi dei disoccupati permane come requisito quantomeno all’atto della partecipazione al concorso.

L'assunzione del disabile idoneo non disoccupato può essere considerata solo in presenza di uno stato di occupazione maturato medio tempore, tra la partecipazione al concorso e l'assunzione; con il che sempre si deve ammettere che il Legislatore, con valutazione insindacabile, ha inteso privilegiare, nell'ambito della speciale tutela riservata ai disabili, e sempre in modo relativo, il merito rispetto al mero stato di disoccupazione (infatti l'esigenza di garanzia dell'avviamento al lavoro a rigore porterebbe a tutelare il disabile disoccupato che segue in graduatoria rispetto al disabile che ha ottenuto il lavoro medio tempore).

9 - L'art. 16 interpretato nel senso restrittivo predetto è comunque espressione dei principi costituzionali di cui agli artt. 3 e 4, che tutelano il pieno sviluppo della persona umana ed il diritto dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta un'attività o una funzione che concorrano al progresso materiale o spirituale della società, principi che possono bilanciarsi per scelta discrezionale del Legislatore con il principio di cui all'art. 38 Cost., che sancisce il diritto degli inabili e dei minorati all'educazione ed all'avviamento al lavoro; diritto che trova limiti e condizioni in altre posizioni costituzionali rilevanti degli stessi disabili, ossia le posizioni giuridiche soggettive che si proiettano nell'interesse alla progressione in carriera ed alla piena integrazione lavorativa.

Quale che sia l'interpretazione più corretta, o quella fornita da questa Sezione con il ricordato parere del 2002 (prescindersi dallo stato di disoccupazione solo per i posti eccedenti quelli indicati nel bando come riservati ai disabili), ovvero quella proposta dalla VI Sezione con la sentenza n. 1271 del 2003, entrambe sono utili per rispondere, in prima battuta ed in via generale, al requisito posto dall'amministrazione, se sia venuto radicalmente meno il requisito della disoccupazione in capo al disabile riservatario: quesito che, per quanto sin qui detto, non può che avere risposta negativa.

10 - Tuttavia il Ministero articola il quesito con la sopravvenuta normativa speciale di cui alla recente legge 27 luglio 2004, D. 186, di conversione, con modificazioni, del D.L. 28 maggio 2004, D. 136, recante disposizioni urgenti per garantire la funzionalità di taluni settori della pubblica amministrazione, nonché disposizioni per la rideterminazione di deleghe legislative e altre disposizioni connesse.

L'articolo 8 - bis del predetto decreto, aggiunto dalla legge di conversione, ha dettato specifiche disposizioni in materia di quote di riserva per le assunzioni obbligatorie.

La norma, in particolare, ha stabilito che le riserve di posti, previste dalla legge n. 68/1999, si applicano alle procedure concorsuali previste dall'articolo 29 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (disciplinante il procedimento per il reclutamento dei dirigenti scolastici), ivi incluse quelle per il conferimento degli incarichi di presidenza, di durata annuale, negli istituti e nelle scuole di istruzione secondaria, nei licei artistici e negli istituti d'arte.

A sua volta, il richiamato articolo 29 del decreto n. 165 dispone, al comma 1, che il reclutamento dei dirigenti scolastici si realizza mediante un corso concorso selettivo di formazione, indetto con decreto del Ministro dell'Istruzione, svolto in sede regionale con cadenza periodica, comprensivo di moduli di formazione comune e di moduli di formazione specifica per la scuola elementare e media, per la scuola secondaria superiore e per gli istituti educativi. Al corso-concorso, aggiunge lo stesso comma, nella parte finale, è ammesso il personale docente ed educativo delle istituzioni statali che abbia maturato, "dopo la nomina in ruolo", un servizio effettivamente prestato di almeno sette anni con possesso di laurea, nei rispettivi settori formativi, fatto salvo quanto previsto al successivo comma 4.

Il personale destinatario delle procedure concorsuali per l'accesso alla dirigenza scolastica è, dunque, a differenza dei destinatari dei concorsi per l'accesso all'ordinaria dirigenza pubblica, sempre e necessariamente personale già di ruolo; quindi, evidentemente, in condizione di non disoccupazione.

Non appare contestabile, dunque, che per l'accesso alle qualifiche dirigenziali dell'ordinamento scolastico, ma solo di tale speciale e circoscritto ordinamento, si debba prescindere dallo stato di disoccupazione, a differenza di quanto aveva sin qui affermato la giurisprudenza, con riferimento alla legge n. 482 del 1968, la cui applicabilità era stata anzi esclusa in radice a tali qualifiche (I benefici della riserva di posti nei pubblici concorsi a favore degli appartenenti. alle categorie protette, previsti dall' art. 12 L. 2 aprile 1968 n. 482, non si applicano ai concorsi a posti di qualifica dirigenziale: Cons. St., sez. VI, 3febbraio 1998, n. 145).

11 - Resta da chiarire l'altro dubbio posto dall' amministrazione. Se, cioè, per effetto della mutata situazione normativa per la fruizione delle supplenze introdotta dalla legge n. 134/2000, la quale ha fatto venir meno la situazione di continuità nella predetta fruizione, possa trovare ancora applicazione la giurisprudenza che ritiène essere venuto meno il requisito della disoccupazione per supplenze superiori ai quattro mesi.

Per la verità è da dire che il criterio temporale dei quattro mesi, individuato come limite temporale per distinguere lo stato di disoccupazione, non costituisce affatto diritto vivente, come sembra adombrare la scarna, non ben motivata e non documentata relazione dell' amministrazione.

Vero è, al contrario, che, a quel che consta dall'esame delle massime giurisprudenziali, l'indirizzo prevalente è quello che ricollega il discrimine al termine annuale. Infatti si è pressoché costantemente ritenuto, con riferimento alla disciplina anteriore alla legge n. 68 del 1999, che lo stato di disoccupazione necessario per fluire in un pubblico concorso della riserva di posti prevista dalla L. 2 aprile 1968 n. 482 non viene meno per effetto del conferimento di una o più supplenze temporanee di insegnamento nell'arco dell'anno scolastico, mentre è idonea a far venir meno la detta condizione soltanto la supplenza annuale, caratterizzata da tendenziale stabilità, o quanto meno da relativa continuità (Cons. St., VI sez., 9 gennaio 1997, n. 17; VI Sez., 1 dicembre 1998, n 1615, VI Sez., 29 marzo 1999, n. 365, VI Sez., 31 ottobre 2000, n. 5848; VI Sez., 12 febbraio 2001, n 632; VI Sez, 12 febbraio 2001, n. 674) .

Ove, poi, l'amministrazione abbia inteso ricavare quel termine di quattro mesi dalla normativa di vario rango (peraltro neppure indicata dall'amministrazione stessa) che imponeva di conservare la supplenza temporanea infraanuale per l'intero anno scolastico, come nell'ipotesi dell'art. 62 del DPR n. 417/1974 [su cui cfr. Cons. St., sez. VI, 10 febbraio 2003, n. 666] tale circostanza non vale ad inficiare il principio secondo cui lo stato di disoccupazione viene meno solo a fronte di rapporti lavorativi che, seppur temporanei, siano almeno di durata annuale.

Tale criterio sembra adattabile anche al nuovo sistema delle supplenze, come intro

La norma prevede, infatti, sostanzialmente ed in sintesi (e senza scendere nell'esame della complessa disciplina ivi dettata) tre tipologie di tali rapporti.

Infatti (comma 1), alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l'intero anno scolastico, qualora non sia possibile provvedere con il personale docente di ruolo delle dotazioni organiche provinciali o mediante l'utilizzazione del personale in soprannumero, e sempre ché ai posti medesimi non sia stato già assegnato a qualsiasi titolo personale di ruolo, si provvede mediante il conferimento di supplenze annuali, in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali per l'assunzione di personale docente di ruolo.

Quindi si prevede (comma 2) che alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento non vacanti che si rendano di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre e fino al termine dell'anno scolastico si provvede mediante il conferimento di supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche. Si provvede parimenti al conferimento di supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche per la copertura delle ore di insegnamento che non concorrono a costituire cattedre o posti orano.

Infine, si stabilisce (comma 3), che nei casi diversi da quelli previsti ai commi 1 e 2 si provvede con supplenze temporanee.

Per quanto concerne il conferimento sia delle supplenze annuali che delle supplenze temporanee sino al termine delle attività didattiche il comma 6 dello stesso articolo 4 impone di utilizzare le graduatorie permanenti di cui all'articolo 40 l del testo unico n. 297 del 1994.

Come si vede dalla lettura, seppure parziale, dell'art. 4 citato, anche la riforma del 1999 ha lasciato intatto il quadro poliedrico delle supplenze, nell'ambito delle quali si distingue ancora fra quelle annuali e quelle inferiori all' anno scolastico, fermo restando che per nessuna delle tre tipologie si prevede una sorta di stabilità di fatto, richiamata genericamente dall'amministrazione, senza peraltro alcun supporto motivazionale o indicativo, soprattutto della normativa di rango regolarmente interno.

Anche il richiamo operato dall'amministrazione al decreto legge 7 aprile 2004, n. 97, con il quale sono state poste disposizioni urgenti per assicurare l'ordinato avvio dell'anno scolastico 2004 - 2005, nonché in materia di esami di Stato e di Università, convertito, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 4 giugno 2004, n. 143, non appare perspicuo.

La tabella, prevista dall'articolo 1, comma 1, del predetto decreto, riguardante la valutazione dei titoli per la rideterminazione dell'ultimo scaglione delle graduatorie permanenti di cui all'art. 401 del testo unico n. 297/1994, ha apportato una serie complessa ed articolata di modifiche ai criteri di attribuzione dei punteggi per l'inserimento nelle predette graduatorie, ma non si capisce come tali modifiche abbiano radicalmente inciso sul sistema delle supplenze, trattandosi di criteri riguardanti l'intera graduatoria e quindi tutti gli insegnanti e non una sola categoria di essi (i supplenti o aspiranti tali).

L'amministrazione dovrà quindi valutare caso per caso, con riferimento alle singole fattispecie eventualmente accorpate per ipotesi omogenee o analoghe, se il rapporto di lavoro del supplente, in relazione alle sua varie tipologie ed articolazioni, che solo l'amministrazione stessa può cogliere con pienezza e consapevolezza di presupposti ed effetti, possa considerarsi dotato di quella tendenziale stabilità, di cui ha fatto uso la tutt'ora apparentemente valida giurisprudenza.

In tale opera di discrezionale ed autonoma valutazione l'amministrazione potrà avvalersi anche del conforto comparativo e del supporto conoscitivo ed applicativo del Ministero del lavoro - Direzione generale del mercato del lavoro, la quale esercita, tra le altre, le funzioni di indirizzo, promozione e coordinamento delle politiche dell'impiego, con particolare riferimento all'inserimento nel lavoro dei disabili e dei soggetti svantaggiati.

P.Q.M.

nelle esposte considerazioni è reso il richiesto parere.

IL PRESIDENTE DELLA SEZIONE

(Gaetano Trotta)

IL SEGRETARIO D'ADUNANZA

(Roberto Craca)

L'ESTENSORE

(Armando Pozzi)

 

Note

[1] E’ la legge che disciplina il collocamento al lavoro dei disabili, fissando una quota del 7% dell’organico da riservare alle relative assunzioni.

[2] Le graduatorie permenti sono gli elenchi provinciali dai quali vengono attinti gli aspiranti da assumere nella scuola con contratti a tempo determinato di durata annuale o fino al termine delle lezioni oppure per le immissioni in ruolo.

[3] La norma in questione ha determinato un problema di intepretazione per qaunto riguarda il requisito di disoccupazione necessario ai fini dell’assunzione. In buona sostanza, ha esteso il diritto di accesso alla quota di riserva anche a soggetti, quali gli aspiranti ad incarico di presidenza, che non possono essere disoccupati, perché il requisito per accedere all’incarico è costituito dal fatto di essere docenti in servizio.

[4] La sigla sta per: Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

[5] E’ il decreto che ha disciplinato la contrattualizzazione del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici.