Normativa

Il recupero del “tempo perduto”

Tutto quello che avreste sempre voluto sapere sul recupero dei 10 minuti.

di Fulvio Vassallo, 21/11/2004

 

Riassunto ragionato dell’ obbligo ( e non obbligo)  e delle modalità di recupero delle ore  di lezione ridotte  a meno di 60 minuti

Fra i tanti annosi problemi che assillano i  docenti nell’ esercizio della loro attività, quello relativo al recupero delle ore inferiori ai canonici 60 minuti è uno dei più snervanti.

Quando si recuperano i famigerati 10 minuti ? E come si recuperano: in supplenze, in attività disciplinari, in gite ecc….?

Sappiamo che i dirigenti spendono molta parte delle loro energie per ottenere sempre e in ogni caso il recupero delle ore ridotte, anche quando la riduzione oraria avvenga per conclamate esigenze di “ forza maggiore”. E sappiamo anche che, con questi recuperi, si vuole ottenere la copertura dei colleghi assenti per ovviare alla questione delle supplenze.

Il nostro contratto di lavoro è molto chiaro su queste problematiche, ma i dirigenti non leggono volentieri questo testo, spesso considerato un intralcio all’ esercizio della loro “dirigenza”, e similmente  anche i colleghi  dimenticano che proprio lì, nel contratto di lavoro, stanno le buone ragioni per rispondere a illeciti e prevaricazioni.

Per rispondere alle numerose richieste su questa problematica,  pubblichiamo una  servizio sul recupero delle ore ridotte sia per cause di forza maggiore, che per necessità didattiche.

La prima parte, quella relativa alla riduzione oraria per cause di forza maggiore, è apparsa su “Professione docente” di Dicembre 2002;  la seconda, quella relativa al recupero della riduzione per motivi didattici, è su “Professione docente” di Novembre 2004. Inoltre, presentiamo un intervento sull’argomento  di Fulvio Vassallo, coordinatore di Piacenza, pubblicato dalla “ Libertà” di Piacenza, l’ 11 Novembre 2004.

 

 

Cosa dice il CCNL 2002-2005?

ART. 26 – ATTIVITÀ DI INSEGNAMENTO. (art.41 del CCNL 4-8-1995, interpretazione autentica in data 17-9-1997 dell’art.41 anzidetto ed art.24 del CCNL 26-5-1999)

(...)

7. Al di fuori dei casi previsti dal comma successivo, qualunque riduzione della durata dell'unità oraria di lezione ne comporta il recupero nell’ambito delle attività didattiche programmate dall’istituzione scolastica. La relativa delibera viene assunta dal collegio dei docenti.

        8. Per quanto attiene la riduzione dell'ora di lezione per cause di forza maggiore determinate da motivi estranei alla didattica, la materia resta regolata dalle circolari ministeriali n. 243 del 22.9.1979 e n.192 del 3.7.1980 nonché dalle ulteriori circolari in materia che le hanno confermate. La relativa delibera viene assunta dal consiglio di circolo o d’istituto.

(...)

 

 

L'intervento sull’argomento di Fulvio Vassallo, coordinatore di Piacenza,

pubblicato dalla “ Libertà” di Piacenza, l’ 11 Novembre 2004.

Piacenza, 3 novembre 2004


Gent/mo Direttore,

domenica 31 ottobre 2004 nella Cronaca di Piacenza della Libertà a pagina 2 è apparso un articolo a firma (pin) con il seguente titolo: Recuperare il tempo mancante? Ore da 50 minuti: battaglia a scuola.

Nel seguito dello stesso vengono riportati le posizioni di alcuni dirigenti scolastici e generiche indicazioni di una sindacalista.

Per fare un po’ di chiarezza sul tema, in qualità di coordinatore provinciale dell’Associazione Professionale Gilda degli Insegnanti di Piacenza e di docente in servizio, vorrei riportare alcune precisazioni di merito, sinteticamente i dati legislativi e contrattuali, nonché alcune considerazioni di ordine generale sul lavoro della professione docente.

Tre considerazioni iniziali:

-         le 25 ore settimanali di insegnamento nella scuola dell’infanzia, le 22+2 ore settimanali nella scuola elementare, le 18 ore settimanali nelle scuole e istituti d'istruzione secondaria ed artistica, le 40+40 ore annuali funzionali all’insegnamento per tutti i docenti sono già tempo pieno di lavoro riconosciuto da tutti i contratti, anche quando non erano privatistici;

-         nessun docente ha mai rifiutato di svolgere unità orarie di lezione di 60’;

-         concentrare le ore di lezione nell’arco della mattinata, aiuta sicuramente gli allievi pendolari ad uno studio domestico più equilibrato, meno affannoso e, soprattutto lascia spazio agli stessi per altri interessi o attività scolastiche tra cui non ultime: “recupero” e/o “approfondimento.”

Premesso ciò, entriamo nel merito dell’articolo. Essere (ora di 60’) o non essere (ora di 50’).

I docenti nei loro Collegi - salvo rare eccezioni - non possono decidere in merito in modo autoreferenziale. Né potrebbero perché essi, come organo collegiale, “formulano” solo “proposte didattiche” tra cui quella sull’ora di lezione.

I dirigenti scolastici, a loro volta gestori esperti e tritatutto del Collegio, spesso in coda dello stesso chiedono ai docenti, allo stremo della sopportazione per le passive lungaggini d’ascolto di lunghe tiritere direttoriali, se la riduzione dell’ora di lezione comporti difficoltà alla didattica.

Esito della pleonastica richiesta:

-         i docenti delle scuole dove l’orario settimanale di ordinamento è di oltre 33 ore, pensando allo studio domestico degli allievi in special modo se pendolari e ritenendo poco redditizie le ore pomeridiane, non frappongono particolari opposizioni aggiustando affannosamente e faticosamente il respiro della didattica su ore di durata inferiore a 60’;

-         ove, invece, l’orario settimanale di ordinamento è di 30 ore o addirittura minore, la risposta positiva alla riduzione dell’ora di lezione è sempre fornita a maggioranza per quieto vivere onde non incorrere nelle ire del dirigente scolastico, desideroso di ampliare con costi nulli il Piano dell’Offerta Formativa dell’Istituzione scolastica e spesso aiutato da un piccolo nucleo di docenti coinvolti nella gestione o portatori di altre attività oltre l’insegnamento, comunque non invise a chi dirige. Si aggiunga che, in questi tempi confusi per la scuola, la paura di “non essere scelti dall’utenza” è grande.

A proposito della “paura” c’è da chiosare: tranne il docente di materia professionale, un docente di qualsiasi altra disciplina non insegna mediamente la stessa con il medesimo valore aggiunto senza dipendere dal tipo di scuola in cui si trovi a insegnarla?

Come si può capire, non sono i docenti a chiedere la riduzione dell’ora di insegnamento ad unità minore di 60’ e nemmeno a formularne l’ipotesi di lavoro.

In base a questa prima disamina, non si capisce perché gli stessi debbano recuperare minuti di lezione non avendo mai richiesto o formulato ipotesi di tal genere. Anzi, avendo spesso subito l’imposizione di non potere svolgere l’ora di lezione di 60’.

 

La normativa dal punto di vista legislativo cita:

-         nell'art. 7, comma 2 punto b, del DLgs. n° 297 del 16.04.94 e relativi aggiornamenti, detto anche Testo Unico (T.U.), il Collegio dei docenti “formula proposte al preside (ora dirigente scolastico) … per la formulazione dell'orario delle lezioni … tenuto conto dei criteri generali indicati dal consiglio di circolo o d'istituto ";

-         nell'art. 10, comma 4, del citato T.U. il Consiglio di Istituto "indica … i criteri generali relativi ... all'adattamento dell'orario delle lezioni … alle condizioni ambientali …";

-         nell'art. 396, comma 2 punto d, del citato T.U. il Dirigente scolastico "procede … alla formulazione dell'orario, sulla base dei criteri generali stabiliti dal Consiglio di Istituto e delle proposte del Collegio dei docenti".

Quindi i livelli di responsabilità sono chiari: il Consiglio di Istituto (dove è presente il dirigente scolastico!) indica i criteri e li delibera con eventuali possibili correzioni di rotta; il Collegio dei docenti (dove è ancora presente il dirigente scolastico!) formula proposte; il Dirigente scolastico (dove è solo con se stesso ed il suo interesse) procede alla formulazione dell’orario delle lezioni.

Come si evince da quanto citato, il dirigente scolastico dovrebbe attuare delibere prese dagli Organi collegiali della scuola dove lo stesso dirigente è presente con grande abbondanza di tempo e di spazio, essendo uno e trino per “opera e virtù” della legge canonica dello Stato.

Questo in barba alla logica della autonomia delle scuole, ampiamente legiferata anche con successivi D.P.R. e Regolamenti attuativi pieni di “belle” parole.

I contratti dicono ( quanto sinteticamente citato dalla sindacalista nell’articolo):

-         il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del 24 luglio 2003 (CCNL/03), all'art. 26 comma 7, cita: “Al di fuori dei casi previsti dal comma successivo, qualunque riduzione della durata dell'unità oraria di lezione ne comporta il recupero nell’ambito delle attività didattiche programmate dall’istituzione scolastica. La relativa delibera viene assunta dal collegio dei docenti”;

-         lo stesso CCNL/03, all’art. 26 comma 8, riporta: "Per quanto attiene la riduzione dell'ora di lezione per cause di forza maggiore determinate da motivi estranei alla didattica, la materia resta regolata dalle circolari ministeriali n. 243 del 22.09.1979 e n.192 del 03.07.1980 nonché dalle ulteriori circolari in materia che le hanno confermate. La relativa delibera viene assunta dal consiglio di circolo o d’istituto";

-         le norme di interpretazione autentica, contenute nelle citate C.M. n° 243 del 22.09.79 e n° 192 del 3.07.80, riportano che, se "le concessioni di riduzioni di orario … corrispondano ad accertate esigenze sociali degli studenti, derivanti da insuperabili difficoltà dei trasporti …", per le stesse "… non è configurabile alcun obbligo per i docenti di recuperare le frazioni orarie oggetto di riduzione".

Come si vede, la normativa contrattuale e interpretata è chiara: non v’è alcun obbligo di recupero per accertate esigenze sociali degli studenti, derivanti da insuperabili difficoltà dei trasporti.

Allo stesso modo è chiara “la difficoltà del rientro pomeridiano per gli studenti provenienti dalla provincia”, come si evince dalle affermazioni degli stessi dirigenti scolastici riportate dal suo giornale (Tempi e FF. SS. permettendo o non).

Scuole, dove la presenza di studenti pendolari supera abbondantemente il 60-70% dell’utenza, credo che non abbiano scelta. Per questo, ci meraviglia moltissimo che si facciano 21 ore di 50 minuti o che si debba andare ad inutili contenziosi legali.

Peraltro, in scuole dove le ore di lezione settimanali di ordinamento sono 30 o addirittura meno, non si capisce perché non debbano attuarsi unità orarie di lezioni di 60’, visto che cinque ore al giorno permettono una gestione dell’orario dalle 8,00 alle 13,00 nel periodo antimeridiano senza nessun problema per chicchessia e con deciso miglioramento temporale della fruizione del servizio reso all’utenza secondo leggi e contratti.

Se la cosiddetta “scuola dell’autonomia” ha bisogno di risorse per attuare la cosiddetta “offerta formativa” delle scuole, il governo della Scuola pubblica statale non sproloqui su fantomatici miliardi di euro di investimenti che “ha disposto” per l’istruzione: li renda disponibili realmente; smetta di giocare con i minuti; dia un taglio “ai tagli sulla scuola” che sono ormai una costante; non chieda ai docenti “assistenza” ma “insegnamento”; non inganni l’utenza con la scuola-azienda.

È sicuramente una pessima scelta non curarsi e investire sulla preparazione culturale e professionale dei nostri giovani, futuro di questo paese.

Sulla reale formulazione degli orari per i docenti (ruolo, precari e supplenti), ricondotti ormai tutti a 18 ore in classe e problematici sia per la continuità dell’insegnamento reso all’utenza sia per le sostituzioni, ci sarebbe da aggiungere altro, ma il discorso, pur legato a quello appena dibattuto, ci porta su un altro tema. Cordiali saluti. 

Il coordinatore provinciale
(prof. Fulvio Vassallo)