Attività sportiva e responsabilità
dell'istituto scolastico.
di Avv. Febbo Giuseppe da
Filodiritto del
24/4//2007
La classica “partitina” durante l'ora di
educazione fisica? In caso di infortunio subito da un allievo, al
danno può aggiungersi la beffa
Nell'ipotesi in cui l'allievo, nel corso di incontro di calcio in
svolgimento durante l'ora di educazione fisica, subisca un infortunio
discendente da una propria condotta, impropriamente tenuta,
all'Istituto scolastico non è ascrivibile alcuna responsabilità
risarcitoria.
E' questo l'orientamento che la Corte di Cassazione, III Sez. Civile,
ha espresso nella recente sentenza n. 1197 del 19/01/2007.
La pronuncia in commento si inserisce nel novero di numerose altre
intervenute in tema specifico, tutte accomunate dall'inevitabile
richiamo alla disciplina fondamentale dettata dall'art. 2048, commi 2
e 3, c.c..
La norma prevede, infatti, che “I precettori e coloro che insegnano un
mestiere o un'arte, sono responsabili del danno cagionato dal fatto
illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la
loro vigilanza. Le persone indicate ... sono liberate dalla
responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il
fatto”.
Analizzando in breve il precetto normativo, emerge, preliminarmente,
come sulla scuola incomba un preciso obbligo di vigilanza, che deve
esprimersi in un'attività funzionalmente orientata e deputata al
mantenimento della disciplina della popolazione scolastica e, di
conseguenza, alla prevenzione di certuni atti e/o comportamenti da cui
possano discendere eventuali danni in seno a detta comunità.
L'obbligo de quo discende da un particolare rapporto giuridico,
comunemente individuato come contratto sociale; trattasi di un vincolo
negoziale che si instaura tra i soggetti esercenti la patria potestà
nei riguardi degli allievi e l'amministrazione scolastica, nel momento
in cui viene accolta la domanda di iscrizione presso un determinato
istituto.
Pertanto, proprio da quel momento, sull'ente pubblico incombe
l'obbligo di adottare ogni più opportuna misura di vigilanza in ordine
alla sicurezza e all'incolumità degli iscritti, per tutto il periodo
in cui questi usufruiscono delle prestazioni scolastiche.
In ipotesi contraria, al verificarsi di una danno di cui l'allievo
rimanga vittima, la scuola potrà incorrere nella responsabilità
civile, anche se, in relazione all'inquadramento giuridico di tale
addebito, la giurisprudenza non ha ancora assunto un orientamento
definitivo, oscillando tra la propensione a individuarvi, in un primo
momento, i tratti tipici della responsabilità extracontrattuale,
mentre, successivamente, di quella contrattuale.
Inoltre, la richiamata norma civilistica individua due specifici
ambiti entro cui la responsabilità in argomento può essere
circoscritta: uno, quale limite esterno, per così dire, costituito
dalla dimensione temporale dell'obbligo, l'altro, che potremmo
indicare quale limite interno, dall'impossibilità di impedire l'evento
dannoso.
Possiamo assumere, in definitiva, che la scuola sarà ritenuta diretta
responsabile dei danni subiti dall'allievo nel tempo in cui questi é
sottoposto alla sua vigilanza.
L'onere probatorio del danneggiato si esaurirà nella dimostrazione che
l'evento ha avuto luogo nel tempo in cui questi è rimasto affidato
alla scuola, atteso che tale circostanza è sufficiente a far presumere
la colpa dell'istituto, per inosservanza dello specifico obbligo di
cui sopra (c.d. culpa in vigilando).
La scuola, d'altra parte, potrà dimostrare di aver esercitato attività
di sorveglianza sugli allievi con diligenza idonea ad impedire il
fatto, ovvero correlata e esercitata secondo termini e modalità
proporzionali al grado di prevedibilità del fatto dannoso.
Infatti, non bisogna dimenticare che, ai fini della sussistenza della
responsabilità risarcitoria in capo all'ente scolastico, il fatto deve
essere prevedibile, posto che, ciò che è imprevedibile, per
definizione, non si può prevenire.
L'accertamento della prevedibilità in questione non potrà che essere
fondata sulla relativa ripetitività o ricorrenza statistica, della
quale andrà tenuto conto non in astratto, ma in relazione al
particolare ambiente “teatro” dell'evento dannoso; senza omettere,
peraltro, una valutazione in senso prospettico, per cui, certi
accadimenti, antecedentemente verificatisi in certe condizioni,
possono pacificamente ripetersi, sempre riproducendosi quelle medesime
condizioni.
La recentissima sentenza della S.C. (Cass. Civ., sez. III, n.
1197/07), che ha escluso la responsabilità dell'insegnate e della
scuola nei riguardi dell'allievo infortunatosi da se stesso, si rivela
di un certo interesse proprio per aver posto l'attenzione
sull'imprevedibilità dell'evento di danno.
In particolare -ha sostenuto la S.C.-, l'infortunio (frattura
dell'avambraccio) era stato conseguenza di un fatto accidentale,
determinato da un errato controllo del pallone da parte del giovane,
il quale inciampava su se stesso in un determinato frangente della
partita di calcio, senza che vi fosse contatto con altri competitori.
La difesa dell'allievo, invece, aveva sostenuto che il gioco del
calcio esulava dai programmi scolastici e costituiva, inoltre, uno
sport particolarmente pericoloso.
La Suprema Corte, al contrario, a fronte delle suddette doglianze,
rilevava, in primo luogo, che il calcio, come disciplina normalmente
praticata nelle scuole di tutti i livelli, costituisce attività di
agonismo non programmatico, finalizzato a dare esecuzione ad un
determinato esercizio fisico (dovendosi escludere, pertanto, qualunque
indagine volta a verificare se detta attività sportiva fosse
contemplata o meno nei programmi ministeriali); in via ulteriore, la
medesima S.C. osservava come, contrariamente a quanto invocato dal
danneggiato, nel gioco del calcio, quale attività sportiva che
privilegia l'aspetto ludico, non potesse essere rinvenuto alcun
profilo o elemento di pericolosità.
Alla luce di tali argomentazioni, dunque, veniva affermata sia la non
responsabilità dell'insegnante che quella dell'amministrazione
scolastica, atteso che non solo l'istituto aveva dimostrato di aver
esercitato una congrua attività di vigilanza ma anche, e soprattutto,
che l'incidente subito dall'allievo non poteva che essere ricondotto a
una sua scarsa accortezza, certamente impossibile da prevedere,
quindi, da prevenire, per repentinità e fatalità.
Senza considerare, inoltre, - ha fatto notare la Corte di Cassazione -
come, all'esito del componimento di un radicato e diffuso contrasto
giurisprudenziale da parte della S.C. a Sezioni Unite nell'anno 2002,
avuto specifico riguardo a fattispecie come quella in commento,
dovesse essere comunque esclusa l'applicabilità dell'art. 2048 c.c. la
cui disciplina è invocabile solo nel caso in cui il danno subito
dall'allievo consegua a un contatto fisico intervenuto con altri nel
corso dell'attività sportiva svolta in ambito scolastico.