La responsabilità disciplinare
A
cura del prof. Bartolo DANZI – Segretario Provinciale e Regionale
della Puglia Un comportamento antigiuridico del personale scolastico, come per tutti i dipendenti pubblici, comporta la sussistenza di una responsabilità disciplinare. Difatti, è noto che lo stesso comportamento imputabile al medesimo soggetto può cumulativamente o alternativamente avere natura oltre che di responsabilità disciplinare, di responsabilità penale e patrimoniale. Quella patrimoniale si distingue, a sua volta, in responsabilità civile, amministrativa e contabile. La responsabilità interna attinente al rapporto d’impiego è quella disciplinare che scaturisce da un carente o non funzionale rapporto di servizio o da una modalità di prestazione professionale non consona a quella a cui è tenuto il dipendente verso l’amministrazione scolastica-datore di lavoro. La responsabilità disciplinare trova il suo presupposto nel potere di supremazia gerarchica (c.d. potestà pubblica) dell’Amministrazione nei confronti dei suoi dipendenti, finalizzata al soddisfacimento delle finalità istituzionali che la stessa P.A. è tenuta a perseguire. Il dipendente, dunque, è tenuto allo scrupoloso rispetto del codice disciplinare (insieme di norme comportamentali) che regolano il suo rapporto di lavoro. La violazione e/o inosservanza di tali norme comporta la responsabilità disciplinare che comunque può sussistere anche in assenza di rilevanza penale (cfr. TAR Veneto dec.25.2.1985 n. 289) o di uno specifico danno dalla P.A. o a terzi. La rilevazione della inosservanza del dovere d’ufficio come definita dall’art. 87 D.P.R. n.3/57 soggiace ad un ampio potere discrezionale nel suo apprezzamento da parte datoriale riconducibili alla natura della funzione svolta, alle circostanze di tempo e di luogo, alle esigenze di servizio. Quindi nullum cimen sine lege non è applicabile quale principio al potere disciplinare che opera anche in assenza di una legge o di un regolamento. Come affermato dal Santi Romano la punibilità disciplinare si configurerebbe ogni qualvolta il dipendente viene meno ai propri doveri di ufficio nell’instaurato rapporto di gerarchia. Tali doveri devono comunque discendere da uno status di dipendente in servizio presso l’Ente pubblico. Appare evidente come una contestazione su presunte mancanze verificatosi al di fuori dell’orario di servizio ordinario , non sia punibile disciplinarmente, non sussistendo in quel momento alcun rapporto di subordinazione o di dipendenza . I comportamenti costitutivi della mancanza disciplinare sono quelli omissivi e commissivi a cui deriva la lesione dell’interesse datoriale non esattamente quantificabile sul piano patrimoniale, della colpevolezza ed illegittimità. Il turbamento del normale servizio di per sé è idoneo a qualificare una anomalia del rapporto di servizio che riverbera sull’interesse dell’ amministrazione scolastica. E’ antigiuridico il comportamento che lede la fedeltà, la subordinazione e la legittimità. Le cause di forza maggiore, lo stato di necessità e l’esercizio di un diritto costituiscono una scriminante della responsabilità disciplinare. A tal proposito viene subito in rilievo la rimostranza che costituisce atto riconosciuto al pubblico dipendente in forza dell’art. 17 del D.P.R. n. 3/57. Essa consiste nel formulare proposte al superiore gerarchico in relazione ad un ordine di servizio o determinazioni che si reputino palesemente illegittime. L’esercizio del diritto di rimostranza non integra mancanza disciplinare . Difatti perché vi sia responsabilità disciplinare occorre che nell’autore dell’infrazione vi sia la volontà e la consapevolezza dell’azione o dell’omissione. In caso contrario deve esser esclusa qualunque responsabilità disciplinare. Non significa che però di volta in volta debba essere accertata la consapevolezza da parte del dipendente di aver posto in essere un comportamento rilevante sul piano disciplinare, ma che almeno, tale condotta sia a lui imputabile. Con la contrattualizzazione del rapporto di impiego pubblico di cui al D,lgs 29/93 oggi D.lgs 165/01 e successive modificazioni ed integrazioni, nell’ambito dell’evoluzione di un rapporto d’impiego sul piano paritario tra le parti , la materia disciplinare ha subito gradatamente una evoluzione ed una profonda trasformazione attraverso l’avvento della contrattazione collettiva, secondo le prescrizioni della legge delega 23.10.1992 n.421 e dello stesso D.lgs n. 29/93. A mente della citata Legge delega la tipologia delle infrazioni disciplinari e le relative sanzioni , poiché attendono ai doveri del dipendente, nell’ambito della gestione del rapporto di lavoro, sono disciplinate dal diritto civile e determinate mediante i contratti collettivi nazionali e le relative controversie affidate al giudice ordinario del lavoro. Le tipologie ed entità delle infrazioni possono esser determinate dai singoli comparti di contrattazione e definiti dai contratti collettivi (cfr. art. 575 T.U.) . |