La pensione per la classe ''1952''
e il lasciapassare per le donne

Giovanni Sicali AetnaNet 5.1.2012

AVVISO AI NAVIGANTI di QUESTO SITO

Il vecchio prof ben volentieri segue con passione ed accanimento gli sviluppi della normativa pensionistica per chiarire a sè e per i lettori, soprattutto colleghi o lavoratori della conoscenza, ogni risvolto dell’art. 24 della riforma Fornero-Monti. Le risposte ai molti quesiti personali sono da intendere come problemi comuni e perciò presi in considerazione. Il sito consorziale aetnanet non si può sostituire assolutamente ai sindacati (tutti indistintamente e agli uffici pensionistici competenti sia pubblici che privati). Sono comunque grato per l’entusiasmo dimostrato da parte di quanti seguono su queste pagine gli aggiornamenti normativi.

Giovanni Sicali.

 

Quel lasciapassare per le donne

A decorrere dal 1° gennaio 2010, il requisito anagrafico era di 61 anni e poi sarebbe stato incrementato fino al 2018 per arrivare a 65 anni. Poi, dopo le critiche dell'Unione Europea, la cosiddetta manovra d'estate (legge n. 122/2010) ha deciso di elevare di un sol colpo l'età a 65 anni a partire già dal 2012. Quindi i diritti acquisiti prima della monti si intendono: per le dipendenti del pubblico impiego, 61 anni entro il 2011.

Un segnale di riguardo verso le donne con alle spalle un lungo percorso lavorativo l’aveva dato la riforma Maroni del 2004. Il decreto Monti ne ha confermato i contenuti.

Resta la magra consolazione per le donne dipendenti, di uscire (fino al 2015) con la legge sperimentale 243/2004, che Monti (art. 24 c.14) non ha abrogato. In questo caso devono avere almeno 57 di età e almeno 35 di contributi. Ed inoltre devono accettare il solo sistema contributivo per il calcolo della pensione, (meno vantaggioso del retributivo riferito agli stipendi degli ultimi anni, con una perdita in termini di pensione stimabile in misura pari a circa il 20-25%). Occorre fare bene i calcoli personali. E serenamente decidere. Finora la riduzione dell’importo dell’assegno ha però convinto molte lavoratrici a non cogliere l’opportunità di anticipare il pensionamento. Non valeva la pena di rinunciare al 20-25% per anticipare di un paio d’anni il ritiro dall’attività. Ora, però, con la Monti, dopo la soppressione delle “quote” (che consentivano comunque l’assegno pieno dell’Inps a 60 anni, le cose sono radicalmente cambiate. Per ottenere la pensione prima dell’età di vecchiaia (62 anni dal 12) occorre cumulare almeno 41 anni di contribuzioni. A questo punto la possibilità di lasciare a 57 anni (58 se autonome) va valutata con più attenzione.

 

La pensione per i nati nel 1952. (Pubblico impiego escluso). Ma sono dolori.

E’ arrivata la ciambella di salvataggio per i nati del 52, la classe di età maggiormente stangata dalla riforma. Andranno in pensione con un ritardo di 4 anni anziché 6, come previsto dalla prima bozza.

Dice il Comma 15 - bis. In via eccezionale per i lavoratori dipendenti del settore privato le cui pensioni sono liquidate a carico dell'assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive della medesima:
a) i lavoratori che abbiano maturato un'anzianità contributiva di almeno 35 anni entro il 31 dicembre 2012 i quali avrebbero maturato, prima della data di entrata in vigore del presente decreto, i requisiti per il trattamento pensionistico entro il 31 dicembre 2012 ai sensi della Tabella B allegata alla legge 23 agosto 2004, n. 243, e successive modificazioni, possono conseguire il trattamento della pensione anticipata al compimento di un'età anagrafica non inferiore a 64 anni; b) le lavoratrici possono conseguire il trattamento di vecchiaia oltre che, se più favorevole, ai sensi del comma 6, lettera a), con un'età anagrafica non inferiore a 64 anni qualora maturino entro il 31 dicembre 2012 un'anzianità contributiva di almeno 20 anni e alla medesima data conseguano un'età anagrafica di almeno 60 anni.

Per le lavoratrici quindi (ma non del pubblico impiego od autonome!) in via del tutto eccezionale sono state introdotte due nuove vie di uscita dalla pesante stretta pensionistica che li ha coinvolti. Entrambe riguardano soltanto i lavoratori dipendenti del settore privato. Sono quindi esclusi gli autonomi e i dipendenti pubblici.

A) La prima interessa tutti coloro che sarebbero andati in pensione quest’anno avvalendosi della quota 96 (= come minimo 35 di contributi + l’età anagrafica). Le quote sono state abolite ed è stata introdotta un’unica possibilità di pensionamento anticipato: 42 anni e 1 mese nel 2012 (requisito che sale negli anni); ciò determinava un’attesa di 6-7 anni per arrivare al nuovo massimo di 42 anni, in alternativa all’accesso della pensione di vecchiaia. Il testo definitivo del provvedimento Monti prevede una terza opzione: il conseguimento della pensione anticipata al compimento di almeno 64 anni di età.

B) La seconda via di uscita interessa solo le donne lavoratrici, quelle che sarebbero andate in pensione il prossimo anno maturando 20 anni di contributi e 60 anni di età (classe 52) e che, invece, per via delle nuove regole avrebbero dovuto aspettare ben sei anni. La modifica proposta dal Governo ha corretto il tiro consentendo anche a loro di andare in pensione al compimento del 64° anno di età:

 

Tabella età pensionabile lavoratrici dipendenti da privati nate nel 1952
(Non per il pubblico impiego o autonome)

Nel 2012: Età pensionabile + aumento aspettativa di vita = 62 anni

Nel 2013: Età pensionabile + aumento aspettativa di vita = 62 anni e 3 mesi

Nel 2014: Età pensionabile + aumento aspettativa di vita = 62 anni 63 anni e 9 mesi

Nel 2015: Età pensionabile + aumento aspettativa di vita = 63 anni e 9 mesi
(Potranno andare in pensione soltanto le lavoratrici che sono nate nei primi tre mesi del 1952)

Nel 2016: Età pensionabile + aumento aspettativa di vita = 65 anni e 7 mesi
(Mentre per le nate negli altri mesi il diritto alla pensione di vecchiaia sarà raggiunto soltanto a 64 anni e sempreché nel 2012 sia stato raggiunto anche il requisito di 20 anni di contribuzione)

Nel 2017: Età pensionabile + aumento aspettativa di vita = 65 anni 65 anni e 7 mesi

Nel 2018: Età pensionabile + aumento aspettativa di vita = 66 anni e 7 mesi
(Nel caso in cui il requisito contributivo di 20 anni non sia stato raggiunto nel 2012, le lavoratrici andranno in pensione nel 2018, se nate nei mesi di aprile e maggio 1952, nel 2019 se nate da giugno a dicembre 1952)

Nel 2019: Età pensionabile + aumento aspettativa di vita = 67 anni 66 anni e 11 mesi

(Fonti: Corriere della Sera e CGIL)

A cura di Giovanni Sicali
redazione@aetnanet.org


P.S.
Ma perché le lavoratrici del pubblico impiego devono essere trattenute di più in servizio rispetto alle colleghe dipendenti da privati? L’Art. 3 della Costituzione è stato per caso modificato?