. IL DIRITTO ALLA SALUTE PREVALE SULL’OBBLIGO DI RESTARE A CASA NELLE ORE DELLA “FASCIA DI CONTROLLO”. L’allontanamento può essere giustificato da esigenze terapeutiche (Cassazione Sezione Lavoro n. 22065 del 23 novembre 2004, Pres. Senese, Rel. De Matteis).
da Legge e Giustizia, novembre 2004
Maria Rita C., lavoratrice subordinata, ha subito, alla fine dell’ottobre 1995, un intervento chirurgico di safenectomia. All’inizio del dicembre 1995, mentre era assente per malattia, ella ha chiesto al medico di fiducia che l’aveva operata la prevista visita di controllo. Il medico le ha dato appuntamento a tal fine per il giorno 7 dicembre alle 16. La lavoratrice si è sottoposta alla visita, ma sia perché ha dovuto attendere, sia perché lo studio del medico era distante oltre 30 chilometri, ella è rientrata a casa alle 18, assentandosi pertanto dal domicilio nelle ore delle c.d. “fascia di controllo” (dalle 17 alle 19) riservata agli accertamenti dell’INPS. Poiché il medico incaricato del controllo non l’ha trovata in casa, l’INPS le ha negato l’indennità economica di malattia. Nel giudizio che ne è seguito, il Pretore di Ascoli Piceno ha dato ragione all’INPS, osservando che la lavoratrice, considerata l’ora della visita e la distanza dello studio del suo medico di fiducia, ha in sostanza accettato il rischio di non essere presente presso la propria abitazione al momento delle visite di controllo INPS. Il Pretore ha inoltre rilevato che non risultava che la lavoratrice si fosse adoperata per ricercare altri medici specialisti in grado di visitarla in orario compatibile con la fascia di controllo ovvero che la necessità della visita del 7 dicembre fosse sorta improvvisamente. La Corte di Appello ha confermato questa decisione. Maria Rita C. ha proposto ricorso per cassazione censurando la sentenza della Corte di Appello per difetto di motivazione e violazione di legge. La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 22065 del 23 novembre 2004, Pres. Senese, Rel. De Matteis) ha accolto il ricorso, richiamando la sua costante giurisprudenza secondo cui “l’assenza alla visita di controllo, per non essere sanzionata dalla perdita del trattamento economico di malattia ai sensi dell’art. 5, comma 14, del D.L. n. 463 del 1983, convertito nella legge n. 638 del 1983, può essere giustificata oltre che dal caso di forza maggiore, da ogni situazione, la quale, ancorché non insuperabile e nemmeno tale da determinare, ove non osservata, la lesione di beni primari, abbia reso indifferibile altrove la presenza personale dell’assicurato, come la concomitanza di visite mediche, prestazioni sanitarie o accertamenti specialistici, purché il lavoratore dimostri l’impossibilità di effettuare tali visite in orario diverso da quello corrispondente alle fasce orarie di reperibilità”. Il bene della salute – ha osservato la Corte – è tutelato dall’art. 32 della Costituzione non solo come interesse della collettività, ma anche e soprattutto come diritto fondamentale dell’individuo, sicché si configura come diritto primario e assoluto; in conformità con il precetto costituzionale l’ordinamento statuale garantisce la libertà di scelta del medico (art. 25, L. 23 dicembre 1978 n. 833, art. 88, D.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124). Risulta gravemente erronea, in quanto costituisce capovolgimento della gerarchia dei valori protetti – ha aggiunto la Cassazione – l’affermazione del primo giudice, la cui motivazione il giudice di appello condivide, secondo cui la lavoratrice avrebbe dovuto farsi seguire non dal medico specialista prescelto, ma da uno qualsiasi prossimo alla propria abitazione, in modo da potere essere reperibile nelle fasce orarie, così attribuendo a tale funzione una posizione prioritaria rispetto alla cura della salute. La sentenza impugnata è afflitta poi da varie contraddizioni ed illogicità: omette di considerare che la visita dal medico di fiducia era stata fissata fuori dalle fasce orarie, addebita illogicamente all’assistita il ritardo dovuto agli impegni del medico; cade poi in contraddizione, quando ripete, con il primo giudice, che la Maria Rita. C., scegliendo un medico lontano 30 Km dalla propria abitazione, aveva assunto il rischio del ritardo o dell’assenza alla visita fiscale, in quanto la stessa sentenza riferisce che la Maria Rita C. si era premurata di far presente ad una precedente visita di controllo (positiva) la sua esigenza di continui controlli presso il proprio medico, ricevendone risposta rassicurante. Non considera poi la sentenza impugnata – ha osservato la Corte – se, date le fasce orarie (10-12 e 17-19), dati i tempi di percorrenza e di attesa nell’ambulatorio privato, dati gli orari consueti dei medici privati e quelli specifici dello specialista prescelto, dati i possibili contrattempi evocati dallo stesso giudice del merito, fosse stato possibile fissare siffatta visita privata in modo da non interferire con le fasce; infine, posto che la visita fiscale può essere effettuata in qualsiasi giorno del periodo di assenza per malattia, se corrisponde a un criterio logico l’affermazione che il lavoratore avrebbe potuto differire la visita del medico di fiducia ad altro giorno dello stesso periodo di malattia. La Cassazione ha rinviato la causa, per nuovo esame alla Corte di Appello di Bologna. |