Scuola italiana e diritti negati. (Il testo integrale della sentenza) dalla Gilda di Foggia, 25 luglio 2005
Anche i diritti elementari della trasparenza e dell’accesso agli atti nella scuola italiana possono essere negati. C’è voluta una sentenza del Consiglio di Stato per ripristinare una situazione di legalità e consentire ad un docente di poter prendere visione dei documenti della sua scuola. E’ accaduto in provincia di Foggia, dove un insegnante (e in quanto tale componente di diritto del Collegio dei Docenti), componente altresì eletto del Consiglio di Istituto ed RSU Gilda della scuola, si è visto rifiutare l’accesso ai documenti degli Organi Collegiali di cui fa parte. L’interdizione è venuta prima dal Dirigente Scolastico e successivamente addirittura dal Tar Puglia, secondo il quale il suddetto collega “non aveva un interesse legittimo” a prendere visione degli atti documentali degli organi della scuola. Ma se un docente non ha diritto di consultare tali atti, allora chi altro può avere legittimamente tale interesse? Siamo, ed è di tutta evidenza, di fronte ad una situazione paradossale. L’accesso agli atti e ai documenti di un Organo Collegiale della Pubblica Amministrazione appartiene ad una giurisprudenza elementare, potremmo dire addirittura ad un costume consolidato ovunque. Ma ciò che è pacifico ovunque non lo è affatto nella scuola italiana: non si creda infatti che l’episodio di diniego accaduto in Puglia sia isolato, ne accadono quotidianamente ovunque e il ricorso alla legge non sempre riesce a ripristinare i principi di trasparenza e di legalità. Quindi la sentenza del Consiglio di Stato che sancisce ciò che era “ovvio” è tanto più straordinaria in quanto deve intervenire per riconoscerlo e deve “ordinare” l’esercizio di un diritto negato e l’obbligo di gestire una scuola all’insegna della trasparenza e del buon andamento ed affermare che ad esso tutti concorrono, anche attraverso la verifica della correttezza amministrativa. Ma l’episodio appare tanto più grave perché segna, ove ve ne fosse ancora bisogno, la gravissima carenza di preparazione giuridica e amministrativa dei Dirigenti scolastici da un lato e i guasti di un’autonomia all’impronta della deregulation e del “fai da te”. Ma soprattutto manca nelle scuole una cultura dell’amministrazione aperta e trasparente, capace di gestire le relazioni umane e le risorse con un atteggiamento non proprietario, esclusivo ed escludente, ma in grado di favorire partecipazione, democrazia e trasparenza. E’ tempo che l’Amministrazione centrale intervenga, come andiamo chiedendo da tempo, per rimuovere le situazioni più gravi e per promuovere rapidamente percorsi obbligatori di formazione in servizio per i propri dirigenti, affinché adottino una cultura gestionale diversa capace di rifuggire dal contenzioso. Se ciò non accadrà le situazioni di conflitto nelle scuole continueranno a crescere autoalimentandosi a detrimento dell’efficacia e della qualità del sistema. Non vorremmo che dietro i comportamenti di molti dirigenti scolastici e la crescita della conflittualità e del contenzioso si celassero ambigui progetti volti all’eliminazione definitiva degli organi collegiali e della cultura partecipativa, espropriando definitivamente i docenti del diritto di partecipare con pienezza al governo delle scuole.
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