UNAMS-Scuola della Regione Puglia

La contestazione disciplinare non è valida

se non contiene l'assegnazione del termine entro cui

l'incolpato deve presentare per iscritto le discolpe.

Profili di nullità del procedimento disciplinare.

Prof. Bartolo Danzi   - Segretario provinciale dell'UNAMS-Scuola Puglia del 25/4/2006

 

E' di tutta evidenza come la contestazione di addebiti deve essere fatta per iscritto: l'art. 7 comma 2 della L. 300/70, e l'art. 55 del D.lgs 165/01 prescrivono che il datore di lavoro non possa adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l'addebito per iscritto (e senza averlo sentito a sua difesa).

Essa deve riguardare le specifiche mancanze che si ritengono imputabili al dipendente. Tale atto di contestazione degli addebiti deve contenere il temine assegnato all'incolpato per la presentazione, per iscritto, delle proprie discolpe (giurisprudenza costante).

L'incolpato può anche "rinunciare al termine, purchè lo dichiari espressamente per iscritto" (Cfr. art. 105 n. 3/57 - Cons. di Stato sez. 6, 17 ottobre 1962 n. 665).

In caso di procedimento abbreviato, come nella specie (per lievità delle mancanze), attivato dal Dirigente scolastico (irrogazione avvertimento scritto) o attivato dal Dirigente del CSA (irrogazione censura), infatti, l'art.101 del D.P.R. 3/1957 dispone che l'addebito deve essere contestato per iscritto "assegnando all'impiegato un termine non maggiore di dieci giorni per presentare, per iscritto, le prorpie giustificazioni".

Pertanto se tale termine "che deve essere assegnato dall'amministrazione all'impiegato per produrre controddeduzioni" (cfr. C. Stato sez. IV 5.10.2004 n. 6490) non viene fissato nella contestazione, il dipendente risulta sempre legittimato a produrre le proprie discolpe, con il conseguente effetto che il datore di lavoro non possa irrogare la sanzione se non sia ancora decorso tale termine.

Infatti, "il carattere recettizio dell'atto di contestazione degli addebiti, nel procedimento disciplinare, discende dalla sua funzione specifica, che è quella di instaurare il contraddittorio, in modo da porre l'inquisito in grado di difendersi, e di far decorrere il termine per la presentazione delle giustificazioni" (cfr. T.A.R. Campania, dec. 19 Ottobre 1976 n.588 - in Rass. T.A.R. 1976, 12°, 4008).

Quindi, l'amministrazione, dopo aver assegnato al dipendente il termine per le discolpe nella contestazione,  ha prima il dovere di valutarle, in quanto  tale esame potrebbe comportare una diversa qualificazione delle mancanze, variarne il numero e, al limite, determinare addirittura l'archiviazione degli atti istruttori (cfr. Consiglio di Stato VI sez. 28 Settembre 1960 n. 693).

La Suprema Corte ha stabilito a tal proposito che "una volta che il lavoratore abbia presentato le proprie difese, il datore di lavoro può irrogare la sanzione senza attendere il decorso integrale del predetto termine." (Cass. 7/5/2003 n. 6900, Pres. Olla, Est. Miani Canevari, in D&L 2003, 726, con nota di Roberto Muggia, "Termine finale e possibilità di difesa")

La dottrina ha evidenziato come la ratio della previa contestazione dell'addebito sia quella di consentire al dipendente incolpato di indicare per iscritto le sue giustificazioni.

Tale forma scritta della contestazione è prevista ad substantiam (Cass. 24 maggio 1984, n.3209; Cass. 1° giugno 1988, n.3716), con  la conseguenza che il mancato rispetto della forma (tra cui la mancata assegnazione al dipendente dei termini per le discolpe per iscritto) comporta l'inidoneità della previa contestazione ad operare come necessario antecedente  dell'irrogazione della sanzione e vizia quest'ultima di nullità, per mancata decorrenza dei termini per le discolpe.