Congedi ai figli di persone con grave handicap: Sentenza della Consulta

di Carlo Giacobini, Handy Lex 30.1.2009

Per la terza volta la Consulta entra nel merito della legittimità costituzionale dell’articolo 42, comma 5, del Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151, quello che prevedeva la concessione dei congedi lavorativi retribuiti biennali, inizialmente, ai soli genitori che assistano figli con handicap grave o, dopo la loro scomparsa, ai fratelli o alle sorelle conviventi con la persona disabile.

Le precedenti Sentenze

La Corte Costituzionale, rispondendo a dubbi di legittimità sollevati da altrettanti Tribunali, ha dapprima stabilito che i congedi spettano ai fratelli o alle sorelle conviventi anche nel caso in cui i genitori siano essi stessi inabili e, quindi, non in grado di assistere il figlio con handicap (Sentenza 8 giugno 2005, n. 233).

Successivamente (Sentenza 18 aprile 2007, n. 158) ha dichiarato illegittima la norma nella parte in cui non prevede la concessione del congedo biennale al lavoratore che assista il coniuge con handicap grave. Quindi i congedi spettano anche il coniuge.

L’ultima sentenza

Ora, con la Sentenza n. 19 del 26 gennaio 2009, la Corte si pronuncia sul dubbio di legittimità costituzionale sollevato dal Tribunale di Tivoli (Ordinanza 26 marzo 2008) rispetto all’esclusione dalla concessione dei congedi lavorativi biennali retribuiti ai figli che assistano il genitore con handicap grave (art. 3 comma 3, Legge 104/1992).

Nella Sentenza, la Corte rileva che «La disposizione censurata, omettendo di prevedere tra i beneficiari del congedo straordinario retribuito il figlio convivente, anche qualora questi sia l'unico soggetto in grado di provvedere all'assistenza della persona affetta da handicap grave, viola gli artt. 2, 3 e 32 Cost., ponendosi in contrasto con la ratio dell'istituto. Questa, infatti, come sopra evidenziato, consiste essenzialmente nel favorire l'assistenza al disabile grave in ambito familiare e nell'assicurare continuità nelle cure e nell'assistenza, al fine di evitare lacune nella tutela della salute psico-fisica dello stesso, e ciò a prescindere dall'età e dalla condizione di figlio di quest'ultimo».

Certezze e dubbi applicativi

La Corte dichiara quindi l’illegittimità costituzionale dell’articolo 42, comma 5, del Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151 «nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto il figlio convivente, in assenza di altri soggetti idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave.»

Pertanto, dopo la Sentenza citata anche i lavoratori che assistono il genitore con handicap grave, finora esclusi dal beneficio, hanno diritto a richiedere la concessione dei due anni di congedo retribuito.

Dalla Sentenza emergono chiare due condizioni per questa concessione. La prima: l’effettiva convivenza con il genitore da assistere. La seconda: l’assenza di altre persone «idonee» a prendersi cure del genitore disabile grave.

La Consulta non precisa cosa significhi «idonee», il che lascia aperti dubbi interpretativi che potrebbero essere interpretati in modo restrittivo dagli Istituti previdenziali o dalle aziende e, quindi, ingenerare contenziosi.

Rimangono esclusi dal beneficio i lavoratori che, pur assitendo un familiare con handicap grave e convivano con questi, non siano genitori, coniugi, fratelli o sorelle, o figli. Ad esempio, nipoti, cugini, generi non possono richiedere la concessione dei due anni di permesso retribuito.

Che fare?

Il lavoratore che si trovi nelle situazioni descritte dalla Sentenza 19/2009, ha già da ora diritto al congedo biennale (anche frazionabile) retribuito.

Può richiedere la concessione di questo congedo seguendo lo stesso iter già previsto per gli altri titolari del beneficio (genitori, coniuge, fratelli e sorelle). Verosimilmente nell’immediato riceverà un diniego dall’Istituto previdenziale di riferimento o dall’azienda (sopratutto se pubblica), motivato dall’assenza di disposizioni applicative.
Il lavoratore, in questo caso, può avviare, supportato da un patronato sindacale, un contenzioso con l’azienda, valutando l’ipotesi di una diffida o di una denuncia che avrebbe esiti senza dubbio favorevoli al ricorrente.

In alternativa può scegliere di attendere (ci potrebbe volere qualche mese) l’emanazione di disposizioni applicative da parte degli Istituti previdenziali ed altre autorità ministeriali.

 

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