Corte di Cassazione – Sentenza n. 4660/2008.
LETTORI DI MADRELINGUA.
di Anna Teresa Paciotti da
Studio Legale LAW del
27.2.2008
Con la Sentenza n. 4660/2008, la Corte di
Cassazione si è pronunciata in merito al ricorso promosso da un
gruppo di lettori di madrelingua, in servizio presso l’Università di
Verona, ai quali era stato riconosciuta la natura subordinata del
loro rapporto di lavoro e il diritto al trattamento economico pari a
quello iniziale del professore associato a tempo definito. Avendo
avuti riconosciuti tali diritti, i docenti chiedevano, con ricorso
al Tribunale di Verona, aveva loro chiedevano il riconoscimento
delle differenze retributive e degli scatti di anzianità. Il
Tribunale riconosceva le differenze retributive e gli scatti di
anzianità dal febbraio 1993 all'ingresso della L. n. 236 del 1995,
con gli accessori di legge. Proponendo appello averso tale
statuizione, i docenti chiedevano che le loro spettanze fossero
ricalcolate tenendo conto anche delle "classi stipendiali",
contestandoil mancato riconoscimento delle differenze dovute a
titolo di accessori nonché il criterio di calcolo di interessi e
rivalutazione. Ma La Corte Territoriale respingeva l’appello
ritenendo, tra l’altro, condivisibile la giurisprudenza per cui gli
interessi devono essere calcolati sulle somme non rivalutate.
Avverso la sentenza di appello, i docenti hanno proposto ricorso per
Cassazione affidato a ben dieci motivi, dei quali la Suprema Corte
ha ritenuto fondato solo il motivo con il quale i ricorrenti hanno
censurato la sentenza afferma gli interessi andavano calcolati sulle
somme non rivalutate. Infatti la Corte ha dichiarato che il divieto
di cumulo previsto dalla Legge 23 dicembre 1994, n. 724 è limitato
al periodo successivo al 31 dicembre 1994. In ordine al periodo
precedente, spettano gli interessi sulle somme man mano rivalutate.
Per tale motivo la Corte ha condannato l’Università a pagare ai
ricorrenti le somme riconosciute dalla sentenza impugnata,
calcolando, in relazione al periodo anteriore al 1 gennaio 1995, gli
interessi sulle somme dovute in capitale, man mano rivalutate.
Cass. civ. Sez. lavoro, 22-02-2008, n. 4670
Svolgimento del processo
Con sentenza del Pretore di Verona (poi Tribunale di Venezia in
appello e poi Cass. Sez. Un. 3932 del 1990), quattordici lettori di
madrelingua straniera, in servizio presso l'UNIVERSITA' DEGLI STUDI
DI VERONA, avevano ottenuto il riconoscimento della natura
subordinata del loro rapporto di lavoro e del diritto al trattamento
economico pari a quello iniziale del professore associato a tempo
definito.
Avendo poi adito (per le conseguenti spettanze) il Tribunale di
Verona quale giudice del lavoro in prima istanza, essi con separati
pur contestuali ed analoghi ricorsi avevano proposto appello avverso
le relative sentenze con le quali il Tribunale aveva loro
riconosciuto solo le differenze retributive e gli scatti di
anzianità dal febbraio 1993 all'ingresso della L. n. 236 del 1995,
con gli accessori di legge.
Con questa impugnazione essi avevano chiesto che le loro spettanze
fossero ricalcolate tenendo conto anche delle "classi stipendiali"
(come previsto dal D.P.R. n. 382 del 1980, art. 36); avevano inoltre
contestato il mancato riconoscimento delle differenze dovute a
titolo di accessori nonché il criterio di calcolo di interessi e
rivalutazione e la compensazione delle spese.
Incidentale impugnazione aveva proposto l'UNIVERSITA', la quale,
osservando che la L. n. 236 del 1995 aveva convertito pregresse non
convertite norme conservando i relativi effetti, aveva dedotto che
gli scatti di anzianità riconosciuti ai lettori dovevano essere
limitati non al maggio 1995 (come affermato nella sentenza
impugnata), bensì al gennaio 1994 (in cui il primo Decreto legge non
convertito era entrato in vigore, conservato da successiva efficace
norma).
Con sentenza del 25 maggio 2004 la Corte d'Appello di Venezia
respinse l'impugnazione principale, e, accogliendo quella
incidentale, limitò il riconoscimento degli scatti al dicembre 1993,
condannò i lettori alla restituzione delle somme percepite, e
compensò le spese del giudizio.
Premette il giudicante che la natura subordinata ed a tempo
indeterminato del rapporto (e fin dall'assunzione) è incontroversa.
Controversa è in primo luogo la struttura della retribuzione, ed in
particolare la spettanza delle "classi stipendiali" previste per gli
associati, ai quali la posizione dei ricorrenti è stata equiparata.
Afferma il giudicante che la domanda dei ricorrenti avente per
oggetto questa particolare componente retributiva è infondata, sulla
base di alcune argomentazioni: a. la sentenza pretorile (analizzata
nella motivazione e nel dispositivo) fa riferimento al "diritto agli
scatti di anzianità relativi al trattamento economico del professore
associato", e non aggiunge alcuna espressione riferibile anche alle
classi stipendiali; b. la decisione è peraltro "in perfetta aderenza
alle conclusioni formulate dai ricorrenti in quella sede"; c.
d'altro canto, le classi stipendiali, anche se costituiscono una
componente della struttura retributiva degli associati, sono
riconosciute, non automaticamente con il decorso del tempo (come gli
scatti), bensì in presenza di alcuni presupposti (la nomina ad
ordinario, dopo un triennio dalla nomina a professore
straordinario), e previa verifica dell'attività didattica e di
ricerca svolta; d. la sentenza della Corte di giustizia 26 giugno
2001 n. 212, invocata dai ricorrenti, comporta alcuni effetti (fin
dal suo inizio, il rapporto assume natura subordinata ed a tempo
indeterminato) che nel caso in esame sono stati riconosciuti; e. la
salvezza dei "diritti quesiti", prevista dalla L. n. 236 del 1995,
art. 4, comma 3, non può essere fondamento della pretesa dei
ricorrenti, in quanto la Legge "non poteva considerare quesiti
diritti che sarebbero maturati solo in prosieguo, con il decorso del
tempo"; l'equiparazione del trattamento economico dei lettori a
quello degli associati non si riferisce alle componenti della
retribuzione connesse a requisiti individuali da verificare caso per
caso; f. la predetta Legge ha poi demandato alla norma collettiva la
dettagliata regolamentazione economica dell'anzianità acquisita:
ciò è avvenuto con il Contratto integrativo di ateneo del 3 ottobre
2001, che prevede un trattamento di anzianità proporzionato al
periodo di servizio prestato dall'assunzione.
La sentenza aveva poi disposto che gli scatti di anzianità erano
temporalmente limitati al 21 giugno 1995, data di pubblicazione
della L. n. 236 del 1995; e questo particolare aspetto della
decisione era stato oggetto del ricorso principale, e,
simmetricamente, del ricorso incidentale.
Afferma il giudicante che il diritto al trattamento economico è
stato poi disciplinato dalla L. n. 236 del 1995 che ha ridefinito
gli aspetti giuridici ed economici del rapporto. Questo nuovo
elemento non è tuttavia intervenuto con l'indicata Legge, bensì con
il Decreto legge che nella Legge ha trovato conversione: la
limitazione è pertanto intervenuta nel gennaio 1994. A questa data è
da fissare il limite degli scatti di anzianità.
In ordine agli accessori di legge, poiché la sentenza della Corte
costituzionale n. 459 del 2000 aveva dichiarato che l'illegittimità
della L. n. 724 del 1994, art. 22, sul divieto di cumulo di
rivalutazione ed interessi è applicabile solo ai rapporti di lavoro
intercorsi con i privati e non con i dipendenti di pubbliche
amministrazioni, il motivo di impugnazione, con cui si invocava
questo cumulo, è infondato. Ed è condivisibile la giurisprudenza per
cui gli interessi devono essere calcolati sulle somme non
rivalutate.
Per la cassazione di questa sentenza gli iniziali ricorrenti
propongono ricorso, articolato in 8 motivi; l'UNIVERSITA' DEGLI
STUDI DI VERONA non si è costituita in giudizio.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo, denunciando per l'art.
360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5, violazione degli artt. 2909, 2070 e
1372 e segg. cod. civ., degli artt. 11 e 15 preleggi, della L. 18
aprile 1962, n. 230, artt. 1 e 2 e del D.L. n. 120 del 1995, art. 4
(in L. n. 236 del 1995) nonché illogicità e contraddittorietà della
motivazione, i ricorrenti sostengono che: 1.a. la L. n. 236 del 1995
nulla dispone con riferimento al trattamento stipendiale degli
esperti e collaboratori linguistici, nè per la progressione di
anzianità e carriera; non vi è una disciplina che si sostituisca al
giudicato formatosi sulla sentenza n. 502 del 1987 del Pretore di
Verona; 1.b. l'art. 51 del Contratto collettivo nazionale di lavoro
del comparto Università del 21 maggio 1996 dispone un trattamento
retributivo "di base": non vi è una disciplina che si sostituisca al
predetto giudicato; l.c. la contrattazione d'Ateneo è del 2001: non
può retroagire in pejus al 1994, ed è stata peraltro stipulata da
sindacati ai quali i ricorrenti non erano iscritti; 1.d. la sentenza
del Tribunale di Trieste 24 aprile 2001 aveva confermato il loro
diritto a proseguire l'originario rapporto di lettorato D.P.R. n.
382 del 1980, ex art. 28; 1.c. anche ove si ritenesse astrattamente
applicabile la contrattazione collettiva, questa sarebbe nulla per
violazione del diritto comunitario (art. 39 Trattato CE ed art. 7
Reg. CE n. 1612 del 1968, che vietano qualsiasi discriminazione a
danno di cittadini comunitari).
2. Con il secondo motivo, denunciando per l'art. 360 cod. proc. civ.,
nn. 3 e 5, violazione dell'art. 11 preleggi, dell'art. 1419 cod. civ.,
degli artt. 1 e 27 del Regolamento CE n. 1612 del 1968, dell'art. 39
del Trattato CE nonché illogicità ed insufficienza della
motivazione, i ricorrenti sostengono che: 2.a. la sentenza
disporrebbe inammissibile cesura dei rapporti, in relazione al
regime retributivo, disconoscendo la loro unitaria continuità; da
ciò, la relativa prosecuzione con prestazioni eguali, e la
progressione di carriera nelle successive classi stipendiali; 2.b.
lo jus superveniens della sentenza Corte di Giustizia CE 2 agosto
1993 determina il superamento del limite della classe iniziale
contenuto nel D.P.R. n. 382 del 1980, art. 28, connesso al termine
annuale del rapporto di lettorato, poi divenuto a tempo
indeterminato; 2.c. è principio generale che la legge dispone solo
per l'avvenire.
3. Con il terzo motivo, denunciando per l'art. 360 cod. proc. civ.,
nn. 3 e 5, violazione dell'art. 2909 cod. civ. e art. 132 cod. proc.
civ. ed erronea interpretazione della sentenza del Pretore di Verona
n. 502 del 1987 nonché illogicità ed insufficienza della
motivazione, i ricorrenti sostengono che: 3.a. la sentenza impugnata
interpreta il giudicato solo nella formulazione letterale del
dispositivo; 3.b. l'accertamento della natura subordinata a tempo
indeterminato del rapporto determina il diritto al trattamento
economico del professore associato; 3.c. la sentenza del Tribunale
di Venezia attribuisce ogni voce retributiva tipica del rapporto
corrispondente al trattamento economico del professore associato.
4. Con il quarto motivo, denunciando per l'art. 360 cod. proc. civ.,
nn. 3 e 5, violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., degli artt.
2909, 2103 e 2077 cod. civ., e della L. n. 236 del 1995, art. 4,
nonché illogicità della motivazione, i ricorrenti sostengono che:
4.a. il giudicato comporta il diritto all'irriducibilità della
retribuzione; 4.b. il C.c.c.n.l. non può apportare deroga in pejus
del contratto individuale; 4.c. la L. n. 236 del 1995, art. 4, che
la sentenza richiama per negare la sussistenza di diritti quesiti,
disciplina solo i nuovi contratti.
5. Con il quinto motivo, denunciando per l'art. 360 cod. proc. civ.
nn. 3 e 5, violazione degli artt. 1 e 7 del Regolamento CE n. 1612
del 1968, dell'art. 39 del Trattato CE nonché illogicità ed
insufficienza della motivazione, i ricorrenti sostengono che: 5.a.
la sentenza CGCE 26 giugno 2001 riconosce i diritti acquisiti
costituiti da anzianità di servizio, professionalità acquisita,
conservazione del livello stipendiale, posizione previdenziale ed
assistenziale; ed indipendentemente dalla fonte del diritto stesso
(legge o contratto); 5.b. il contratto collettivo d'Ateneo
costituisce fittizio tentativo d'adeguamento a tale sentenza:
l'aumento della retribuzione solo con decorrenza dai nuovi contratti
come "cel", e con importi che tengono solo irrisoriamente conto
della pregressa anzianità. 6. Con il sesto motivo, denunciando per
l'art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5, violazione del D.P.R. n. 382
del 1980, artt. 36 e 38,della L. n. 349 del 1958, artt. 1, 4 e 6,
della L. n. 158 del 1987, art. 2 ter e della L. n. 63 del 2004, art.
1, nonché illogicità ed insufficienza della motivazione, i
ricorrenti sostengono che:
6.a. la sentenza distingue illogicamente gli scatti di anzianità
dalle classi stipendiali, che costituiscono elementi che non hanno
natura differente, poiché si integrano e si alternano nello schema
di progressione di carriera propria del personale docente
dell'Università; le classi stipendiali si distinguono solo per la
maggiore misura percentuale e la delimitata durata nel tempo; 6.b.
la L. n. 63 del 2004 (che tuttavia si riferisce a sei Università, e
non a quella di Verona), ricondotto il rapporto di lavoro
all'interno di quelli a tempo indeterminato, riconosce il diritto
alla medesima progressione stipendiale per scatti e classi
stipendiali.
7. I primi sei motivi, che essendo interconnessi devono essere
esaminati congiuntamente, sono infondati.
8. Con tali motivi i ricorrenti chiedono, in base a molteplici
argomentazioni, il riconoscimento del diritto alle classi
stipendiali.
Esaminando il fondamento della domanda da molteplici angolazioni, i
giudici di merito hanno negato tale diritto.
8.a. In particolare, il primo giudice, e poi la sentenza impugnata
(attraverso richiamo, con cui la prima ne diventa parte integrante),
osservano che gli stessi ricorrenti avevano richiesto il "diritto
agli scatti di anzianità relativi al trattamento economico del
professore associato, 13^ mensilità, indennità di ferie non godute".
E pertanto, il giudicato non poteva che riferirsi agli emolumenti
precipuamente chiesti. E "le classi stipendiali a differenza degli
scatti - non sono state richieste né corrisposte per dieci anni
nessuno le reclamo".
D'altro canto - aggiunge la sentenza impugnata - le classi
stipendiali, anche se costituiscono una componente della struttura
retributiva degli associati, sono riconosciute, non automaticamente
con il decorso del tempo (come gli scatti), bensì in presenza di
alcuni presupposti (la nomina ad ordinario, dopo un triennio dalla
nomina a professore straordinario), e previa verifica dell'attività
didattica e di ricerca svolta. Queste due argomentazioni, che non
sono state in alcun modo censurate, costituiscono, di per sé sole,
autosufficiente fondamento della decisione. E le altre censure
proposte dai ricorrenti, non investendo queste affermazioni e la
loro fondante funzione, restano irrilevanti.
8.b. Per esigenza di completezza sono tuttavia da esaminare anche le
altre argomentazioni del giudicante, e l'insufficienza delle
relative censure. In ordine alla lamentata discriminazione in danno
dei lettori universitari per ragioni di cittadinanza, ed in
particolare alla sentenza della Corte di giustizia 26 giugno 2001 n.
212, come questa Corte ha affermato (Cass. n. 4051 del 2003), i
rapporti di lavoro dei lettori universitari, non potendo essere
discriminati per ragioni di cittadinanza, devono essere considerati
quali rapporti di lavoro subordinato, ed a tempo indeterminato, e
decorrenti fin dall'inizio del primo contratto stipulato con
l'Università. E nel caso in esame questi effetti normativi, dei
quali i ricorrenti godono, non sono in controversia. 8.c. Per quanto
attiene ai "diritti quesiti", come previsti dalla L. n. 236 del
1995, art. 4, comma 3, il giudicante ha osservato che questa Legge
"non poteva considerare quesiti diritti che sarebbero maturati solo
in prosieguo, con il decorso del tempo" ed attraverso requisiti
individuali da accertare singolarmente. 8.d. La predetta Legge ha
poi demandato alla norma collettiva la dettagliata regolamentazione
economica dell'anzianità acquisita: ciò è avvenuto con il Contratto
integrativo di ateneo del 3 ottobre 2001, che prevede un trattamento
di anzianità proporzionato al periodo di servizio prestato
dall'assunzione. I ricorrenti contestano l'applicabilità della norma
collettiva, in quanto l'art. 51 del Contratto collettivo nazionale
di lavoro del comparto Università del 21 maggio 1996 non dispone una
disciplina che si sostituisca al predetto giudicato, ed in quanto la
contrattazione d'Ateneo, che è del 2001, non potrebbe retroagire in
pejus al 1994, ed è stata peraltro stipulata da sindacati ai quali i
ricorrenti non erano iscritti.
Anche queste censure sono infondate. La norma collettiva (peraltro
"delegata" dalla L. n. 236 del 1995),non determinando alcuna
riduzione del diritto giudizialmente riconosciuto, non "si
sostituisce" al giudicato né costituisce reformatio in pejus, bensì
(in relazione alla generica formula della sentenza del Pretore di
Verona n. 502 del 1987) di questo è solo normativa specificazione.
Il fatto che i ricorrenti non sarebbero iscritti al sindacato
stipulante non esclude la ritenuta applicabilità della predetta
normativa, quale parametro di determinazione della giusta
retribuzione (nè i ricorrenti contestano l'adeguatezza della
retribuzione al parametro dell'art. 36 Cost.). 8.e. Ciò è a dirsi
anche in relazione alla censura per cui il giudicato comporta il
diritto all'irriducibilità della retribuzione. Ed invero, la
negazione del diritto alle classi stipendiali, non comporta alcuna
riduzione della retribuzione, bensì, come accertato dal giudicante,
la negazione d'un incremento per l'assenza del relativo presupposto:
la nomina ad ordinario, dopo un triennio dalla nomina a professore
straordinario, e la verifica dell'attività didattica e di ricerca
svolta.
9. Con il settimo motivo, denunciando per l'art. 360 cod. proc. civ.,
nn. 3 e 5, violazione dell'art. 429 cod. proc. civ. e dell'art. 22
della L. 23 dicembre 1994, n. 724 nonché insufficienza ed illogicità
della motivazione, i ricorrenti sostengono che:
9.a. il divieto di cumulo di cui alla L. 23 dicembre 1994, n. 724,
art. 22 è stato dichiarato illegittimo da Corte cost. n. 459 del
2000; e pertanto anche per i crediti posteriori al 31 dicembre 1994
spettano rivalutazione ed interessi;
9.b. in ordine ai crediti anteriori al 1 gennaio 1995 (per i quali
spettano interessi e rivalutazione) gli interessi devono essere
calcolati (non sul capitale non rivalutato bensì) sul capitale man
mano rivalutato.
10. Questo motivo è, per quanto di ragione (limitatamente alla
censura precedentemente esposta sub "9.b."), fondato. Il divieto di
cumulo previsto dalla L. 23 dicembre 1994, n. 724 è limitato al
periodo successivo al 31 dicembre 1994. In ordine al periodo
precedente, spettano gli interessi sulle somme man mano rivalutate
(Cass. 18 novembre 2004 n. 21856, Schneider ed altri c. UNIVERSITA'
DEGLI STUDI DI BERGAMO ed altro).
11. Con l'ottavo motivo, denunciando per l'art. 360 cod. proc. civ.,
nn. 3 e 5, violazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., nonchè
illogicità ed insufficienza della motivazione, i ricorrenti
sostengono che la sentenza d'appello, pur confermando il diritto dei
ricorrenti alla progressione di anzianità, aveva immotivatamente
confermato la sentenza del primo giudice anche in ordine alla
compensazione delle spese ivi disposta.
12. Questo motivo è infondato. E' da premettere che il giudice ha il
potere discrezionale di compensare anche parzialmente le spese del
giudizio (e plurimis, Cass. 7 marzo 2001 n. 3272). Il primo giudice
aveva disposto la compensazione delle spese "attesa la reciproca
soccombenza". La sentenza impugnata, ritenendo che quanto deciso in
prime cure in ordine a tale compensazione "non risulta meritevole
delle censure degli appellanti", ha confermato la relativa
decisione. Da un canto la sentenza impugnata ha apprezzato e
ritenuto infondate le censure proposte in quella sede. D'altro
canto, il fatto (reciproca soccombenza) che costituisce
giustificazione della prima decisione condivisa dal secondo giudice,
dai ricorrenti non è contestato (e la valutazione di questo fatto,
rientrando nel discrezionale potere del giudicante, è
incensurabile).
13. Con la reiezione di ogni altro motivo, l'ottavo motivo deve
essere accolto, per quanto di ragione, limitatamente alla censura
precedentemente esposta sub "9.b.", con la condanna dell'UNIVERSITA'
DI VERONA al pagamento, in relazione al periodo anteriore al 1
gennaio 1995, degli interessi sulle somme man mano rivalutate.
Limitatamente alla censura accolta, la sentenza impugnata deve
essere cassata; con la conferma di ogni altra parte della relativa
decisione.
14. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa
deve essere decisa nel merito, con il riconoscimento del diritto dei
ricorrenti (e la conseguente condanna della resistente) al
pagamento, per il periodo anteriore al 1 gennaio 1995, degli
interessi sulle somme (dovute in capitale), man mano rivalutate.
15. Sussistono giusti motivi (la ritenuta fondatezza della decisione
sulle spese recata dalla sentenza impugnata, e l'ampia soccombenza
dei ricorrenti in ordine ad ogni altra censura in questa sede dagli
stessi proposta) per disporre la compensazione delle spese
dell'intero processo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il settimo motivo del ricorso,
per quanto di ragione; respinge gli altri motivi del ricorso; cassa
la sentenza impugnata solo in relazione alla censura accolta,
confermandola in ogni altra parte; decidendo nel merito, condanna l'UNIVERSITA'
DI VERONA a pagare ai ricorrenti le somme riconosciute dalla
sentenza impugnata, calcolando, in relazione al periodo anteriore al
1 gennaio 1995, gli interessi sulle somme dovute in capitale, man
mano rivalutate; compensa le spese dell'intero processo.