Può il docente o il collaboratore Orizzonte scuola 28.4.2014 di Paolo Pizzo - Ai sensi dell’art. 2 comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) “I rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel presente decreto (che costituiscono disposizioni a carattere imperativo). Eventuali disposizioni di legge, regolamento o statuto, che introducano discipline dei rapporti di lavoro la cui applicabilità sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, o a categorie di essi, possono essere derogate da successivi contratti o accordi collettivi e, per la parte derogata, non sono ulteriormente applicabili, solo qualora ciò sia espressamente previsto dalla legge”. L’ art. 2104 contenuto nel libro V del codice civile (Diligenza del prestatore di lavoro) recita: “Il prestatore di lavoro deve usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta, dall'interesse dell'impresa e da quello superiore della produzione nazionale. Deve inoltre osservare le disposizioni per l'esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dall'imprenditore e dai collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende.” Può però il prestatore di lavoro, nel nostro caso il dipendente della scuola, effettuare un atto di rimostranza nei confronti del dirigente scolastico nel momento in cui non ritiene legittimo un ordine di servizio (o più comunemente detta “disposizione di servizio”) impartita da quest’ultimo? Il riferimento primario è l’articolo 17 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 il quale recita: “L'impiegato, al quale, dal proprio superiore, venga impartito un ordine che egli ritenga palesemente illegittimo, deve farne rimostranza allo stesso superiore, dichiarandone le ragioni. Se l'ordine è rinnovato per iscritto, l'impiegato ha il dovere di darvi esecuzione. L'impiegato non deve comunque eseguire l'ordine del superiore quando l'atto sia vietato dalla legge penale”. C’è da osservare che l’art. 71 comma 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Disposizioni inapplicabili a seguito della sottoscrizione di contratti collettivi) dispone che: “Ai sensi dell'art. 69, comma 1, secondo periodo, a seguito della stipulazione dei contratti collettivi per il quadriennio 1994-1997, cessano di produrre effetti per ciascun ambito di riferimento le norme di cui agli allegati A) e B) al presente decreto, con le decorrenze ivi previste, in quanto contenenti le disposizioni espressamente disapplicate dagli stessi contratti collettivi. Rimangono salvi gli effetti di quanto previsto dallo stesso comma 1 dell'articolo 69, con riferimento all'inapplicabilita' delle norme incompatibili con quanto disposto dalla contrattazione collettiva nazionale”. Nell’allegato A sono contenute le Norme generali e speciali del pubblico impiego, vigenti alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 29 del 1993 e dei relativi decreti correttivi emanati ai sensi dell'art. 2, comma 5 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, che cessano di produrre effetti a seguito della sottoscrizione dei contratti collettivi per il quadriennio 1994-1997 per il personale non dirigenziale ai sensi dell'art. 69, comma 1, secondo periodo del presente decreto. Ta questi gli articoli 12, da 13 a 17, solo con riferimento al personale ATA….decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3. Pertanto, per il personale ATA sembrerebbe inapplicabile tale diritto-dovere di rimostranza ma lo ritroviamo invece nell’art. 92 lettera I del CCNL/2007 il quale contiene, tra gli obblighi del dipendente: “eseguire gli ordini inerenti all'esplicazione delle proprie funzioni o mansioni che gli siano impartiti dai superiori. Se ritiene che l'ordine sia palesemente illegittimo, il dipendente deve farne rimostranza a chi l'ha impartito dichiarandone le ragioni; se l'ordine è rinnovato per iscritto ha il dovere di darvi esecuzione. Il dipendente, non deve, comunque, eseguire l'ordine quando l'atto sia vietato dalla legge penale o costituisca illecito amministrativo”. Si noti come l’articolo in questione prenda in considerazione il diritto di rimostranza del dipendente non solo quando l’ordine impartito sia vietato dalla legge penale, ma anche quando si ritiene che costituisca un illecito amministrativo (calandosi perfettamente nell’ “area” delle mansioni degli ATA). Lo stesso obbligo non è però previsto contrattualmente per i docenti. Il “problema” però è risolto dall’art. 146 lettera g/1 dello stesso CCNL il quale non disapplica la norma primaria in questione, pertanto per tale categoria rimane in vigore l’art. 17 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3. Giova ricordare ai dirigenti che le disposizioni di servizio necessitano di motivazione, in tal senso l’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241: “Ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l'organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato, salvo che nelle ipotesi previste dal comma 2. La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno& determinato& la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria. La motivazione non e' richiesta per gli atti normativi e per quelli a contenuto generale.
Se le ragioni della
decisionerisultano da altro atto dell'amministrazione richiamato
dalla decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest'ultima
deve essere indicato e reso disponibile, a norma della presente
legge, anche l'atto cui essa si richiama.
Ai dipendenti (docenti
e ATA), invece, ricordiamo che l’eventuale rimostranza in
riferimento ad una disposizione di servizio impartita dal dirigente
e che si ritiene illegittima, è opportuno che avvenga in forma
scritta e che contenga le ragioni del rifiuto. Tali disposizioni sono eventualmente impugnabili davanti al giudice amministrativo (TAR). |