La Suprema Corte con la sentenza n.23237
del 4 giugno 2014 riapre il dibattito
sulla natura dei registri scolastici

 Orizzonte scuola 24.6.2014

di Katjuscia Pitino - La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 23237 del 4 giugno 2014, rimette in discussione l’annosa questione dei registri scolastici, in specie riaccende il dibattito sulla differenza mai redenta tra registro di classe, registro del professore e altra forma di registri tenuti dai docenti e sulla loro precipua natura di atti pubblici.

Periodicamente tutto questo accade perché gli orientamenti giurisprudenziali sono alquanto altalenanti e spesso si contraddicono sino a creare una sorta di paresi incidentale, tale da indurre chi ha a che fare con questi strumenti regolatori della vita e dell’attività scolastica, a pensare come debba essere in realtà intesa davvero la questione ossia quale valenza giuridica attribuire ai registri.

E’ indiscutibile la diversità esistente tra il registro di classe e quello del professore altrimenti definito anche giornale del professore: l’uno, normato per mezzo del R.D. n.965 del 1924, ha una rilevanza giuridica indiscussa perché nel tempo, la giurisprudenza, attraverso non poche sentenze, lo ha considerato a tutti gli effetti di legge un atto pubblico (cfr. Sentenza 208196 del 1997, 3004 del 1999;) il secondo, del quale non si rinviene alcuna traccia nel Regio Decreto citato, è stato caratterizzato per lo più come uno strumento di promemoria del docente, con lo scopo di supportare più agevolmente la sua funzione didattico-educativa e valutativa.

Si ricordi che l’art.41 del R.D. n.965 del 1924 parla di registro di classe considerandolo un tutt’uno con l’attuale giornale del professore che noi tutti conosciamo; infatti, a mente dell’articolo in parola, in esso dovevano essere segnati anche i voti di profitto, cosa che al contrario non avviene oggi, perché come sappiamo essi sono per consuetudine trascritti proprio sul registro personale del professore, diventato pressoché anacronistico per effetto dell’introduzione del registro elettronico.

Forse l’attribuire ab initio questa comunanza di finalità al registro di classe ha ingenerato poi nel tempo un disorientamento sulla valenza giuridica del registro del professore. Difatti il dubbio c’è stato e a prova di ciò si cita una lontana circolare degli anni 70, la n.252 del 1978, prot. n. 8342/3B, emanata per dare “Disposizioni applicative dell'art. 9 della Legge 4 agosto 1977, n. 517”, a proposito della scheda personale dell’alunno, in essa si legge al punto 5. Registro personale del docente: il nuovo sistema di valutazione ed il nuovo modello di scheda rendono, inoltre, necessario un adeguamento delle registrazioni che ogni docente è tenuto a compiere, sul "giornale di classe" comunemente chiamato "registro personale del docente". Com'è noto, per la scuola media, non è stabilito un modello ufficiale ed uniforme di tale registro, essendo rimessa la scelta del tipo di modello alle singole scuole. Si richiama, peraltro, l'attenzione sulla necessità che tale registro preveda l'annotazione delle osservazioni sistematiche sul processo di apprendimento dell'alunno e sul livello di maturazione raggiunto nelle singole discipline, in modo da consentire al docente di riferire in modo significativo e puntuale al consiglio di classe in sede di espressioni dei giudizi trimestrali. Dette osservazioni, infatti, anche se non sono più da riportare sulla scheda, costituiscono, con questi ultimi, un "sistema" di annotazioni unitario anche se distinto e diversamente formalizzato nelle sue parti. Indi in quegli anni il giornale di classe veniva chiamato anche giornale del professore e svolgeva la funzione di strumento atto a rilevare le osservazioni operate dai docenti sul processo di apprendimento.

Ritornando alla sentenza n.23237 la discussione sul registro del professore si muove su altri scenari correlati; si contesta al docente di aver formato un registro parallelo a quello detto ufficiale, “un falso registro di fisica della quarta B”, di aver attribuito ad un alunno una valutazione il giorno in cui quest’ultimo risultava assente e di avere apposto a scrutini conclusi il voto di valutazione; si rinviene l’esistenza di un registro attestante le assenze e i ritardi degli alunni complementare al giornale di classe. Il giudice di prime cure non ha però ritenuto che “il dibattimento potesse approdare ad una soluzione conforme alla prospettazione accusatoria” e che vi fossero gli estremi del reato di cui all’art.479 del c.p. e pertanto ha dichiarato non luogo procedere nei confronti dell’imputato appunto perché il fatto non sussiste.

La difesa dell’imputato ha sostenuto che il registro del professore “avrebbe conservato il carattere di non essenzialità, dal momento che tutte le vicende rilevanti della vita scolastica vanno annotate sul registro di classe, che costituisce atto pubblico”, con ciò negando indirettamente la natura di atto pubblico al registro del professore.

Al contrario la Suprema Corte ha riconosciuto una carenza di motivazione incapace di sciogliere i dubbi circa le prove addotte dalla difesa. In particolare si mette in rilievo che “il giudice di merito non prende posizione sull’esistenza di più registri, sulla loro contraddittorietà e sul fatto che l’insegnante, giustificando tale condotta inusuale con una motivazione apparentemente inconsistente, tenesse un registro a casa propria”; si aggiunge che vi è anche un assoluto difetto di motivazione in ordine al secondo reato contestato ossia l’apposizione del voto da parte del docente a scrutini già conclusi. Vi è quindi da parte della Corte Suprema un invito a definire meglio la vicenda.

Dalla lettura della sentenza si evince solo implicitamente, e cioè dal capo di imputazione ex art.479 c.p., che il registro personale del docente sia un atto pubblico. Per essere più precisi, nella parte in cui, a dire del collegio “la difesa dell’imputato contesta che la parte civile possa inficiare, con una propria dichiarazione interessata, il contenuto della validità di un atto pubblico, affermando un’inesistente apposizione posticcia di un voto da parte dell’insegnante”. Il ricorso è stato accolto e rinviato al Tribunale di competenza per una più attenta disamina. Sicuramente ci darà nuovi lumi sulla natura dei registri scolastici.

Tuttavia la natura di atto pubblico accollata al registro di classe e non rilevata al contrario nel registro del professore è stata avvalorata dalla sentenza n.3004 del 1999, il primo orientamento giurisprudenziale in cui si coglie chiaramente la differenza tra i due documenti: “il giornale del professore contrariamente al registro di classe non può essere considerato atto pubblico ai fini e per gli effetti previsti dall'art. 476 c.p.(...) il registro di classe è in dotazione obbligatoria a ciascuna classe scolastica sia nel caso di scuole statali che di quelle legalmente riconosciute o pareggiate ed ha tutti i requisiti dell'atto pubblico, in quanto posto in essere dal pubblico ufficiale nell'esercizio della sua pubblica attività e destinato a fornire la prova di fatti giuridicamente rilevanti, costitutivi di diritti ed obblighi attraverso la quotidiana documentazione della presenza”. A questa sentenza fanno seguito la n.2081 del 1996 Corte di Cassazione, sezione penale e la sentenza n.538 del 2000 che non hanno riconosciuto al registro del professore la natura di atto pubblico e dunque, in caso di correzioni, il reato di falso in atto pubblico. E’ vero però che una recente sentenza della Cassazione, la n.714 del 2010 ha invece affermato il contrario, ritenendo il registro del professore un atto pubblico “in quanto attesta le attività compiute dal pubblico ufficiale che lo redige, con riferimento a fatti avvenuti in sua presenza o da lui percepiti(…) il falso è da considerarsi innocuo solo nel caso in cui il medesimo risulti del tutto privo di incidenza in relazione al significato del valore probatorio del documento(…) l’inveritiera attestazione operata nel registro del professore circa la presenza di un alunno, non può considerarsi tale poiché essa investe un dato essenziale rispetto alla funzione documentale dell’atto.

Si deduce pertanto che gli orientamenti giurisprudenziali su tale questione sono come gli esami, non finiscono mai e quindi occhio ai due registri.