Tar Molise – Sentenza n. 556 del 16.10.2012 Accorpamento di classi – contrasto con la normativa legislativa in materia di edilizia scolastica e di sicurezza negli ambienti di lavoro – illegittimità In conseguenza del disposto accorpamento non risulta rispettato il parametro della superficie netta minima che il D.M. 18 dicembre 1975 indica per la scuola secondaria di secondo grado in 1,96 mq per studente, con un numero massimo di studenti pari a 25 per aula. Nel caso di specie la vincolatività delle prescrizioni in questione deriva in ogni caso dalla autonoma scelta del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dell’istituto scolastico che ha ritenuto di uniformarvisi nella valutazione in concreto (cfr. T.A.R. Veneto, III, 16 febbraio 2009, n. 375) dei rischi che il sovraffollamento delle classi comporta per l’igiene e la salubrità delle aule intese quale luogo di lavoro ai sensi dell’art. 30 del d. lgs. 81 del 2008 nonché alla luce della inderogabile necessità di garantire la gestione delle emergenze e la corretta evacuazione dall’edificio in situazioni di pericolo come accade in ipotesi di incendio e di eventi sismici. Una volta accertato, dal soggetto a ciò deputato per legge, che l’accorpamento era incompatibile con l’esigenza di assicurare la sicurezza e la salubrità dell’aula destinata ad accogliere gli alunni delle due sezioni, l’Ufficio scolastico regionale non poteva ignorare tale circostanza senza incorrere in un palese eccesso di potere nella adozione delle misure organizzative pur previste dal D.M. 81/2009; così facendo infatti ha obliterato una circostanza, palesata dall’istruttoria, di rilevante importanza in quanto pertinente alla necessità di tutelare valori primari quale la salubrità dell’ambiente di lavoro e la stessa incolumità degli alunni. In ogni caso a fronte di una tale risultanza istruttoria l’Ufficio scolastico regionale doveva, quanto meno, motivare in ordine alle eventuali ragioni che consentivano di ritenere non ostative le circostanze rappresentate dal dirigente scolastico, non potendo di certo opporre l’incompetenza ad adottare le misure idonee a superare le predette criticità poiché il rispetto delle misure di tutela della salubrità degli ambienti di lavoro e di sicurezza dei lavoratori e degli utenti del servizio rappresenta una condizione di legittimità dei provvedimenti relativi all’organizzazione del sistema scolastico. Gli obiettivi di razionalizzazione dell’organizzazione scolastica e quelli connessi di contenimento dela spesa perseguiti dal DPR 81/09 non possono prescindere dalla valutazione in concreto circa le condizioni di sicurezza e salubrità degli ambienti ed ogni decisione a tal fine assunta deve necessariamente essere condizionata, quanto meno nei suoi effetti (e quindi nella sua operatività), al rispetto dei concorrenti interessi di tutela della salute e della integrità delle persone presenti negli ambienti scolastici anche se trattasi di interessi la cui cura è rimessa a centri di competenza diversi (nel caso di specie la Provincia). Peraltro il provvedimento impugnato risulta illegittimo anche perché assunto in contrasto con l’art. 5 del D.M. 26 agosto 1991 recante norme di prevenzione incendi per l’edilizia scolastica (sulla vincolatività di tale normativa nel dimensionamento delle classi cfr. T.A.R. Veneto, III, 16 febbraio 2009, n. 375); tale disposto normativo, ai fini della sicurezza antincendi prescrive che il massimo affollamento ipotizzabile in aula sia di 26 persone mentre nel caso di specie ve ne sono 29 (28 alunni più l’insegnante). Il predetto limite è stato considerato suscettibile di deroga dal Ministero dell’Interno Dipartimento dei vigili del fuoco con nota prot. P480/4122 sott.32 del 6.5.2008 ma la possibilità di deroga è stata subordinata al ricorrere di tre condizioni: 1) che le porte devono avere larghezza almeno di 1,20 metri ed aprirsi nel senso dell’esodo e devono rispondere agli ulteriori requisiti specificamente indicati al punto 5.6; 2 ) che ci sia una apposita dichiarazione rilasciata sotto la responsabilità del titolare dell’attività; 3) che l’incremento numerico sia “modesto”. Nel caso di specie nessuna delle tre circostanze è stata comprovata dal Ministero intimato.
(Sentenza segnalata dall’Avv. Marcella Ceniccola)
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