Corte di Cassazione
Insegnante condannata per avere abusato dei
mezzi di correzione Per la Suprema Corte dal processo educativo va bandito ogni elemento contraddittorio rispetto allo scopo e al risultato che il nostro ordinamento persegue, in coerenza con i valori di fondo assunti e consacrati nella Costituzione delta Repubblica. Non può ritenersi lecito l’uso della violenza, fisica o psichica, distortamente finalizzata a scopi ritenuti educativi: e ciò sia per il primato attribuito alla dignità della persona del minore, ormai soggetto titolare di diritti e non più, come in passato, semplice oggetto di protezione (se non addirittura di disposizione) da parte degli adulti; sia perché non può perseguirsi, quale meta educativa, un risultato di armonico sviluppo di personalità, sensibile ai valori di pace, tolleranza, convivenza e solidarietà, utilizzando mezzi violenti e costrittivi che tali fini contraddicono. Come ha esattamente sottolineato il Tribunale, l’abuso ha per presupposto logico e necessario l’esistenza di un uso lecito: l’abuso del mezzo di correzione si pone come abuso di un potere di cui alcuni soggetti sono titolari nell’ambito di determinati rapporti (di educazione, istruzione, cura, custodia, etc), potere che deve essere esercitato nell’interesse altrui, ossia di coloro che possono diventare soggetti passivi della condotta. Con più particolare riferimento all’ambito scolastico, il concetto di abuso presuppone l’esistenza in capo al soggetto agente di un potere educativo o disciplinare che deve essere usato con mezzi consentiti in presenza delle condizioni che ne legittimano l’esercizio per le finalità ad esso proprie e senza superare i limiti tipicamente previsti dall’ordinamento. Ne consegue che, da un lato, non ogni intervento correttivo o disciplinare può ritenersi lecito sol perché soggettivamente finalizzato a scopi educativi o disciplinari; e, d’altro lato, può essere abusiva la condotta, di per sé non illecita, quando il mezzo è usato per un interesse diverso da quello per cui è stato conferito, per esempio a scopo vessatorio, di punizione esemplare, per umiliare la dignità della persona sottoposta, per mero esercizio d’autorità o di prestigio dell’agente, etc. Sotto altro profilo, la nozione giuridica di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina non può ignorare l’evoluzione del concetto di “abuso sul minore”, che si è andato evolvendo e specificando nel tempo. Da una sorpassata e limitativa nozione di abuso, inteso come comportamento attivo dannoso sul piano fisico per il bambino, l’attuale cultura giuridica e quella medica e psicologica qualificano come abuso anche quello psicologico, correlato allo sviluppo di numerosi e diversi disturbi psichiatrici. Costituisce abuso punibile a norma dell’art 571 cod, pen. (e che, nella ricorrenza dell’abitualità e dei necessario elemento soggettivo, può integrare anche il delitto di maltrattamenti) anche il comportamento doloso che umilia, svaluta, denigra o violenta psicologicamente un bambino, causandogli pericoli per la salute, anche se è compiuto con soggettiva intenzione educativa o di disciplina (Cass. n. 16491/2005).
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