“Quale futuro per la nostra professione?”.

di Serafina Gnech,

resoconto dell’incontro organizzato dal Centro Studi della Gilda,

Venezia, 17/3/2005

 

«La domanda “quale futuro per la nostra professione” è una domanda difficile. Potremmo dire che come la hanno intesa molti di noi essa non ha futuro, perlomeno immediato.» Serafina Gnech ha concluso non senza pessimismo  il suo problematico intervento al secondo incontro del ciclo “La scuola senza qualità” organizzato dalla Gilda di Venezia e dal Centro Studi Gilda (Centro studi Gilda), di cui la relatrice è responsabile. Pessimismo giustificato. Dettato da una lucida analisi dell’intreccio tra la percezione soggettiva e diffusa di un mestiere che non ci sarebbe più, la progressiva liquidazione delle forme di proto-apprendimento (apprendimento strutturato e regolamentato) in tutta Europa, funzionale alla dissoluzione della sfera pubblica – la relatrice ha citato il Bauman de «La società individualizzata», - e la sequenza degli atti legislativi e contrattuali che costellano l’ultimo decennio della scuola italiana.

A proposito della sparizione (meglio: della non innocente sottrazione) del mestiere d’insegnare, Gnech ha citato ampiamente le pagine iniziali del racconto in cui Mastrocola spiega al suo cane quanto sia difficile oggi fare l’insegnante (un “mestiere che non c’è più”),  e si chiede per quale motivo uno (una) debba imparare a insegnare, e insegnare a imparare, ma a nessuno importi più che cosa, dato che il verbo (insegnare) avrebbe perso ormai il suo “complemento oggetto”. 

Il decreto legge sulla formazione/assunzione degli insegnanti   e la proposta di riforma dello stato giuridico dei docenti  convergerebbero oggi definitivamente nel rimodellare la figura e il ruolo dell’insegnante secondo i bisogni di una società liquida (Bauman) parcellizzata dal mercato. Si tratterebbe di una strada battuta nell’arco di un decennio. Grosso modo: dal Decreto Legislativo 16 aprile 1994 alla proposta di legge del Testo Unico C. 4091 (Stato giuridico e diritti degli insegnanti della scuola). In questo percorso la funzione docente si troverebbe modificata in modo sostanziale. Il decreto stabiliva che tale funzione si esplica nella trasmissione della cultura (“…la funzione docente è intesa come esplicazione essenziale dell’attività di trasmissione della cultura…”). Gnech ha sottolineato come nel CCNL 2002-2005 venga a cadere la parte di un articolo precedente sulla funzione docente, in cui si affermava che la si esercita “sulla base delle finalità e degli obiettivi previsti dagli ordinamenti scolastici definiti per i vari ordini e gradi dell’istruzione dalle leggi dello Stato e dagli altri atti di normazione primaria e secondaria” (art. 24 – Funzione docente, CCNL ’99). L’eliminazione di questo segmento ha fatto seguito all’avvio di un sistema nazionale di istruzione e alla modifica del Titolo V della Costituzione (Legge Cost. 3/2001), con cui si  stabilisce che le Regioni possono legiferare nella materia “istruzione e formazione professionale”.

Nel Contratto nazionale, nel regolamento dell’autonomia e ancora di più nel Testo Unico C. 4091 (Stato giuridico e diritti degli insegnanti della scuola), l’asse sarebbe infine completamente spostato: il concetto centrale della trasmissione culturale viene a cadere e l’essenzialità della figura docente scompare. Ne prende il posto quella del professionista, chiamato soltanto a “contribuire” allo “sviluppo personale” delle giovani generazioni. La cultura non sarebbe più al centro del processo di istruzione-formazione, né compito primario della trasmissione.

 Atti legislativi e norme contrattuali sancirebbero insomma il passaggio dalla scuola-istituzione alla scuola della società civile. Questo passaggio segnerebbe inevitabilmente – secondo Gnech – un grave ridimensionamento del ruolo dei docenti. Chiamati a rispondere ai singoli e non alla collettività, questi ultimi perderebbero il mandato che la società ha loro affidato. Una società i cui interessi vanno ben oltre una meccanica sommatoria di interessi individuali.

Il dibattito si è vivacemente aperto sul che fare? proposto ai convenuti dalla relatrice. Tra pessimismo della ragione e ottimismo della volontà.

 

a cura di Stefano Borgarelli