Formazione Reclutamento e Precariato

Prime sintetiche osservazioni

sulla bozza di Decreto delegato (ex art. 5 Legge n. 53/2003)

di Rosario Drago dall’ADI, 16 Settembre 2004

 

·         Considerazioni generali

La bozza di decreto affronta congiuntamente formazione iniziale e reclutamento, come è opportuno che sia, e contiene alcuni punti innovativi che condividiamo quali:

§         La struttura del percorso formativo: 3 + 2, con biennio specialistico abilitante a numero programmato e ammissione concorsuale.

§         La prefigurazione di modalità di assunzione differenziate per chi proviene dalla nuova formazione, attraverso l'assegnazione del 25% dei posti vacanti e disponibili, e la contestuale trasformazione delle graduatorie permanenti in graduatorie ad esaurimento. Ciò infatti impedisce deleteri “inquinamenti” con la caotica situazione attuale del reclutamento.

Emergono, però, dall'analisi puntuale del decreto, questioni di natura generale, da tempo evidenziate dall'ADi, la cui mancata soluzione vanifica o mistifica l'attuazione del decreto stesso. In particolare si sottolinea:

§         la mancata attuazione del Titolo V, che protrae incertezze e ambiguità in relazione ai nuovi compiti delle Regioni, nonché ai nuovi poteri degli Enti Locali e delle istituzioni scolastiche in materia sia di individuazione del “datore di lavoro” sia di gestione del personale

§         l'assenza di un nuovo stato giuridico, che priva il decreto di alcuni riferimenti necessari e indispensabili, quali:

1.      una coerente definizione della funzione docente e delle condizioni in cui si esercita la libertà d'insegnamento, tra cui il carattere concorsuale del reclutamento;

2.      gli standard professionali, “che cosa devono sapere e saper fare gli insegnanti”, che devono dare omogeneità alla formazione dei docenti sul territorio nazionale ;

3.      la carriera degli insegnanti , ossia la costruzione di quelle figure professionali che sono determinanti per includere a pieno titolo la scuola fra gli attori della formazione iniziale

§         l'assenza di nuovi “Organi di Governo della Scuola” e di adeguati strumenti di valutazione, che impediscono l'individuazione di corretti livelli di valutazione dentro la scuola

Infine, non si può non menzionare l'eccessivo numero dei Decreti Ministeriali di rimando (complessivamente oltre 15 ), che non aiutano certo a snellire l'iter del decreto nè a renderlo immediatamente trasparente

 

·         Considerazioni specifiche

Un punto di netto dissenso e alcune critiche:

-          consideriamo l'assunzione diretta dei tirocinanti, e la loro immissione in ruolo attraverso un semplice giudizio positivo della scuola, lesiva del principio secondo cui il conseguimento di posti di lavoro pubblici avvengono mediante concorso. Questo principio, valevole in generale, appare irrinunciabile in ambito scolastico, dove è la prima delle garanzie poste a presidio della libertà di insegnamento e dunque dell'imparzialità e neutralità del servizio. Va in questo senso distinto il concorso di ammissione al biennio specialistico, da quello per l'accesso all'insegnamento. La laurea specialistica, per quanto abilitante, costituisce la certificazione di una qualità professionale che ha valore in sé, indipendentemente dalla sede in cui sarà utilizzata ( come lavoro autonomo o come lavoro dipendente; con datore pubblico o privato) e dunque deve obbedire a regole sue proprie, inevitabilmente differenti da quelle per l'assegnazione di un posto di lavoro pubblico. Peraltro qualsiasi indebita sovrapposizione fra quei due momenti rischia di stravolgere sia il valore formale e sostanziale del titolo sia lo stesso compito istituzionale dell'università;

-          Se questo è il punto primario di dissenso, non va poi taciuta l'insostenibilità dell'assegnazione della valutazione del tirocinio agli attuali squalificati comitati per la valutazione del servizio ( eletti annualmente dal Collegio, nei quali possono essere presenti anche dei supplenti!). E ancor più insostenibile appare l'indicazione di creare analoghi comitati nelle scuole paritarie e nel sistema dell'istruzione e formazione professionale .

 

·         Proposte

In alternativa proponiamo:

1.      procedure pubbliche e concorsuali per il reclutamento, successive al conseguimento della laurea specialistica. La soluzione più semplice sarebbe quella di mettere a concorso i posti per il tirocinio e poi, in vista dell'attribuzione del contratto di lavoro a tempo indeterminato, di prevedere la necessità di una valutazione positiva di un'apposita commissione (v. successivo punto 2). Concordiamo, in linea di principio, sull'attribuzione all'istituto scolastico della titolarità dell'assunzione dei tirocinanti e della successiva immissione in ruolo, a questo proposito un utile riferimento rimane il documento conclusivo della Commissione D'Amore (comma G e allegati)

2.      predeterminazione delle commissioni competenti, con prevalenza dei membri esterni all'istituzione scolastica interessata, sia per l'accesso al tirocinio sia per l'assunzione a tempo indeterminato. Ciò è indispensabile per garantire il massimo possibile di imparzialità. Solo in questo modo è peraltro accettabile un regime equipollente fra scuole statali e scuole paritarie

3.      tempestività ed efficienza nello svolgimento delle procedure: sono le condizioni che rendono credibile un qualsiasi intervento; l'esperienza non depone a favore dell'ottimismo, ma è pur vero che rimangono da sperimentare quelle risorse di semplificazione e di responsabilizzazione che, al riguardo, possono derivare da un serio (oltre che doveroso) conferimento di funzioni alle autonomie regionali e locali ed alle istituzioni scolastiche, per quanto di rispettiva competenza;

4.      per il residuo ci preme sottolineare l'avvio da subito di nuove regole relativamente alle supplenze, con procedure di valutazione e garanzie di continuità pluriennale nello stesso istituto scolastico.

 

·         Considerazioni finali

Non si può, infine, mancare di rilevare come la pretesa di innovare formazione e reclutamento si scontri con l'incapacità del Parlamento di porre fine a deleteri provvedimenti di sanatoria come quelli nuovamente decretati dalla legge 143 del giugno 2004, e quelli ulteriori previsti dalla stessa Legge 53/03. Provvedimenti che da un lato sviliscono i percorsi di formazione universitaria di recente istituzione (laurea per la scuola dell'infanzia e primaria e biennio di specializzazione per la scuola secondaria) e dall'altro pongono una pesantissima ipoteca sulla realizzazione dei nuovi percorsi formativi e di reclutamento.

 

 

Il precariato

Peculiarità ed evoluzione

di Rosario Drago

 

·         Premessa

Nel momento in cui viene posto in discussione il decreto applicativo dell'art.5 della Legge 53/03 su formazione e reclutamento, é utile indagare in modo un po' più approfondito la questione del precariato dei docenti in Italia.

Una questione che ci trasciniamo insoluta da più di un secolo e che attualmente è del tutto ati­pica nel panorama internazionale. Nella grande maggioranza dei Paesi industrializzati infatti il problema del reclutamento degli insegnanti si fonda oggi su condizioni op­poste alle nostre, ossia su una drammatica carenza di docenti oppure su un reclutamento in gran parte basato su criteri meritocratici, come avviene in Francia.

Sembra che in Italia, l'abbondanza - in parte ingannevole - della domanda abbia esonerato l'amministrazione dalla riflessione e dalla ricerca di strade nuove più efficienti e, oggi, più adeguate al nuovo ruolo che si richiede all'insegnante in una scuola di massa.

Dall'analisi del fenomeno del reclutamento del personale, appare chiaro che esso é rimasto condizionato da una specie di imprinting ricevuto alla nascita del sistema (1859, riforma Casati), da cui nessuno é mai riuscito a liberarlo. É certo comunque che, per molti aspetti, il sistema ancora oggi adottato per la provvista di insegnanti appare come un pezzo di "archeologia amministrativa" di grande interesse storico e culturale, ma di poca o nessuna validità per una scuola moderna.

I risultati lo dimostrano: il 57% degli insegnanti attualmente in ruolo non ha mai superato un esame di concorso [1] , come il 61% di coloro che oggi attendono il posto nelle graduatorie permanenti.

 

 

·         Le origini

Fin dall'immediato Dopoguerra sono state assai frequenti le leggi speciali di sistemazione del personale docente non di ruolo senza concorso, tanto da potersi dire che, soprattutto nelle scuole secondarie, questo, e non quello del concorso, rappresenta il "normale sistema delle assunzioni in ruolo del personale docente" [2].

In effetti, all'istituzione dei ruoli speciali transitori (D.L. 1127 del 1948) seguirono numerosissimi altri provvedimenti di sanatoria fino ad oggi (Tab.1).

Tab. 1.

Principali provvedimenti di sistemazione in ruolo

"ope legis" (1948 - 2004)

 

anno

tipo

 

anno

tipo

 

 

1948

DL.

1127

 

1970

L.

775

 

 

1951

L.

1634

 

1971

L.

1074

 

 

1956

L

505

 

1973

L.

477

 

 

1956

L

709

 

1974

L.

391

 

 

1957

L.

799

 

1978

L

463

 

 

1961

L.

831

 

1982

L.

270

 

 

1965

L.

336

 

1984

L.

326

 

 

1966

L.

603

 

1988

L.

246

 

 

1968

L.

327

 

1989

L.

417

 

 

1968

L

359

 

1999

L.

124

 

 

1968

L.

468

 

2003

L.

53

 

 

1968

L.

748

 

2004

L.

143

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

·         Alcuni dati storici sul precariato

Il moltiplicarsi delle ipotesi di sistemazione in ruolo senza concorso é legato alle ingenti dimensioni assunte nel Dopoguerra dal fenomeno del precariato, soprattutto nelle scuole secondarie. Peraltro, un'analisi sia pure sommaria dei dati disponibili relativamente agli anni precedenti, sembrano smentire il diffuso convincimento che il fenomeno del precariato nella scuola sia tipico e limitato al secondo Dopoguerra. Esso va piuttosto configurato come un elemento del mercato del lavoro scolastico a carattere endemico: secondo i dati forniti dalla Ragioneria Generale relativi agli anni del Fascismo [3], il fenomeno era largamente presente durante il Ventennio.

Inoltre, il precariato e le continue sanatorie fu assai diffuso anche in tutto il periodo compreso tra la legge Casati (1859) e l'emanazione nel 1906 del primo "Stato giuridico" degli insegnanti, a causa soprattutto del forte squilibrio tra il numero delle cattedre e la scarsità di insegnanti in possesso dei requisiti stabiliti dalla legge Casati per la partecipazione ai concorsi. Il dato emerge chiaramente dalle testimonianze dei contemporanei e dalle indicazioni sul ricorso alle abilitazioni straordinarie da parte di numerosi ministri dell'istruzione (soprattutto Coppino, Boselli, Bacelli), riportate dagli storici (Tab. 2) [4].

La grande espansione della scolarità, iniziata negli anni Sessanta, non modificò i caratteri essenziali del sistema di reclutamento, che continuò a ricercare un difficile equilibrio tra il concorso meritocratico e rigorosamente selettivo da una parte e, dall'altra, l'inevitabile sanatoria di coloro che rivendicavano il diritto alla sistemazione in ruolo per aver effettuato alcuni anni di supplenza senza nessuna qualificazione, che non fosse il titolo di studio: laurea o diploma magistrale.

 

Dati storici sulla consistenza del personale non di ruolo [5]

Anno

insegnanti
di ruolo

non
di ruolo

% precari
/ruolo

totale
insegnanti

 

 

 

 

 

1932 *

12.041

6.758

56,1

18.799

1935 *

14.261

11.127

78,0

25.388

1940 *

19829

13.820

69,7

33.649

1946

123.724

52.364

42,3

176.088

1950

162.911

76.755

47,1

239.666

1958

230.832

83.546

36,2

314.378

1965

281.156

69.623

24,8

350.779

1970

360.785

186.115

51,6

546.900

1975

569.235

161.833

28,4

731.068

1980

721.188

98.862

13,7

820.050

1982

649.925

137.750

21,2

787.675

1983

701.776

113.845

16,2

815.621

1985

830.420

66.326

8,0

896.746

1991

813.339

95.122

11,7

908.461

1992

817.825

80.314

9,8

898.139

1993

811.976

69.598

8,6

881.574

1994

794.422

75.968

9,6

870.390

1995

789.874

72.606

9,2

862.480

1996

774.386

87.460

11,3

861.846

1999

751.330

88.360

11,8

839.690

2000

716.085

139.797

19,5

855.882

2001

736.010

92.015

12,5

828.025

2002

722.182

105.049

14,5

827.231

* insegnanti universitari e secondari

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

·         Gli anni Settanta e Ottanta

Il consolidamento delle pratiche di sanatoria si ebbe con il boom della scuola di massa che raggiunse il suo culmine con gli anni Sessanta, quando i precari diventarono la metà degli addetti. La mancanza di pianificazione delle assunzioni e una politica economica che cercava di profittare del precariato per contenete la spesa incontrollabile del personale, portò all'aumento della spinta rivendicativa e a una massiccia sindacalizzazione.[6]

La legge 1074/1971

Così, il 6 dicembre 1971 fu emanata la legge 1074, che introduceva gli incarichi a tempo indeterminato e istituiva corsi abilitanti speciali . I docenti incaricati diventavano praticamente illicenziabili, sebbene ancora in attesa di abilitazione. Ma il "movimento" non si accontentò. Comitati permanenti controllavano lo svolgimento dei corsi ed esprimevano delegati per le assemblee provinciali le quali si occupavano di mantenere i rapporti con le organizzazioni sindacali. Queste, nell'autunno del 1972, indissero quattro giorni di sciopero in cui il personale precario ebbe un ruolo centrale.

La legge 474/1973

In pochi mesi, il Governo Andreotti emanò la legge 477 del 30 luglio 1973, il cui articolo 17 prevedeva l'immissione in ruolo attraverso l'istituzione dei una graduatoria ad esaurimento. Furono indetti altri corsi abilitanti in attesa della scomparsa dei concorsi a cattedra, sulla quale allora erano tutti d'accordo. Con quella legge furono immesse in ruolo 200.000 insegnanti e il tasso di precariato passò dal 52% al 28%.

La legge 463/1978

Nel quinquennio successivo la spinta "dal basso" ricominciò progressivamente ad aumentare perché la fase ascendente della popolazione scolare non si era ancora esaurita ma anche perché molti insegnanti attendevano ancora il ruolo, nonostante la 477. Cosicché tra l'autunno del 1977 e l'estate del 1978 si creò un movimento rivendicativo di un certa forza - coagulato anche grazie allo svolgimento di un'altra tornata di corsi abilitanti nel 1976 - che si concretizzò in una significativa osmosi con il Sindacato ed anche con il ripresentarsi di forme autonome di coordinamento e rappresentanza dei precari.

Quel movimento portò all'emanazione della Legge 463 del 9 agosto 1978. Molte altre persone passarono di ruolo , ma la contropartita fu l'istituzione di un nuovo concorso ordinario , a cui il Parlamento sembrava, nonostante tutto, non rinunciare.

La legge 270/1982

Intanto, con gli anni Ottanta, la fase demografica propulsiva si era esaurita, ma l'incremento dei "posti" non diminuiva, attraverso l'iniziativa "pedagogica": corsi pomeridiani di studio sussidiario, attività complementari, attività integrative, le "150 ore", ecc.).

La generazione di docenti che, all'inizio degli anni Ottanta, aveva alcuni anni di lavoro alle spalle, spingeva per una soluzione analoga a quelle del 1973 e del 1978. Nel 1980, quindi, fu presentato un disegno di legge, conosciuto come il 1112, che ebbe vita assai tormentata, complici diverse crisi di governo e i veti incrociati in Parlamento. Il 5 febbraio del 1982, fu organizzata la marcia dei 25.000. Erano tutti precari, organizzati dal Sindacato, che sfilarono davanti al Ministero. Due mesi e mezzo dopo, il 20 maggio 1982, fu approvata la legge 270 che istituiva altri corsi abilitanti e rinnovava le graduatorie ad esaurimento per le immissioni in ruolo.

La legge 326/1984

Una coda di quel provvedimento fu gestita con la Legge 326 del 16 luglio 1984, che rispose alle rivendicazioni dei docenti che, pur esclusi dalla 270 del 1982, avevano maturato i requisiti di servizio nei due anni successivi ed aspiravano all' abilitazione tramite una sessione riservata.

Legge 246/1988

Il decennio avrebbe riservato comunque ben altre due leggi sul reclutamento. Con la prima, la Legge 246 del 4 luglio 1988, trovano soluzione legislativa le esperienze degli ultimi tre lustri. Essa fornì la possibilità di immissione in ruolo in due province (una delle quali doveva coincidere con quella di servizio) a chi avesse un biennio di servizio tra il 1975 e il 1981.

Legge 417/1989

Tali prassi fu però definitivamente completata con il cosiddetto "doppio canale", istituito dalla legge 417 del 27 dicembre 1989. Il "doppio canale, fu la prima sanzione del fallimento del concorso . Con esso, infatti, si ammetteva implicitamente l'impossibilità di regolare gli accessi ai ruoli con il solo strumento delle selezione meritocratica e si cercava di regolare "il traffico" - sempre affollato - degli ingressi con l'apertura di una via riservata (al 50% dei posti) a coloro che avevano maturato una certa esperienza come supplenti.

Ai beneficiari della 246, i precari più anziani, si aggiunsero tutti coloro che nel triennio, via via preso in considerazione, avessero prestato almeno 360 giorni di servizio. Questi docenti accedevano a un concorso per soli titoli e avevano priorità assoluta per incarichi e supplenze.

Grazie alla 417 si raggiunse il più basso livello di incarichi annuali mai registrato nel paese e, per il biennio, il fenomeno del precariato scolastico non fu molto distante dal minimo fisiologico legato alle supplenze temporanee.

 

 

·         Gli anni Novanta fino ai giorni nostri

Intanto, però, la crisi del bilancio dello Stato e i provvedimenti di contenimento dell'espansione degli organici, frenò il processo che si era avviato con la 417. Già nel 1993 fu impedita l'assunzione su posti di cui non fosse certa la sussistenza anche per l'anno seguente. Venne generalizzata la prassi dell' utilizzazione dei docenti di ruolo su classi diverse da quella di appartenenza (quando si trattasse di soprannumerari). Cresceva inoltre numericamente l'organico di fatto rispetto a quello di diritto. Questi fattori non potevano non portare a una fase di crescita del personale a tempo determinato. Ciononostante, gli abilitati del concorso bandito nel 1990 e concluso nel 1992 erano stati, per alcune classi di concorso, in numero tale da essere smaltito già verso la metà degli anni Novanta. E mentre essi, grazie ai concorsi per soli titoli, venivano via, via assorbiti, la norma che avrebbe voluto un nuovo concorso già nel 1993 veniva (ad eccezione che per la scuola elementare) disattesa. Il risultato fu che il numero dei precari ricominciò ad aumentare e, nel 1999, era già arrivato al 20% dell'organico complessivo.

La legge 124 del 1999

Il "continente precario", nel frattempo, era diventato assai variegato (docenti di sostegno, insegnanti di religione cattolica, gruppi di insegnanti non abilitati, ecc.). Nacquero così nuove sigle spontanee con la funzione di premere sul Sindacato per rivendicare la solita "sistemazione" in ruolo. I movimenti spontanei e la conseguente iniziativa sindacale spingevano verso una nuova soluzione del problema, che sarebbe sfociata - dopo tre anni di discussioni e conflitti - nell'approvazione della legge 124 del 3 maggio 1999, i cui punti di novità erano:

§         il carattere permanente delle graduatorie;

§      lo svolgimento di una sessione riservata accanto al concorso per titoli ed esami;

§         l'acceso di tutti gli abilitati alle graduatorie per l'immissione in ruolo;

Gli aspiranti vennero distribuiti in scaglioni o fasce separate . La prima di esse conteneva i vecchi abilitati del "doppio canale" che, oltre a godere di un compartimento riservato , mantenevano anche il diritto a figurare in due province. Per coloro che avevano maturato il diritto ad entrare nelle tradizionali graduatorie per soli titoli (abilitazione e 360 giorni di servizio) fu approntata una seconda fascia. La terza fascia conteneva quanti avessero maturato gli stessi requisiti all'atto della prima integrazione (2000) delle graduatorie e la quarta fascia avrebbe compreso tutti gli altri, cioè in vincitori dei futuri concorsi.

A questo punto, il meccanismo sembrava perfetto. Bastava attendere qualche anno, "fare punteggio" con le supplenze, e il posto in ruolo sarebbe arrivato nel rispetto dell'anzianità di servizio e dei diritti acquisiti e certificati dalla graduatoria.

La legge 333/2001

Ma non si erano fatti i conti con la vera novità degli anni Novanta, e cioè l'istituzione delle scuole di specializzazione universitaria per insegnanti , attesa dal 1973, [7] decisa nel 1990 (L. 341), [8] definita sei anni dopo (nel 1996, per effetto dei DPR 470 e 471) e effettivamente avviata nel 1999 con l'apertura dei corsi di laurea specialistica per maestri elementari e insegnanti della secondaria (SSIS). Questi "nuovi insegnanti" non intendevano attendere decenni per sistemarsi, e con una battaglia legale , riuscirono a imporre la fusione delle due ultime fasce (L. 333 del 2001), entrando in diretta concorrenza con gli altri precari.

La legge 143/2004

Il resto é storia di oggi. La legge 143 del giugno 2004 ripropone sanatorie che non solo vanificano la laurea per gli insegnanti della scuola dell'infanzia e primaria, ma addirittura pongono ipoteche sull'attuazione dell'art. 5 della legge 53/03 che dovrebbe definire le nuove norme di formazione e reclutamento dei docenti.

 

 

·         L’ "universo precario"

I precari in attesa di posto sono ormai divisi tra:

       I.          gli insegnanti che hanno superato un concorso ordinario e sono risultati "idonei";

    II.           i docenti abilitati per effetto di brevi corsi di formazione, a carattere sostanzialmente "risarcitorio" del più o meno lungo periodo di supplenza;

  III.        gli insegnanti abilitati tramite la frequenza di un corso di specializzazione universitario.

Tutti si contendono il posto e si battono per ottenere - attraverso il "gioco" dei punteggi - una posizione in graduatoria in grado di assicurare loro la definitiva stabilizzazione.

Nel frattempo, si é ricostruito l'esercito dei precari "non abilitati" esclusi dalla graduatoria permanente, che premono per ottenere un'abilitazione speciale, peraltro già concessa con la 143/04, così da entrare anch'essi nella terza fascia degli aspiranti all'immissione in ruolo.

La storia si ripete.

 

 

·         La fine silenziosa del concorso

Anche dopo l'approvazione delle legge 124, le cause principali del riprodursi del precariato sono rimaste intatte:

§         l'urgenza di utilizzare personale comunque qualificato (anche privo di titolo di abilitazione) per coprire i posti disponibili;

§         l'inefficienza, la lentezza e la macchinosità delle procedure di selezione (i concorsi), che sono rimaste quasi identiche in più di un secolo e mezzo di storia scolastica: Luigi Settembrini diventò insegnante di liceo nel 1835 con una procedura molto simile (un compito scritto e un orale davanti a una commissione) a quella utilizzata nell'ultimo concorso "ordinario" bandito nel 1999 con le legge 124; [9]

§         l'assenza di una pianificazione del personale che tenesse conto del turn-over, delle modificazioni dei programmi, dell'espansione della domanda e dell'evoluzione organizzativa del sistema;

§         l'accentramento della gestione delle procedure selettive, che aumenta il tasso di inefficienza e, soprattutto, accresce la pressione degli interessi particolari sul Parlamento. In questo caso l'amministrazione centrale funziona come un organo di "rappresentanza" e di mediazione tra gli interessi dei precari e le soluzioni legislative reclamate, predisposte dalla stessa amministrazione e "offerte" al Parlamento.

La legge 124/1999 voleva essere la soluzione definitiva del precariato, ma non ha evitato nessuno di questi difetti. In realtà si trattava di un tentativo di "salvare" il principio del concorso selettivo e meritocratico, e, nello stesso tempo, di chiudere "una volta per tutte" il debito contratto con i supplenti, ma la legge 143/04 è la dimostrazione lampante del suo fallimento.

Nonostante le intenzioni , si può affermare che la prima vittima della 124 é il sistema concorsuale, il quale scompare silenziosamente dalla scena del mercato del lavoro scolastico senza che se ne sia ancora trovata una alternativa altrettanto prestigiosa.

 

 

·         I principali difetti del concorso tradizionale

D'altra parte é difficile trovare argomenti a difesa di questo "canale" di reclutamento, così come è stato fino ad oggi impostato e utilizzato.

Infatti, nei concorsi tuttora in vigore nella scuola:

·        le prove si basano esclusivamente sull'accertamento delle conoscenze disciplinari, non sulle effettive capacità professionali dei concorrenti. Dato che il concorso viene bandito senza una preventiva definizione del profilo professionale che si vuole selezionare, l'accesso a questa modalità selettiva non è preceduto da alcuna autoselezione dei candidati. In sostanza, poiché nessuno sa effettivamente che cosa si chiede di fare al futuro insegnante, i candidati non si confrontano con le loro attitudini e i loro progetti;

·         i tempi di effettuazione - come dimostra l'esperienza del passato - sono molto lunghi . Quando interessa centinaia di migliaia di concorrenti (nel 1999, le domande per il concorso sono state più di 1.500.000) risulta inefficiente e fonte di contenzioso e conflitti, molto costosi per l'amministrazione e per gli stessi concorrenti;

·         le commissioni non sono composte da specialisti della selezione , ma da insegnanti non selezionati né preparati a questo compito;

·         la selezione non si basa su criteri uniformi . Le commissioni non hanno né la preparazione né l'obbligo di coordinare i criteri di valutazione, per cui il tasso di selezione è abbastanza casuale, e può andare da un estremo all'altro: tutti promossi, tutti bocciati;

·         le modalità di svolgimento e le procedure sono poco formalizzate e riguardano soprattutto gli aspetti giuridici più che quelli tecnici e professionali, per cui la selezione riesce difficilmente a scegliere i migliori tra i concorrenti .

·        Infine, va sottolineato il limite meno conosciuto, che ha effetti negativi su tutta la carriera del vincitore. Il concorso infatti richiede un grande sforzo individuale (economico, culturale, sociale - vi è spesso coinvolta l'intera famiglia e la parentela - , fisico e psicologico), che viene percepito come il momento unico e definitivo per ottenere il posto, piuttosto che l'inizio di una carriera che richiederà altri momenti di valutazione, di impegno, di formazione e di aggiornamento continui. Il concorso, in sostanza, si adatta ad una professione concepita come statica e senza sviluppo (Tab. 3).

Con questi difetti, il concorso è stato utilizzato con una periodicità abbastanza casuale, senza alcun rapporto razionale con la domanda effettiva di posti. Più spesso è stato sostituito, come si è visto da sanatorie, cioè brevi corsi di formazione riservati a coloro che avevano già effettuato un periodo più o meno lungo di supplenza, alla fine della quale vi era l'assunzione.

Ciò è avvenuto anche con la 124, che prevedeva l'indizione di un concorso ordinario ogni triennio.

Tab. 3 . I principali difetti del concorso tradizionale

Assenza di
preselezione

il bando di concorso si rivolge a una platea sterminata di aspiranti senza stabilire un rapporto definito tra partecipanti e posti da coprire. Non é mai stata utilizzata la preselezione, come in altre amministrazioni pubbliche

Assenza di
auto-selezione

non é chiaro il profilo professionale di insegnante, per cui i candidati si iscrivono con l'atteggiamento di "o la va o la spacca".

Tempi lunghi

dato il numero dei partecipanti e la complicazione delle procedure l'organizzazione del concorso supera sempre i tempi stabiliti dalla programmazione dei posti "messi a concorso". Prima di finirlo è già ora di bandirne un altro.

Commissioni
non qualificate

le commissioni non sono formate da esperti, ma da personale "disponibile" che non ha alcuna qualificazione per una procedura selettiva così complessa.

Prove tradizionali

le prove del concorso sono quelle tipiche della scuola (un tema scritto e un colloquio orale), che si prestano a valutazioni molto soggettive da commissione a commissione

Assenza di criteri
obiettivi e trasparenti

le commissioni non adottano criteri obiettivi e nemmeno pubblici e trasparenti, per cui c'é un ampio spazio per la discrezionalità ed anche l'arbitrio.

Nessun coordinamento
dei criteri di valutazione

le commissioni non coordinano la loro attività con le altre commissioni, soprattutto per quanto riguarda la valutazione. Succede quindi che alcune commissioni siano severissime ed altre invece molto generose

Graduatorie
permanenti:
unico caso in tutta la P.A.

i "non vincitori" del concorso, detti "idonei", vengono inseriti in graduatorie permanenti (nel restante pubblico impiego vengono chiuse dopo 18 mesi), che rivendicano il loro diritto di entrare in ruolo senza ulteriore verifica.

Assenza di valutazione di efficacia

finito il concorso, e sciolte le commissioni, non resta alcuna memoria dei risultati della "macchina", né una valutazione della sua efficienza. In tal modo gli errori si ripetono.

 

 

 

·         Il funzionamento delle graduatorie permanenti

In teoria, le graduatorie dovrebbero esaurirsi con la chiamata di tutti i docenti in lista, e ogni tre/quattro anni un altro concorso dovrebbe provvedere a formarne una nuova. Di fatto, però, mentre negli anni del baby-boom le graduatorie si esaurivano ben presto e si procedeva allora a chiamate fuori graduatoria, gli ultimi due concorsi sono stati separati da circa dieci anni di distanza.

Quando la situazione della domanda è stagnante, chi occupa i posti bassi della graduatoria deve attendere parecchio tempo prima di ricevere l'incarico e quindi di incominciare a lavorare.

Quando invece la domanda è sostenuta, le graduatorie scorrono con una certa velocità e addirittura si esauriscono. Ciò riguarda quasi esclusivamente quelle delle materie scientifiche (matematica, fisica, chimica, tecnologia) oppure quelle di nuova istituzione, soprattutto delle materie che si insegnano negli istituti professionali. Questo accade perché sono pochi i docenti che hanno titoli adatti ad insegnare tali discipline oppure perché, come per le materie scientifiche, il numero dei laureati nelle varie specializzazioni é assai ridotto rispetto alle facoltà umanistiche.

La "filosofia" della legge 124 era basata sul presupposto di una abbondanza di posti e, pertanto, di un esaurimento relativamente veloce. Essa é figlia degli anni Settanta, e non tiene in alcun conto dell'inversione di rotta subita dall'evoluzione della disponibilità di posti, conseguente alla riduzione del numero degli alunni.

Queste tendenze alla riduzione fisiologica dei posti, ha aumentato la pressione della domanda, provocando fenomeni di conflittualità e di frustrazione relativa, dovuta alla delusione rispetto alle speranze maturate in un periodo in cui l'accesso al posto di insegnamento era molto più diretto, veloce e fluido.

La gestione del mercato del lavoro degli insegnanti resta quindi un grave problema organizzativo, soprattutto se si pensa che il grande mercato dei posti è gestito dal centro (Miur), che stabilisce le regole, i tempi, le procedure e controlla gli ingressi, attraverso la determinazione degli organici (posti disponibili) e della periodicità delle assunzioni in ruolo.

 

 

·         L'organizzazione dei precari

Come é avvenuto in altri periodi, la domanda, in attesa di ulteriori sanatorie, si organizza in associazioni, comitati, coordinamenti fuori dal Sindacato per aumentare la probabilità di ottenere, in un ragionevole periodo di tempo, il posto di ruolo (Tab. 4) .

Tab. 4 - Principali sigle delle associazioni dei precari

A.Na.Do.S.S.

Associazione nazionale docenti specializzati e specializzandi

ANIEF

Associazione nazionale insegnanti ed educatori in formazione

AnIP

Assemblea nazionale degli insegnanti precari

ASAB

Associazione scuole autonome bresciane

CIIS

Coordinamento italiano degli insegnanti di sostegno

CIP

Comitato insegnanti precari

ComLotta

Comitato di lotta degli itp napoletani

CONAPI

Coordinamento nazionale presidi incaricati

FADIS

Federazione delle associazioni docenti per l'integrazione scolastica

KIUS

Coordinamento interuniversitario specializzati e specializzandi ssis

MIIP

Movimento interregionale insegnanti precari

SNADIR

Sindacato nazionale autonomo degli insegnanti di religione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

·         Le caratteristiche della graduatoria permanente

La graduatoria rappresenta fisicamente quasi tutta la domanda degli insegnanti precari e, nello stesso tempo, é lo specchio fedele delle caratteristiche dei "futuri insegnanti" italiani.

Per questo vale la pena osservarne alcune interessanti caratteristiche:

·         gli iscritti (2002-2003) sono 422.000, di cui il 24% (103.000) è già in ruolo , e non dovrebbe stare in graduatorie "permanenti" che servono per l'assunzione di precari e di supplenti, tenuto conto che gli in­segnanti a tempo indeterminato possono contare sui passaggi di ruolo, i quali dovrebbero essere assicurati su tutti i posti vacanti e disponibili , ma solo dopo una consistente permanenza nel ruolo di provenienza.

·         L'83% sono donne , con una tendenza all'aumento , come si può vedere dalla percentuale delle donne negli ultimi inserimenti nelle graduatorie permanenti (87%). In Ita­lia la femminilizzazione dell'insegnamento è la più alta di tutti i Paesi industrializ­zati. Qualsiasi ragionamento serio sulla professione docente non può non tenere conto di questo dato, di una professione cioè che fin dagli inizi, e con sempre mag­giore intensità, si è strutturata più sulle caratteristiche di un personale femminile con famiglia da gestire, che su quelle di una vera professione. Tutto ciò ovviamente nel presupposto ideologico che a una donna non si addice una vera professione;

·         Il 62% proviene dal Sud. Il 25% emigra nelle graduatorie del Nord dove pensa di avere più occasioni di impiego. Come per la femminilizzazione la tendenza è in aumento. Il 70% degli ultimi inseriti in graduatoria (2002-2003) proviene dal Sud. Alla segregazione di genere si somma quindi anche quella geografica;

·         Il 53% appartiene all'area umanistica: 28% lettere e filosofia, 14% lingue straniere, 11,4% musica. Per assumere tutti i precari di queste classi di concorso al ritmo dell'attuale turn over non basterebbe mezzo secolo, e per musica e filosofia molto di più.

·         Il 51% ha un'età compresa fra i 35 e i 40 anni. Quindi è un precariato "non giovane", il che aumenta, comprensibilmente, la tensione e a volte la disperazione. Si tratta nella maggioranza di donne sposate che:

§         hanno investito tutto il loro tempo e le loro energie sul posto di insegna­mento;

§         non sono più in grado di assumere altri impegni lavorativi per i quali non hanno acquisito competenze;

§         non sono disponibili ad altri impieghi , perché per mantenere la speranza del posto di insegnamento devono essere disponibili a tutte le supplenze, anche brevi, perché comunque servono ad accumulare punteggio;

§         in generale la maggioranza arriva stanca al ruolo: per loro é la fine di una "carriera" piuttosto che l'inizio di un percorso professionale.

Le graduatorie non comprendono tutti gli aspiranti all'insegnamento : i 422.000 (che depurati da quelli già di ruolo sono 319.000) sono solo una parte degli aspiranti all'insegnamento. Oltre a questi, ci sono i "non abilitati" che affollano le graduatorie di istituto.

Questi, nonostante sia da tempo istituita la laurea abilitante per i diplomati che aspi­rano ad insegnare nella scuola dell'infanzia o primaria, e ci siano le scuole di specializzazione, SISS, per i laureati che intendono insegnare nella scuola secondaria, premono per avere nuove sanatorie, che regolarmente ottengono come dimostra l'approvazione della legge 53 del 2003 (art.5) e la recente 143/2004.

I posti complessivamente disponibili per supplenze annuali o fino al termine delle attività didattiche (2002-2003) sono 88.000 (questo numero comprende sia i posti effettivamente vacanti, ossia senza titolare, sia quelli disponibili per l'intero anno scolastico o fino al ter­mine delle attività didattiche, ma occupati da un titolare a vario titolo distaccato dall'insegnamento (distacchi sindacali, parlamentari, amministrativi, ecc..). I posti effettivamente vacanti e quindi disponibili per nuove immissioni in ruolo (2002-2003) sono circa 42.000 (Tab.5).

Tab. 5 - Le principali caratteristiche del precariato

L'83% sono donne

l'ultimo aggiornamento del 2003 fa salire la percentuale al 90%

Il 62% proviene dal Sud

il 70% con l'ultimo aggiornamento. Il mercato del lavoro degli insegnanti si conferma un mercato sempre più meridionale.

Il 53% appartiene alle classi di concorso umanistiche

ciò conferma le preoccupazione di una prossima carenza di insegnanti di materie tecniche e scientifiche.

Hanno un'età media di 39 anni

i "precari" non sono giovani ed é probabile che molti di loro entreranno in ruolo con un'età superiore ai 45 anni.

Il 24% ha già il posto in ruolo

attendono una nuova "chiamata" per insegnare un'altra materia più gradita o prestigiosa.

Il 61% non ha mai superato un esame di concorso

la maggioranza dei precari é quindi poco qualificato, ed é entrato in graduatoria soprattutto grazie alle supplenze.

L'8% é specializzato nelle SSIS

la ridotta percentuale di "specializzati diminuisce all'1,8% al momento delle nomine in ruolo, per cui è difficile con questo sistema che possano costituire una vera alternativa al precariato classico.

 

 

·         L'assenza di governo del mercato del lavoro

La legge 124/1999, essendo una disposizione che non si é basata sull'analisi delle cause del fenomeno del precariato non è stata in grado di gestire nemmeno le conseguenze, che ignora del tutto. Questa "cecità" é la vera ragione dell'atteggiamento passivo del l'amministrazione, la quale non svolge :

·          Nessuna attività di informazione sui posti disponibili verso i giovani al momento dell'ingresso all'università (soprattutto le facoltà di lettere, filosofia e lingue);

·          Non opera alcun intervento di consulenza o di supporto per i "precari", nemmeno in termini di aggiornamento e formazione in servizio. Li considera in sostanza dei numeri da mettere nelle caselle - i posti - inducendo comportamenti conseguenti negli aspiranti all'insegnamento. L'atteggiamento delle scuole è identico a quello dell'amministrazione.

·          Non esiste nessuna valutazione della prestazione dei supplenti (ma nemmeno il periodo di prova è davvero valutato). Si assiste così al paradosso di una professione che viene esaltata dalla pedagogia, dalla retorica politica e sindacale, ma che viene poi gestita nel peggiore dei modi.

·          Non pianifica la necessità di posti in rapporto ai cambiamenti e agli obiettivi, ma subisce passivamente il corso degli eventi. E' appena il caso di dire che in cinquant'anni non è uscita dall'amministrazione una sola idea nuova sul mercato del lavoro degli insegnanti. Si è semplicemente complicato all'infinito il vecchio sistema nato negli anni venti.

 

 

·         Gli effetti negativi

A questo punto dell'analisi, sono evidenti le conseguenze negative dell'attuazione della legge 124, prima fra tutte - ovviamente - il fatto di aver prodotto a pochi anni di distanza dalla sua approvazione, altre due disposizioni di legge di sanatoria (L. 53/03 e la L.143/2004)

Forse, il Parlamento, prima di accingersi a operare altre "integrazioni" avrebbe dovuto riflettere su questi effetti negativi della legge 124, che

·         Consolida un sistema di reclutamento vecchio di un secolo;

·         Promette la fine del precariato ed invece lo aggrava, perché: offre la speranza del posto, dato che trattiene la gente in elenchi "immortali", vita natural durante, per cui avremo - nel tempo - assunzione di insegnanti stanchi, vecchi, depressi, "fuori mercato", premiati per la sola virtù della costanza di stare in graduatoria;

·         Trasforma i precari in "disoccupati organizzati" (vedi l'infinità di coordinamenti extra sindacali), che premono per soluzioni che con la qualità della scuola hanno poco a che fare;

·         Consolida l'amministrazione centralistica che doveva sparire - vedi autonomia delle scuole e riforma del Titolo V della Costituzione - in un struttura e in una cultura anch'esse permanenti. L'amministrazione burocratica senza graduatorie non serve a nulla, perché è un'amministrazione nata e sviluppatasi sulla "gestione del personale";

·         Premia l'anzianità e nessun criterio di merito professionale (nessun serio tirocinio, nessuna valutazione durante il servizio di supplenza, e nemmeno dopo). Nessun insegnante incapace o incompetente sa di esserlo, perché nessuno glielo dice in nessun momento della sua carriera, nemmeno al momento di entrarci (e sarebbe questo un momento fondamentale);

·         Si basa sulla raccolta-punti : ogni minima supplenza (anche di una sola ora per 15 giorni) dà diritto ai punti per salire in graduatoria, che viene aggiornata annualmente;

·         Costituisce un esercito di disoccupati di riserva che è la palla al piede di ogni cambiamento strutturale del sistema : non si possono ridurre le ore curricolari (perché sono "tagli" ai posti), non si possono cambiare le materie (perché si riduce o si cambia "la speranza del posto"); non si possono fare modifiche organizzative (perché si incide sull'intoccabilità degli organici);

·         Ha dato origine a un mercato "grigio" delle supplenze (e dei punteggi) , a un sottobosco di scambi di "favori ", per avanzare nella fila;

·         Contraddice - senza abrogarla - la legge che ha stabilito il percorso universitario e di specializzazione per tutti gli insegnanti, dalla materna alla secondaria.

Tutte queste caratteristiche negative rendono ormai inutilizzabile la 124 e successive modificazioni per una moderna politica delle assunzioni del personale.

E' quindi indispensabile passare gradualmente ad un sistema che, partendo dall'analisi della domanda e dell'offerta, riesca a pianificare l'assunzione di insegnanti con l'obiettivo di far entrare nella scuola i migliori.

 

 

·         Le previsioni

Negli ultimi sei anni (1997-2003) sono stati assunti dall'Amministrazione, senza pianificazione, almeno 148.000 docenti (con contratto a tempo determinato o indeterminato), presi tra gli abilitati delle graduatorie permanenti oppure tra i laureati delle graduatorie di istituto.

Non é facile prevedere cosa succederà nei prossimi dieci anni, fino al 2014. Ma l'analisi storica della consistenza del turn over (cessazioni per limiti di età e per periodo massimo di servizio), ci dice che in questo periodo si dovrebbero liberare almeno da 200 a 300.000 posti.

La stima é molto prudenziale perché non tiene conto delle dimissioni volontarie (pensioni di "anzianità" o prepensionamenti), difficilmente quantificabili perché dipendono dalla legislazione pensionistica, ma che, fino ad oggi, rappresentano la grande maggioranza (in media dall'80 all'85%) del turn over. (Tabb. 5 e 6).

Tab. 5 - Cessazioni dal servizio degli insegnanti

avvenute negli anni 1997-2003: dimissioni e raggiunti limiti di età

anno

cessazioni
dal servizio
(anzianità e dimissioni)

di cui per raggiunti
limiti di età

%

Totale

1997/98

34.134

4.555

13,34

 

1998/99

24.454

2.567

10,50

1999/00

25.222

2.402

9,52

2000/01

23.146

2.642

11,41

2001/02

15.082

2.260

14,98

2002/03

15.563

2.353

15,12

2003/04

17.575

2.866

16,31

155.176

 

 

Grafico cessazioni dal servizio

fonte Miur 2004

 

Tab. 6 Previsione delle cessazioni dal servizio degli insegnanti

per raggiunti limiti di età. Ipotesi minima e massima (2004-2014)

Anno

cessazioni al compimento
del 65 anno di età

raggiunti limiti di età:
65 anni per i maschi e 60 per le femmine

Ipotesi minima

Ipotesi massima

2004/05

3.296

7.625

2005/06

4.446

11.877

2006/07

5.268

18.619

2007/08

6.861

23.461

2008/09

9.102

29.451

2009/10

11.663

31.438

2010/11

14.683

33.882

2011/12

23.647

36.049

2112/13

29.534

37.066

2013/14

36.227

36.587

2014/15

37.341

37.213

Totale

182.068

303.268

 

 

 

Grafico ipotesi

 

Se le cose restassero come sono oggi, cioè in una situazione di passività da parte dell'amministrazione e di semplice gestione dell'emergenza, ci troveremo nella condizioni di dover constatare che i precari inseriti nelle graduatorie permanenti - in maggioranza non qualificati e con 39 anni di età media - sono gli unici destinati a sostituire gli attuali docenti.

Per almeno altri vent'anni sarebbe preclusa ogni possibilità o speranza di poter migliorare radicalmente l'attuale funzione, le competenze e la qualità degli insegnanti.

L'Italia pagherebbe un debito troppo oneroso agli errori - forse inevitabili - degli anni Settanta.

 

 

·         Gli obiettivi

Quello che dovrebbe essere chiaro, ma purtroppo non lo è, è che qualsiasi revisione della legge 124/99 e successive modificazioni dovrebbe andare in direzione nuova. In sostanza, dovrebbe essere una legge che mette fine, per quanto gradualmente, al sistema del precariato, e non ridursi ad aggiu­stare dei punteggi e a prevedere ulteriori sanatorie che vanno ad infittire anziché snellire le file del precariato.

In questo é indispensabile ridefinire le finalità e gli obiettivi del mercato del lavoro della scuola, ancora prima di studiare le modalità e le procedure di selezione.

E tali obiettivi potrebbero essere questi:

·         ridurre il precariato a una percentuale "fisiologica " ed evitare il suo riprodursi;

·        favorire l'ingresso di personale insegnante che abbia caratteristiche sia culturali che professionali pertinenti con lo sviluppo di un sistema scolastico moderno e con il profilo e gli standard di un insegnante adeguato alle sfide del nuovo secolo;

·        abbreviare i tempi tra l'acquisizione del titolo di specializzazione e l'assunzione a tempo indeterminato;

·        valorizzare l'autonomia e la responsabilità gestionale delle scuole o delle reti di scuola;

·        cogliere l'occasione della revisione del sistema di reclutamento, per attuare gradualmente il dettato costituzionale, che prevede il decentramento alle Regioni dell'amministrazione del sistema scolastico.

 

 

·         Le possibili soluzioni

Con questi obiettivi generali si possono anche individuare alcune decisioni efficaci (Tab. 7). Questi alcuni dei punti necessari e indispensabili su cui riflettere:

·         interrompere il flusso di abilitati che alimenta le attuali graduatorie permanenti. Un serio provvedimento dovrebbe scrivere, senza ambiguità alcuna, che esse sono bloccate e che rimarranno solo ad esaurimento. Solo fino a tale esaurimento si dovrebbe mantenere la ripartizione fra il 50% di immissioni in ruolo dalla graduatoria permanente e il 50% degli "specializzati", in modo da favorire il ricambio degli insegnanti non solo generazionale ma anche qualitativo;

·         Riaffermare che il titolo necessario e indispensabile per accedere all'insegnamento, fino alle prime lauree specialistiche di cui all'art. 5 della legge 53/03, deve essere la specializzazione ottenuta nelle SISS per gli insegnanti della scuola secondaria e la laurea per gli insegnanti della scuola dell'infanzia e primaria. Fino all'applicazione dell'art. 5 della legge delega 53/03, solo questi titoli devono costituire titolo abilitante, in presenza di cospicuo praticantato nelle scuole (per almeno un intero anno scolastico, con normale orario di insegnamento). Il praticantato deve esser e valutato dalle stesse scuole e retribuito, come avviene, ad esempio, per i medici specializzandi;

·        escludere dalle graduatorie tutti coloro che hanno già un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ai quali viene garantito comunque, con i passaggi di ruolo e di cattedra, la possibilità di cambiare materia di insegnamento o ordine di scuola;

·         abolire ogni tipo di punteggio per le supplenze temporanee (sia annuali che "di breve durata") e tutti i contratti a tempo determinato dovrebbero essere di competenza delle scuole autonome, come stabilito dal DPR 275 sull'autonomia (art.15). Sarebbe anche questa l'occasione per semplificare le procedure di conferimento di supplenza, garantendo la precedenza solo agli insegnanti abilitati;

·         istituire borse di studio universitarie per la specializzazione di insegnanti nelle materie scientifiche (fisica, matematica, informatica, tecnologie, ecc.), di cui si prevedono, a breve, carenza di aspiranti;

·         assicurare le immissioni in ruolo solo per le discipline e le attività curricolari obbligatorie, con la copertura di tutti i posti vacanti e disponibili, calcolati successivamente alle operazioni di mobilità. E' sottinteso che la copertura di "tutti" i posti, e non solo di una percentuale di essi, dovrebbe essere assicurata solo al momento in cui sarà chiaro il quadro orario curricolare dei vari ordini e gradi di scuola definiti dalla riforma.

·         lasciare un margine di flessibilità alle scuole autonome per l'organizzazione delle attività opzionali attraverso la stipulazioni di contratti d'opera di natura professionale, come, peraltro, era già stato opportunamente e chiaramente scritto nella Legge 27 dicembre 1997, n. 449. [10]

·         Affidare la gestione dell'assunzione del personale docente alle scuole, o me­glio a reti di scuole con un certo bacino di utenza. A questo riguardo, una delle pro­poste più serie rimane quella della Commissione D'Amore istituita dal ministro Berlinguer.[11]

·        Introdurre contratti "a termine", pluriennali e rinnovabili per i posti temporaneamente liberi, in modo da garantire la copertura di tutti i posti vacanti e la continuità del servizio. Tali contratti dovrebbero prevedere l' interruzione del rapporto di lavoro per giusta causa al rientro del titolare;

·        Pianificare nel breve e medio periodo l'assunzione degli insegnanti abilitati, attraverso una previsione dell'andamento dell'offerta, delle potenzialità della domanda nelle sue varie caratteristiche e delle modalità per favorire l'assunzione di insegnanti di qualità.

Tab. 7 - Le principali soluzioni al problema del precariato

tenere chiuse le attuali graduatorie fino al loro esaurimento

con l'attuazione dell'art. 5 della legge 53/03, si dovrebbe scegliere un sistema diverso di reclutamento degli specializzati

ripulire le graduatorie dai 103.000 insegnanti già in ruolo

in modo da stabilire l'effettivo fabbisogno

verificare l'effettiva consistenza delle graduatorie

idem

favorire l'ingresso di insegnanti specializzati e specializzare gli attuali abilitati inseriti nelle graduatorie permanenti

anche attraverso quote di assunzione e l'incentivazione per quelli che hanno già l'abilitazione all'iscrizione ai corsi universitari

abolire i punteggi per tutte le supplenze inferiori ad un anno scolastico effettuate senza titolo di abilitazione.

per impedire la riproduzione del precariato

stabilire un meccanismo relativamente automatico di assunzione dopo la specializzazione

per ridurre i tempi di attesa

attribuire il potere di nomina dei supplenti alle scuole

come indicato dall'art.145 del DPR 275 del 1999

istituire, su tutti i posti disponibili, contratti di supplenza a termine pluriennali, con interruzione nel caso di rientro del titolare.

eliminando il precariato di breve durata. I contratti andrebbero riservati solamente agli abilitati.

istituire borse di studio per la specializzazione all'insegnamento delle materie scientifiche

di cui si prevede carenza della domanda nei prossimi anni

pianificare le immissioni in ruolo attraverso una previsione realistica dell'offerta

in modo da favorire l'ingresso di insegnanti di qualità

 

 

 

·         La decentralizzazione dell'amministrazione del personale

Un passaggio necessario e indispensabile: la regionalizzazione del personale della scuola

La riforma del Titolo V della Costituzione non ha realizzato per la scuola, quella devoluzione coraggiosa che avrebbe dovuto liberarla da antichi vincoli centralistici. Occorre una maggiore chiarezza e maggiore decisione nella decentralizzazione dei poteri dello Stato per quanto concerne la gestione ed amministrazione del personale della scuola.

Occorre cioè una devoluzione impostata su due principi fondamentali:

·         il mantenimento in capo allo Stato della definizione dello stato giuridico degli insegnanti;

·         il trasferimento alle Regioni del l'amministrazione del personale, ivi compresa la programmazione degli organici e delle assunzioni.

Si tratta in fondo di completare quel processo avviato, prima della riforma del Titolo V, con il decreto legislativo n. 112 del 31 marzo 1998, che ha attribuito alle Regione le competenze "di programmazione dell'offerta formativa e della rete scolastica", lasciando quelle della programmazione e della gestione degli organici del personale agli Uffici scolastici regionali.

E' tempo che non ci siano più sul territorio uffici statali, e che quelli esistenti si trasfor­mino in strutture interne all'amministrazione regionale. Chi ha il potere decisionale sulla programmazione e lo sviluppo delle sedi scolastiche non può non averlo anche sul personale.

Quando pensiamo alla "programmazione del personale docente" ci riferiamo in primo luogo alla definizione del numero programmato delle iscrizioni ai percorsi universitari che danno accesso all'insegnamento. Solo così si potrà stroncare alla radice il precariato, avendo fin dall'origine sufficientemente chiara la "quantità" di insegnanti che servono alle scuole.

Questo può essere fatto solo a livello decentrato in un fecondo rapporto fra Regione ed Università.

NOTE

[1] Miur, Servizio per l'Automazione Informatica e l'Innovazione tecnologica, Il chi é della scuola italiana. Gli insegnanti. Tutti i numeri del personale docente . A.s. 2001/2002, Servizio di Consulenza all'Attività Programmatoria, Roma, 2001, p.36.

[2] N. Daniele, Istituzioni di diritto scolastico , Milano, Giuffré, 1981.

[3] cfr. M. Gigante, L'amministrazione della scuola , Milano, Giuffré, 1988, pp.202-204.

[4] A. Santoni Rugiu, Il professore nella scuola italiana , Firenze, La Nuova Italia, 1967.

[5] Varie fonti: M. Gigante, L'amministrazione scolastica , Milano, Giuffré, 1988; Eurydice 1986. L'anno dell'educazione e della formazione , Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1987; Studi e Documenti degli Annali della Pubblica Istruzione, La scuola italiana degli anni Ottanta , Firezne, Le Monnier, 1987; R. Barone, La spesa pubblica per l'istruzione in Italia , Tesi di laurea, Roma, Università "La Sapienza", 1998; Quaderni degli Annali dell'Istruzione, Il chi é della scuola italiana , Firenze, Le Monnier, 2003.

[6] Per notizie dettagliate sulla vicenda del precariato nel secondo Dopoguerra cfr. "Precariato e reclutamento degli insegnanti nella storia della Repubblica", Proteofaresapere, gennaio 2004.

[7] La legge delega 477 del 1973 prevedeva "una formazione universitaria completa da richie­dere come requisito di base a tutti i docenti unitamente alla specifica abilitazione" (art.2). A trent'anni da quell'auspicio il 47% degli insegnanti ha ancora il diploma e lo 0,6% un ti­tolo di specializzazione post-laurea.

[8] Legge 19 novembre 1990, n. 341 - Riforma degli ordinamenti didattici universitari. Art. 4. ( Diploma di specializzazione) . 1. Il diploma di specializzazione si consegue, successivamente alla laurea, al termine di un corso di studi di durata non inferiore a due anni finalizzato alla formazione di specialisti in settori professionali determinati, presso le scuole di specializzazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162. 2. Con una specifica scuola di specializzazione articolata in indirizzi, cui contribuiscono le facoltà ed i dipartimenti interessati, ed in particolare le attuali facoltà di magistero, le università provvedono alla formazione, anche attraverso attività di tirocinio didattico, degli insegnanti delle scuole secondarie, prevista dalle norme del relativo stato giuridico. L'esame finale per il conseguimento del diploma ha valore di esame di Stato ed abilita all'insegnamento per le aree disciplinari cui si riferiscono i relativi diplomi di laurea. I diplomi rilasciati dalla scuola di specializzazione costituiscono titolo di ammissione ai corrispondenti concorsi a posti di insegnamento nelle scuole secondarie. 3. Con decreto del Presidente della Repubblica, da adottare nel termine e con le modalità di cui all'art. 3, comma 3, sono definiti la tabella della scuola di specializzazione all'insegnamento di cui al comma 2 del presente articolo, la durata dei corsi da fissare in un periodo non inferiore ad un anno ed i relativi piani di studio. Questi devono comprendere discipline finalizzate alla preparazione professionale con riferimento alle scienze dell'educazione e all'approfondimento metodologico e didattico delle aree disciplinari interessate nonché attività di tirocinio didattico obbligatorio. Con decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, emanato di concerto con il Ministro della pubblica istruzione, sono stabiliti i criteri di ammissione alla scuola di specializzazione all'insegnamento e le modalità di svolgimento dell'esame finale. Si applicano altresì le disposizioni di cui all'art. 3, commi 7 e 8. 4. Con lo stesso decreto del Presidente della Repubblica di cui al comma 3 o con altro decreto adottato con le medesime modalità, di concerto altresì con i Ministri di grazia e giustizia e per la funzione pubblica, sono determinati i diplomi di specializzazione di cui al comma 2 che in relazione a specifici profili professionali danno titolo alla partecipazione agli esami di abilitazione per l'esercizio delle corrispondenti professioni ovvero danno titolo per l'accesso alla dirigenza nel pubblico impiego.

[9] "Venne il 18 agosto 1835, ed io mi presentai nell'università innanzi otto professori componenti la facoltà di letteratura e filosofia. Dei molti scritti al concorso non ci venne che un solo, il quale ne aveva fatto un altro e ottenuto il secondo luogo, e veniva a questo con una certa confidenza di ottenere la cattedra. lo temevo perché mi sentivo a un gran punto. Si aprirono i libri, e ci diedero le tesi: si apri Omero, e avemmo a voltare in latino i primi dieci versi della seconda Iliade, e farvi su un comento filologico: si apri Cicerone de Oratore, e avemmo a scrivere una dissertazione latina su l'azione oratoria; si apri Orazio e avemmo a scrivere le lodi di Augusto in esametri latini ed in un'ode saffica italiana". L. Settembrini, Ricordanze della mia vita , in Opere , Milano, Feltrinelli, 1961.

[10] art. 40: "Anche in vista dell'attribuzione della personalità giuridica e dell'autonomia di cui all'articolo 21, commi da 1 a 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59, è consentita, altresì, alle istituzioni scolastiche la stipulazione di contratti a prestazione d'opera con esperti per particolari attività ed insegnamenti, purché non sostitutivi di quelli curricolari, per sperimentazioni didattiche e ordinamentali, per l'ampliamento dell'offerta formativa e per l'avvio dell'autonomia delle isti­tuzioni scolastiche")

[11] La proposta più seria in questa direzione in Italia è stata avanzata nel documento della Commissione D'Amore (10 marzo 1997), istituita da Berlinguer il 4 luglio 1996, con l'incarico "di definire, alla luce dell'art. 33 comma 4 della Costituzione, i possibili collegamenti fra scuola non statale e sistema pubblico di istruzione." Per quanto concerne l'assunzione dei docenti, quella proposta indicava un sistema unitario pubblico di reclutamento per le scuole statali e non statali paritarie che doveva rispon­dere a due principi:
a) attitudine a svolgere un servizio pubblico nazionale,
b) rispondenza alle esigenze delle scuole autonome.

L'iter prevedeva due fasi:
1) Abilitazione vincolata a un numero programmato ed esame di stato a conclusione dell'iter universitario
2) Concorso per titoli e colloquio presso gli istituti scolastici. In caso di scuole non statali i titoli richiesti non avrebbero mai dovuto configurarsi come adesione a un'ideologia politica o credo religioso.
Quella proposta, come quella più complessiva sulla parità in cui era inserita, fu presto abbandonata.