Salute in cattedra: I 30 seminari d’indagine hanno avuto luogo presso gli Istituti Scolastici dei Comuni di: Padova, Biassono, Pontassieve, Caserta, Pozzuoli, Pula, Sarroch, Domusnovas, Dolianova, Bari, Trani, Villanova d’Asti, Milano (2), Rho, Darfo, Pontevico, Ariccia, Cerveteri, Roma (4), Francavilla a Mare; Reggio Emilia, Palermo, Altofonte, Cefalù, Vicenza, Udine. Salute in cattedra: i risultati dell’indagine. File completo Vittorio Lodolo D’Oria, da burnout.blogscuola.it 23.11.2009 Introduzione Il fenomeno del disagio mentale professionale (DMP) degli insegnanti, più noto col nome di burnout, assume particolare rilevanza alla luce della nuova normativa sulla tutela della salute nei posti di lavoro (D. L.vo 81/08 e D. L.vo106/09). Questa pone in capo al datore di lavoro il compito di individuare e contrastare tutti i rischi sul lavoro, compresi quelli psicosociali, tenendo in giusto conto il genere e l’età del lavoratore. Dettagli tutt’altro che trascurabili poiché i dati forniti dal Ministero della Pubblica Istruzione, mostrano che il corpo docente è per l’81% composto da donne con un’età media che sfiora i 50 anni. La categoria professionale dei docenti rientra tra le cosiddette helping profession e risulta essere maggiormente esposta ad usura psicofisica (4; 20; 21). Nonostante ciò, nell’opinione pubblica è ben radicata la convinzione che la suddetta categoria fruisca di una condizione privilegiata. Con la pubblicazione dello studio “Quale rischio di patologia psichiatrica per la categoria professionale degli insegnanti?” (La Medicina del Lavoro N° 5/04), si arriva finalmente a investire della questione “DMP nella scuola” anche il settore medico-scientifico e non più solamente quello psicologico. Il termine burnout (2; 12) è di origine “psicologica” e non è contemplato nei manuali di diagnostica psichiatrica quali il DSM IV TR americano e l’ICD 10 europeo.
L’esposizione al rischio di sviluppare
una patologia psichiatrica è confermato da ricerche mediche sul
corpo docente condotte anche a Torino, Verona e Milano (25; 1; 14). La presente ricerca – condotta per conto di Orizzontescuola – integra e completa quella realizzata nel 2008, successivamente pubblicata su La Medicina del Lavoro n° 3/09 .
Razionale della ricerca
L’obiettivo dell’indagine è consistito
nel saggiare la consapevolezza dei docenti relativamente al fenomeno
del DMP e ai fattori che lo determinano, il loro vissuto sul campo,
la capacità a riconoscerlo/prevenirlo, il mobbing, l’allungamento
dell’età pensionabile ed altro ancora. Sono stati pertanto posti
loro specifici quesiti:
Metodi e analisi del campione La rilevazione ha interessato complessivamente 2.186 insegnanti ai quali è stato somministrato un questionario strutturato semi-standardizzato. L’indagine si è svolta nell’arco di un anno (Ottobre 08/09) ed ha previsto come contesto di rilevazione il setting di formazione, nell’ambito del quale l’autore ha svolto seminari sul tema del DMP e delle relative modalità di riconoscimento e gestione efficace dello stesso. La modalità di somministrazione è stata quella dell’autocompilazione assistita. Tale sistema ha come punto di forza la possibilità di motivare gli intervistati alla compilazione del questionario, attraverso una relazione diretta e personale con i ricercatori e i formatori, e al contempo permette agli intervistati di chiarire eventuali dubbi in fase di compilazione. Considerando che i corsi di formazione sono stati organizzati in 12 regioni d’Italia (Piemonte, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Veneto, Toscana, Lazio, Puglia, Sardegna, Abruzzo, Sicilia, Campania), il campione oggetto di studio produce un quadro di riferimento della scuola e degli insegnanti di gran parte del territorio nazionale. Per quanto concerne la composizione per sesso, il campione rispecchia la forte femminilizzazione dei docenti che esiste nella scuola italiana: l’81,3% degli insegnanti del campione sono donne, un valore che coglie con buona precisione la percentuale dell’universo pari all’81% (fonte Ministero dell’Istruzione, anno scolastico 2006/07). Pur essendo le donne del campione di poco più giovani dei colleghi uomini (46 anni a fronte di 46,7 anni) è assai rilevante la quota del campione costituita da donne che si trova nella classe di età perimenopausale (45-55 anni) che rappresenta ben il 38% dei soggetti intervistati. Si tratta di un riferimento importante in quanto la numerosità campionaria di questo specifico segmento (a causa della correlazione che sussiste tra il rischio di patologia ansioso depressiva e l’insorgenza della menopausa) consentirà di effettuare su di esso specifiche riflessioni. Dalla tabella 1 si evince che la maggioranza relativa dei docenti (il 44,5%) possiede un’anzianità di servizio di oltre 20 anni. Circa ¼ del campione insegna invece da meno di 10 anni. Tabella 1 – Anzianità di servizio nel ruolo docente
Meno di 10 anni di servizio 25,2%
Risultati La ricerca operata complessivamente su 2.186 docenti ha appurato che:
Discussione
La presente indagine integra quella
pubblicata il giugno scorso su La Medicina del Lavoro n° 3/09 ,
proponendosi di approfondire alcune questioni irrisolte o lasciate
in sospeso. Tuttavia la famiglia, quale punto di riferimento per la società e per lo stesso insegnante, diviene sempre più debole: se ne formano di meno, con pochi figli e sempre più instabili. Anche questa circostanza concorre verosimilmente a indurre un atteggiamento fortemente improntato all’ansia in oltre metà dei docenti a inizio anno scolastico.
La situazione si aggrava ulteriormente
per quel terzo di insegnanti che, per indole o diffidenza, si
rifiuta di condividere con i propri colleghi le difficoltà e
tensioni esperite sul lavoro. Questa situazione può essere particolarmente delicata nella donna insegnante per una serie di fattori: primo perché svolge una helping-profession che è già di per sé a rischio di disturbi ansioso-depressivi; secondo perché i medici non sono a conoscenza dei rischi psicosociali degli insegnanti; terzo perché la donna si deve rivolgere al giusto specialista (ginecologo o psichiatra?) ai fini della corretta terapia (ormonale sostitutiva o antidepressiva). L’ultima questione è particolarmente delicata poiché il tono dell’umore deflesso in periodo menopausale dovrebbe essere trattato almeno inizialmente – e in assenza di controindicazioni – con fitoestrogeni o con terapia ormonale sostitutiva a basso dosaggio. Non è certo di prima scelta infatti, in tale circostanza, il ricorso ad antidepressivi classici e neppure di nuova generazione . In sostanza occorre che il curante sappia effettuare una diagnosi differenziale tra una depressione propriamente detta di competenza dello psichiatra ed una depressione da menopausa di competenza del ginecologo almeno inizialmente. Anche sul versante oncologico vi sono ampi spazi di manovra riguardo all’attività di prevenzione. Infatti nello studio pubblicato su La Medicina del Lavoro (n° 5/04) emergeva che la prevalenza dei tumori era maggiore negli insegnanti rispetto ad altre categorie professionali considerate. Dall’attuale indagine risulta che solo il 60% delle donne in età esegue regolarmente gli screening oncologici.
Per gli intervistati, la famiglia è la
principale agenzia educativa dei ragazzi, seguita – ad abissale
distanza ma pur sempre sorprendentemente – dalle tecnologie.
Telefonini, computer e televisione precedono nell’ordine gli amici e
la scuola. Se la graduatoria risulta lusinghiera per la famiglia,
che invero attraversa tempi difficili, è deprimente per la scuola,
ove gli stessi docenti si considerano scavalcati, come impatto e
forza educativa nei confronti dei giovani, relegandosi all’ultimo
posto in graduatoria (1%). Interpretato come livello di autostima
del corpo docente, il dato percentuale osservato non può essere
certamente definito incoraggiante. Quasi metà del campione manifesta un’opposizione pregiudiziale a estendere l’età pensionabile a 65 anni per le docenti. Tuttavia sorprende che l’altra metà sia disposta a parlarne, solo dopo aver verificato la reale usura psicofisica dei docenti nel corso degli anni. L’apertura a un nuovo scenario potrebbe essere colta dall’istituzione per cominciare ad acquisire quei dati necessari a misurare i rischi psicosociali (tra l’altro come da nuova normativa sulla tutela della salute nei posti di lavoro) e per supportare adeguatamente il percorso professionale dei docenti. La maggiore fonte di stress sul lavoro sembra essere rappresentata dalle relazioni con l’utenza (con una lieve prevalenza di quelle con gli studenti rispetto a quelle con i loro genitori), seguite da quelle con i colleghi e, in minima parte, quelle col dirigente.
Nell’approfondire le relazioni con gli
alunni, si sono volute indagare quelle particolarmente delicate come
osservato da Bauer (Correlation between burnout syndrome and
psychological and psycosomatic symptoms among teachers – Health
2006) e dallo studio ETUCE (Prevenzione dello stress legato al
lavoro educativo – Federazione Sindacati della Scuola dei Paesi
Europei; 2007). Le patologie che preoccupano di più i docenti, che praticamente all’unanimità (94%) vorrebbero suggerimenti specialistici e una preparazione adeguata per poter trattare con questi utenti particolari, sono nell’ordine: l’iperattività con disturbo dell’attenzione (39%), la schizofrenia (37%), l’autismo (14%), l’epilessia (3%). Il dato è da considerarsi con cautela in quanto è condizionato verosimilmente dalla patologia che ciascun docente si trova a gestire nella propria classe. Inoltre, come segnalato da numerosi insegnanti, il primo dei suddetti disturbi, al contrario degli altri, assai frequentemente non fruisce del “sostegno”.
Conclusione La letteratura internazionale inquadra la categoria degli insegnanti tra le helping profession che sono particolarmente esposte ad usura psicofisica. Il nuovo Testo Unico per la tutela della salute nei posti di lavoro (D. L.vo 81/08 e successivi) prevede all’art. 28 che siano individuati e contrastati i rischi specifici della professione e lo stress lavoro correlato, considerando opportunamente anche il genere e l’ètà del lavoratore. Ne consegue che il dirigente scolastico – equiparato al datore di lavoro – deve adeguare il Documento di Valutazione dei Rischi alle nuove esigenze individuate dal legislatore, tenendo conto che il personale docente è composto per i 4/5 da donne, con un’età media di 50 anni. Dal presente lavoro, che integra i precedenti , emerge forte la necessità di rendere edotti gli ignari insegnanti su:
Contestualmente devono essere
illustrati ai lavoratori i loro diritti e doveri nel tutelare la
propria salute. Non risulta invece che i docenti siano a conoscenza
– come gran parte dei loro dirigenti – delle procedure per
sottoporsi all’accertamento sanitario, né le modalità per
l’eventuale ricorso alla Commissione Medica di II istanza.
A seguito di questi presupposti,
diviene cruciale acquisire i necessari elementi sull’effettiva usura
psicofisica di questa professione, prima di promuovere
l’innalzamento dell’età pensionabile a 65 anni. L’istituzione
potrebbe riguadagnare qualche punto di fiducia – attualmente
peraltro assai bassa tra la categoria – se affrontasse seriamente
l’argomento salute; così facendo restituirebbe il meritato prestigio
alla professione docente di fronte all’opinione pubblica.
vittorio.lodolodoria@fastwebnet.it
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