dalla Luna

 

La razionalizzazione della rete scolastica:
come risparmiare senza dare nell’occhio

Astolfo sulla Luna,  30.6.2014

Il “riordino” dell’istruzione secondaria, disposto con DL 25 giugno 2008 n. 112, ha previsto, fra le altre misure dedicate al comparto scuola, la “riorganizzazione” della rete scolastica ex DPR attuativo n. 81/2009.

La filosofia generale degli interventi normativi suindicati, meglio conosciuti coll’etichetta di “riforma Gelmini”, è stata quella di attuare un gigantesco risparmio nel settore della Pubblica Istruzione, che pesava ai tempi del “riordino” l’8,8 % del totale della spesa pubblica italiana, già un punto percentuale in meno del massimo storico raggiunto nel 2000, ma destinato a diminuire ulteriormente negli anni a venire. Per considerare solo l’intervento di dimensionamento della rete scolastica attuato col decreto citato e rinnovato negli anni successivi, esso ha inteso produrre un’economia di spesa non inferiore a 85 milioni di euro entro l'anno scolastico 2011/2012.

Si descrivono qui le modalità di risparmio seguite in un paio di casi concreti di “accorpamento” di istituti scolastici della media superiore, uno cittadino e l’altro di montagna. Come succede sempre quando il numero di studenti di una scuola è inferiore alla dimensione minima, in entrambi i casi la perdita di autonomia delle scuole accorpate ad istituti “più grandi” ha portato ad un primo risparmio dovuto all’unificazione della Dirigenza Scolastica in un’unica sede. Ora, la struttura della retribuzione di un DS, oltre allo stipendio tabellare e alla retribuzione di risultato, comprende una retribuzione di posizione con una quota fissa ed una variabile: ebbene, tale quota variabile è commisurata per 2/3 circa alla complessità dell’istituto diretto, quindi, se prendiamo come riferimento un DS di quarta fascia della Calabria (regione dove questa qualifica viene pagata di meno) che guadagna in totale circa 52.000 Euro lordi annui, si può stimare che l’eliminazione di un posto di lavoro apicale comporti il taglio di circa il 90 % del totale di uno stipendio medio di DS, dal momento che l’incremento di retribuzione per la direzione della sede accorpata può essere stimato intorno ad un 10% del totale.

Nei casi studiati il DS ha però incaricato un docente per la gestione della sede secondaria: se, con soluzione generalizzabile a tutti gli accorpamenti, consideriamo che l’indennità annua lorda percepita da tale docente si situa all’interno della forchetta fra i 2 e i 3 mila Euro, il risparmio netto di un singolo intervento di razionalizzazione della rete scolastica è non meno di 50.000 Euro annui solo per tale voce di bilancio. La razionalizzazione comporta anche una consistente diminuzione dei posti di lavoro per il personale ATA, sulla cui analisi non possiamo qui soffermarci, ma che – per quanto concerne il personale amministrativo - obbedisce alla logica seguente: una volta accorpate le scuole, si calcola il numero degli alunni e se esso non supera i 300, il nuovo istituto avrà un solo assistente amministrativo. In questo caso, dato che le due scuole preesistenti avevano almeno un impiegato ciascuna, il risparmio in termini di costo del lavoro sarà pari al 100%. A partire da questa base, ogni 200 alunni l’istituto ha diritto ad un impiegato in più: se il totale degli allievi delle due sedi non supera i 700, come accade nel caso studiato della scuola di montagna dove solo nella sede accorpata lavoravano 3 impiegati, si ha un’idea di quanti di essi siano destinati al sovrannumero e alla mobilità. Considerando che nel solo comparto delle scuole superiori del Veneto – quello meno toccato dalla politica degli accorpamenti a tappeto dei cosiddetti “istituti comprensivi” - l’anno prossimo ci saranno 4 accorpamenti, otteniamo che l’ordine di grandezza di questo risparmio strutturale, riguardante le spese per il personale e quindi destinato a protrarsi indefinitamente nel tempo, sarà non minore di 600.000 Euro annui.

Dopo aver cercato di mettere in luce l’aspetto finanziario di questa misura di politica scolastica, è interessante analizzarne l’aspetto gestionale: per quanto riguarda il conferimento dell’incarico di vicario, una remunerazione che, come abbiamo visto, non supera i 3000 Euro annui lordi dovrebbe corrispondere ad incarichi con mansioni specifiche, quali segretario verbalizzante, responsabile di progetto e similari, e non ad incarichi con mansioni di carattere generale, quali collaboratore vicario, responsabile di sede e consimili. In effetti le diverse figure professionali sopra elencate concorrono per un legittimo riconoscimento economico all’assegnazione delle risorse provenienti dal Fondo d’istituto (il MOF, che per inciso è stato tagliato quest’anno su scala nazionale per oltre 40 milioni di Euro). A dirla tutta, se il DS si occupasse quotidianamente anche della gestione della sede secondaria, sarebbero del tutto ingiustificati riconoscimenti economici al vicario sproporzionati rispetto alle altre figure professionali, ma nei casi studiati così non succede: il DS delega di fatto ai collaboratori prescelti la gestione della sede “staccata”, tenendo per sé unicamente il potere di firma nei confronti dei soggetti esterni all’istituzione.

Tale modello organizzativo, in cui il DS assomiglia al presidente di un consiglio di amministrazione, mentre il vicario ne è l’amministratore delegato per “gli affari interni alla sede secondaria”, assegna a quest’ultimo un ruolo molto simile a quello del “vecchio” preside delle scuole pre-autonomia istituzionale. Prima del DPR 275/99 infatti, la struttura centralizzata della pubblica istruzione prevedeva che i capi d’istituto applicassero le direttive emanate dal ministero attraverso i provveditorati, con un limitatissimo potere discrezionale. Prima di tale data non si sapeva però cosa fossero le funzioni strumentali, il POF, il patto educativo mentre le “attività di progetto” erano l’eccezione rispetto al tempo scuola.

Ora, in questa sede non si vuole affrontare la complessa questione se fosse meglio prima o lo è adesso, si vuole soltanto osservare che - se la soluzione organizzativa adottata in generale è quella illustrata nei due casi studiati - a fronte del consistente risparmio per ogni accorpamento, si può dubitare dell’efficienza delle misure di razionalizzazione della rete scolastica: per esempio in termini di gestione del personale scolastico e di segreteria didattica nella scuola accorpata di città non è presente stabilmente nemmeno un impiegato, e le sporadiche visite del Dirigente Amministrativo non servono certo a garantire un degno servizio di segreteria; nella scuola di montagna – che dista 20 km dalla sede principale - è rimasto stabilmente un solo impiegato che si occupa quasi esclusivamente di complesse pratiche amministrative riguardanti i laboratori e il convitto annesso.

Supponendo che la qualità del lavoro del personale docente non vari – nonostante gli inevitabili disagi seguiti all’accorpamento – è inevitabile che i rapporti con le famiglie diventino più faticosi: il altri termini, ammesso che la qualità del servizio scolastico non peggiori, c’è il forte rischio che muti la percezione di tale qualità da parte della cosiddetta “utenza”, costretta a subire numerosi disagi: un DS che riceve raramente, gli spostamenti da una sede all’altra per pratiche amministrative o ricevimento docenti, i ritardi nelle comunicazioni riguardanti i figli, giusto per indicarne alcuni. È da notare che ciò accade a prescindere dall’effettiva capacità di assumere e interpretare il ruolo di vicario da parte della persona incaricata – nei casi studiati senza alcun esonero dall’insegnamento - in quanto i limiti segnalati del modello gestionale analizzato sono di carattere strutturale: ciò significa che, nel caso in cui tale persona, nello svolgimento delle sue numerose mansioni, non tenesse conto dei limiti di cui sopra, sarà soggetto a rischio stress lavoro correlato.

In conclusione, una fetta consistente del risparmio totale derivante dalla riforma Gelmini è dato dalla razionalizzazione della rete scolastica, misura apparentemente neutra (se non addirittura presentata come efficiente dai venditori di consenso di qualsiasi colore politico) rispetto alla qualità complessiva della scuola e alla condizione lavorativa del personale scolastico: i casi illustrati dimostrano esattamente il contrario, sia per il maggior disagio creato in generale nei confronti di tutti lavoratori della scuola e in particolare per alcuni soggetti, sia per la sensazione di generale peggioramento dell’istruzione impartita ai propri figli che le famiglie percepiscono, senza però riuscire ad attribuirne correttamente le cause.


Trento, 30 giu. ’14                                               
 

Astolfo sulla Luna


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