|
Destra e sinistra:
storia di un salto con doppio avvitamento
Astolfo sulla Luna, 9.8.2014
Sarà vero, come dice il leader
pentastellato che la distinzione fra destra e sinistra è oggi superata?
E quindi che l’attuale premier, quasi per dargli ragione, ami ripetere
che non guarda tanto al fare cose di destra o di sinistra, quanto al
fare il bene del paese? Da uomo pragmatico qual è, quest’ultimo
continua a ribadire il suo programma: riforme, lavoro e spending review.
Le riforme realisticamente d’accordo con il capo dell’opposizione, il
resto cercando di alleggerire – forte del recente successo elettorale in
Europa - il fiscal compact. È un programma di sinistra? L’importante è
che sblocchi l’economia, e su questo ha avuto la fiducia di molti
italiani. Abbastanza singolarmente questo programma presenta notevoli
somiglianze con quello della destra storica, quando – fatta l’Italia –
si trattava di permetterle di reggersi in piedi, ossia di riformarne le
strutture istituzionali. Se poi ci prendiamo la briga di consultare un
manuale di storia, vediamo che i primi governi del Regno d’Italia
puntarono a liberalizzare l’economia, costruire infrastrutture e
privatizzare il demanio pubblico ed ecclesiastico, con l’obiettivo di
raggiungere il pareggio di bilancio, che infatti fu annunciato nel 1976
da Minghetti, ultimo capo di governo appartenente a questa corrente
politica. Abbiamo capito bene: la destra storica favorì la concorrenza
nel mercato, finanziò la costruzione di opere pubbliche e vendette ai
privati beni che appartenevano agli Stati e agli enti territoriali
pre-unitari. Oggi la coalizione di “centro-sinistra” che governa in
Italia sostiene la concorrenza sul mercato unico europeo e su scala
globale, si impegna a rilanciare i cantieri pubblici, dal Mose all’Expo,
vende le aziende pubbliche, da Eni ad Alitalia, passando per
St-Microelecronics, racimolando altri soldi attraverso la revisione
capillare della spesa pubblica. Obiettivo: tener buona la “troika”
finché non si raggiungerà il pareggio di bilancio.
Bene, ora proviamo a fare
l’esercizio inverso, a partire dalla dichiarazione del capo
dell’opposizione che rivendica i suoi meriti nel primo passaggio di voto
della riforma del senato, sottolineando contemporaneamente la sua
ostilità alla politica economica del governo. Nel dichiarare la
contrarietà della sua parte politica ai provvedimenti su elencati, non
specifica cosa intenderebbe fare una volta tornato al governo, ma
possiamo dedurlo dall’esperienza dei passati governi di “centro-destra”
che non hanno mai posto freno alla spesa pubblica, utilizzandola per
creare consenso specialmente nelle aree depresse del paese, a partire
dal Mezzogiorno. Cosa che di per sé non sarebbe un male, se non avesse
prodotto un’allarmante situazione della finanza pubblica, dato che è
stata accompagnata da una tendenza alla riduzione delle entrate
tributarie, grazie anche all’abolizione della tassa sulla casa. Ha
cercato infine di introdurre misure protezionistiche in alcuni settori
soggetti alla concorrenza estera.
Riassunti in questo modo, per forza
di cose frettoloso, i lunghi anni che hanno visto la guida di governi di
“centro-destra”, ci possiamo chiedere, facendo un passo indietro di
circa 140 anni, come fece la sinistra storica ad andare al potere e poi
cosa fece durante i suoi anni di governo: in effetti essa, per scalzare
la destra, fece leva soprattutto sul malcontento diffuso nel meridione
d’Italia, quindi – inaugurando la famosa stagione del trasformismo –
cercò di allargare il consenso con una politica di tipo clientelare.
Infine, abolì una tassa particolarmente odiosa, e, per avviare
l’industrializzazione, introdusse il protezionismo doganale.
In altri termini, se è vero che
Berlusconi è andato a lezione da Depretis e Crispi, nondimeno Renzi ha
studiato Minghetti e Ricasoli. Ma allora mi permetterei di correggere le
parole di Grillo: non è che oggi destra e sinistra non esistano più, in
realtà oggi i partiti che continuano a fregiarsi di tali etichette
adottano strategie politiche fra loro molto simili se non
paradossalmente rovesciate: le ragioni di tale evoluzione sono
molteplici, tuttavia credo siano sostanzialmente tutte riconducibili al
fatto che entrambe le parti politiche rappresentano sempre meno
elettori, come se si fosse tornati di fatto al suffragio ristretto su
base censitaria dell’Italia post-unitaria. Quanto al movimento fondato
dall’ex comico genovese, dovrebbe decidersi di stare da qualche parte
prima di fare la fine dell’Uomo Qualunque.
9 ago. 14
Astolfo sulla Luna
torna
su |