Il ciclo economico
della formazione degli insegnanti
Astolfo sulla Luna, 13.11.2012
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Formatori, dove vengono pubblicizzati – previa registrazione - Master di
I livello per formatori “a gratis” in quanto, pare, finanziati con soldi
pubblici. Mi chiedo, è tornato il vento in poppa alle vele del malconcio
vascello dell’economia italiana?
Dopo anni di vacche magre, iniziati
anche nel settore della formazione assieme alla bolla immobiliare
americana e i relativi mutui subprime, la grande crisi che - stando ai
maggiori centri studi internazionali - non è ancora superata, sta invece
evolvendo in positivo? Da dove vengono altrimenti i denari necessari a
finanziare questa formazione gratuita offerta agli insegnanti?
Se le cose stanno così, possiamo
considerare il numero dei corsi di formazione organizzati al mese in
Italia, come un nuovo e affidabile indicatore prociclico del punto di
svolta inferiore del ciclo degli affari?
Ma allora siamo anche noi in grado
dare consigli a destra e a manca sul futuro dell’economia mondiale come
i grandi guru dell’università o della finanza, e – effetto collaterale
non trascurabile – fare un bel po’ di soldi. L’idea è poi così
peregrina? Verifichiamola.
Qual è stato il ministro che ha
azzerato l’esperienza decennale delle Ssis? Se non ci ricordiamo male,
la Gelmini nel primo anno del suo indimenticabile triennio di guida al
MIUR. Quindi, un canale formativo che – a prescindere da valutazioni di
efficacia ed equità – aveva creato un notevole giro di denaro fra
aspiranti al posto di insegnante, università e formatori interni o
esterni ad essa, è stato chiuso nell’anno, 2008, in cui è iniziata la
grande crisi, dopo una decina d’anni coincidenti ad un periodo di
crescita fiacca ma costante dell’economia italiana. Negli anni
precedenti alla crisi persino il sottoscritto, completamente estraneo
all’entourage dei baroni universitari che solitamente distribuiscono
incarichi in base a criteri piuttosto soggettivi, era stato “pescato”
per fare il formatore di aspiranti all’insegnamento.
Passando al settore della
cosiddetta formazione in servizio, le Regioni hanno investito un bel po’
di soldi nell’offerta di corsi per organizzare progetti di Alternanza
Scuola-Lavoro, piuttosto che unità didattiche per competenze, solo per
citare le ultime mode ministerial-pedagogiche. Anche in questo caso,
senza valutare tale offerta dal punto di vista dell’efficacia e
dell’opportunità, si nota che l’anno scolastico 2008/09 ha segnato il
punto di inversione del trend positivo che durava dai bei tempi dei
progetti assistiti: da quell’anno questo tipo di corsi è organizzato col
contagocce e si è innescata una concorrenza spietata fra i formatori
allo scopo di accaparrarsi i pochi incarichi disponibili, mentre
formatori anche di lungo corso restano al palo.
Gli esempi potrebbero continuare,
quello che è certo è che il mercato della formazione sembra seguire
l’andamento dell’economia in generale (fra parentesi, come si era già
avuto occasione di sottolineare, la formazione – se valida – dovrebbe
favorire la ripresa dell’economia, rappresentando un investimento in
“capitale umano”). Detto questo, ognuno è libero di fare le proprie
personali valutazioni circa i corsi che abbiamo citato all’inizio.
Una cosa è certa: quando le vacche
sono grasse danno il latte a tutti i vitellini, mentre se il foraggio
scarseggia solo pochi sopravviveranno.
13 nov. '12
Astolfo sulla Luna
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