dalla Luna

 

La scuola ai tempi di Supermario
ovvero il carattere degli insegnanti italiani

Astolfo sulla Luna,  6.9.2012

 

Forse non tutti sanno che il grande scrittore russo Tolstòj in “Guerra e pace” riporta anche una considerazione sul nostro carattere nazionale: “l’italiano è sicuro di sé quando è agitato, perché allora dimentica facilmente se stesso e gli altri”.

Ripensando all’estate mediocremente problematica appena trascorsa dobbiamo rievocare un episodio particolare per verificare l’affermazione tolstojana: è inevitabile ricorrere ai grandi eventi sportivi che riguardano collettivamente il nostro paese, in particolare più allo sport nazionale che alle Olimpiadi londinesi, quindi agli europei di calcio. La memoria non può non andare agli esaltanti gol del giovane Supermario contro la Germania di Frau Merkel ed all’ebbrezza collettiva provata in quel fine settimana di giugno, salvo poi arrivare alla sonora batosta subita il 1° luglio dai nostri calciatori contro la nazionale spagnola nel “derby europeo del debito sovrano”, che ci ha riportato alla dura realtà.

Ora, avendo presente che l’entusiasmo è una forma positiva di agitazione, ne deduciamo – a conferma della definizione del grande russo - che normalmente la quotidianità ci è nemica: su un altro campo anche gli andamenti altalenanti in borsa confermano, nonostante le (dichiar)azioni di Supermario il vecchio, la poca fiducia che gli investitori nutrono normalmente nei confronti delle nostre imprese e del nostro apparato statale.

Per venire a noi e all’inizio del nuovo anno scolastico, si tratta di affrontare la dura realtà, il che significa tagli che – se non saranno lineari come ai primordi della chirurgia – ci si aspetta siano raffinatissimi, secondo il nuovo bisturi della “spending review” che per tutta quest’estate è stato affilato nel chiuso dei palazzi ministeriali, specialmente da quando il Parlamento è andato in ferie. Dunque, la “revisione” della spesa pubblica, ossia la sua diminuzione, è di entità globale ancora ignota, ma certo vicina ad una manovra di bilancio, se è vero che i tedeschi (anche per loro il buon Tolstoj aveva in serbo una definizione) non molleranno facilmente i loro Euro agli sfaccendati mediterranei.

A dire la verità – come sappiamo – la faccenda è un po’ più grossa: pare che la Fed abbia concesso segretamente circa 1200 miliardi di dollari di prestiti alle grandi banche d’affari statunitensi durante la crisi che ci attanaglia dal 2008. Sappiamo che dietro questa mossa c’è una precisa ideologia, quella liberista dello stato minimo e delle diseguaglianze sociali – per inciso durante la famosa grande crisi degli anni ’30 del secolo scorso la creazione di base monetaria avveniva soprattutto attraverso il deficit spending pubblico e non con il salvataggio dichiarato o occulto di banche private – ed un preciso disegno strategico, quello di mantenere la leadership politico-militare su un mondo sempre più multipolare. Tornando ai problemi nostrani, tutto ciò costringe Monti, Supermario il vecchio, a “giocare di rimessa” senza violare le regole del gioco imposte dalla speculazione internazionale: ciò significa, fuor di metafora, spremere il nostro malandato welfare senza che i cittadini se ne rendano del tutto conto, complice la strana “maggioranza istituzionale” che lo sostiene. E ben sapendo di non poterla dare a bere né agli occhiuti gnomi della finanza, né ai severi superburocrati comunitari.

In questo disegno politico, sanità e servizi territoriali possono venire duramente colpiti dai tagli, in quanto è possibile scaricarne parzialmente le responsabilità sugli amministratori locali. La scuola invece viene parzialmente risparmiata – ed ecco perché molti dicono che poteva andare peggio – per due motivi: primo, perché la sua gestione è centralizzata e quindi delle sue disfunzioni è responsabile direttamente il governo centrale; secondo, perché essa sembra strategica per lo sviluppo del paese, cosa della quale, almeno a parole, il governo si preoccupa. È vero almeno fin dai tempi di Adam Smith che “la differenza fra i talenti naturali è in realtà assai minore di quanto noi crediamo; e l’ingegno assai diverso che sembra distinguere gli uomini nelle diverse professioni, quando sono pervenuti a maturità, è, in molti casi, non tanto la causa quanto l’effetto della divisione del lavoro. La differenza fra i caratteri più diversi, per esempio fra un filosofo e un facchino comune, sembra derivare non tanto dalla natura, quanto dall’abitudine, dal costume e dall’educazione.” (La ricchezza delle nazioni, UTET, 1975, p. 94).

Allora, sulla scorta di una affermazione di carattere generale circa la necessità che lo stato si occupi di educazione e di un’osservazione particolare circa il carattere degli italiani, verifichiamo se le misure che riguardano la scuola contenute principalmente nel provvedimento del 5 luglio di revisione della spesa e poi precisate durante l’estate, siano in linea con le esigenze di sviluppo del paese.

La riconversione del personale di ruolo in posti di sostegno, per incarichi di supplenza o insegnamento in discipline senza abilitazione è una misura obbligatoria per evitare i licenziamenti che risulterebbero dalla riduzione di organico prevista dalla riforma Gelmini. Si tratta quindi di un intervento di risparmio mascherato come stabilizzazione dei posti di lavoro; la riprova di ciò si ha nella norma che prevede la posizione di esubero del docente che ha raggiunto l’età pensionabile per poter andare da quest’anno in quiescenza. La disparità di trattamento nei pensionamenti è palese, e già ci immaginiamo l’intasamento dei tribunali conseguente, ma la ratio del provvedimento nell’ottica governativa è la stessa della norma citata sopra, ossia il risparmio nella spesa previdenziale.

L’obbligatorietà delle pagelle e del registro elettronico sembrerebbe una misura finalmente in linea con l’ammodernamento delle strutture burocratiche del paese, similmente agli interventi che tutte le amministrazioni stanno introducendo per sostituire i documenti cartacei con snelle procedure telematiche. Tuttavia l’immediata e trasparente comunicazione del voto agli interessati - a prezzo di un discreto aumento del carico di lavoro aggiuntivo per i docenti – non avrà necessariamente aspetti positivi, se si considera la complessità del processo valutativo (si pensi ad es. alla difficoltà di indicare il diverso peso dei voti per interrogazione, verifica formativa, esercitazione, lavoro di gruppo ecc. ecc.), con il rischio di nuovi conflitti con le famiglie. Da un punto di vista generale, essendo dubbia l’efficacia di tale norma per la valutazione scolastica, tuttavia verrà sicuramente conseguito un risparmio nel lungo termine.

Arriviamo alle dichiarazioni di questi giorni del ministro Profumo, circa le novità che ci saranno nel reclutamento degli insegnanti: sembra che il nuovo ministro voglia puntare tutto sui concorsi, da indire addirittura ogni due anni. A parte l’ingiustizia nei confronti dei precari cosiddetti storici e la irrealistica previsione di mettere a concorso un numero programmato di posti in modo da evitare la creazione di graduatorie provvisorie, ancora non è chiaro quali saranno i requisiti per accedere a tali concorsi: se basterà la laurea, allora si tornerà al modello dei vecchi concorsi che non richiedevano nessuna esperienza di lavoro, se sarà necessaria un’abilitazione, bisognerà capire in che modo verrà concessa, il che significa reintrodurre surrettiziamente le graduatorie. Nel frattempo l’inizio del nuovo anno scolastico, a causa da un lato della norma che vieta l’utilizzo di precari prima che venga attuato il provvedimento di riconversione del personale di ruolo e dall’altro delle nuove immissione in ruolo di fine agosto su spezzoni di cattedre fra diverse sedi, avverrà – come apprendiamo dai mezzi di comunicazione - con un certo numero di classi scoperte. Anche in questo caso, a parte le dichiarazioni sui provvedimenti futuri, l’effetto immediato dei provvedimenti in esame si traduce in risparmi di spesa, a prezzo di inefficienze e disagi.
Terminiamo l’esame dell’azione di politica scolastica del ministro Profumo, accennando alle misure annunciate il 6 giugno scorso per promuovere il merito degli alunni: la premiazione dello “studente dell’anno” da parte di ogni scuola con una borsa di studio e/o uno sconto sulle tasse universitarie, accompagnata dall’organizzazione di Olimpiadi nazionali o internazionali per materie scolastiche con in palio la frequenza gratuita di un corso di approfondimento, sembrano misure molto deboli per rovesciare la tendenza – ormai travolgente in certe regioni italiane - all’inflazione dei voti e dei 100 e lode. Probabilmente corrisponde alle risorse che ora il ministero può mettere in campo per questo importante obiettivo, l’unico che potrebbe in teoria rilanciare il settore della formazione con importanti conseguenze benefiche sullo sviluppo complessivo del paese; le risorse che verranno messe in campo per applicare queste misure saranno irrisorie, dato che le stesse non sono nient’altro che la razionalizzazione di servizi già esistenti.

A questo punto, per tornare alla osservazione tolstòjana sul carattere nazionale, credo che la classe insegnante - ponendosi con ascetico distacco nei confronti della realtà - dovrà trovare ancora una volta nelle proprie risorse morali sicurezza di sé e serenità necessarie per accingersi alle fatiche del nuovo anno scolastico. È con questo invito all’ottimismo della volontà che auguro a tutti un buon inizio.

 

6 sett. '12  

 

Astolfo sulla Luna


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