dalla Luna

 

La cultura di governo e i processi di cambiamento scolastico

Astolfo sulla Luna,  3.3.2011


Il prof. De Rita, in un fondo sul Corriere della Sera del 17 febbraio scorso, si sente in dovere di giustificare nei confronti dei suoi interlocutori stranieri il fatto di non appoggiare l’indignazione generale nei confronti delle vicende che coinvolgono l’attuale capo del governo, né di sottolineare l’aspetto ridicolo assunto dall’interpretazione ufficiale da parte della maggioranza dello scopo di una sua certa telefonata, né infine di richiamare all’etica i politici in generale. Ma il ragionamento a mio parere più interessante del professore è più avanti, quando avanza una sua proposta per consolidare la cultura di governo, molto carente nel nostro paese, osservando che le parole programma e riforme hanno perduto ormai ogni significato, e vanno sostituite dal termine processi, che si traduce in governo della contingenza, il che comporta l’accettazione dell’incertezza e della finitezza del potere costituito nelle società del terzo millennio.

Proviamo ad applicare questa proposta ad una delle tante riforme che il governo in carica ha attuato, cioè la riforma della pubblica amministrazione, in particolare quella scolastica. In primo luogo si è potenziata la struttura gerarchica nelle scuole, dotando i Dirigenti Scolastici di maggior discrezionalità nei poteri sanzionatori, mentre è in atto il tentativo di estendere ai docenti la logica di graduale applicazione della normativa su performance e merito ex D. Lgs. n. 150/09. Quali sono i processi coinvolti in questa modifica strutturale del sistema scolastico? Il primo processo riguarda il controllo da parte dei capi d’Istituto nei confronti dei loro dipendenti: in attesa dell’introduzione dell’assunzione diretta anche per i docenti con contratto a tempo indeterminato (per quelli a tempo determinato di fatto c’è già, vedi notifica della proposta di assunzione con sms al posto del telegramma), si osserva che, utilizzando ad esempio l’istituto della sospensione cautelare dal servizio, i DS possono rendere molto efficaci i loro ordini di servizio.

Ma a quale scopo verranno usati questi strumenti sanzionatori? Per migliorare le performances dei docenti e quindi gli apprendimenti degli studenti? Abbiamo qualche motivo per dubitare di ciò, e non tanto per pregiudiziale disistima nei confronti della categoria, ma perché riteniamo che i DS non hanno, né possono avere, la reale percezione dei livelli di apprendimento degli studenti che frequentano il loro istituto. E qui si aggancia l’analisi dei processi di valutazione del merito, sul quale sono apparsi numerosi approfondimenti ufficiali (si veda ad es. PD di febbraio ’11) e ho avuto modo di dire anch’io la mia.

Senza dover ridire le stesse cose sulla valutazione “oggettiva”, val la pena di aggiungere qualcosa a proposito della valutazione soggettiva affidata al nucleo di valutazione presieduto dal DS (il quale aggiunge questo potere a quello di sanzionare i docenti che sgarrano) sulla base della documentazione presentata dai docenti volontari. Verso fine gennaio le segreterie delle scuole superiori hanno recapitato agli insegnanti di ruolo un innocente modulo da compilare con i soliti dati: titoli di studio, altri eventuali titoli riguardanti lingue straniere ed informatica, abilitazioni all’insegnamento. L’operazione, guidata da un manuale ricavato dal SIDI, rappresenta di fatto, data anche la sua tempistica, il famoso “atto di trasparenza per famiglie e studenti che potranno avere più elementi per valutare le scuole e gli insegnanti che vi lavorano” preannunciato in una delle tante conferenze stampa della ministra, esattamente quella del 25 ottobre scorso. Questi interessantissimi dati confluiranno infatti nel’anagrafe nazionale telematica dei docenti, di cui i tecnici del ministero garantivano l’operatività “già da gennaio prossimo”, cioè dal mese al cui termine è stato diffuso il suddetto modulo. Dati i tempi lunghi che lo sviluppo dell’operazione sta impiegando, una recente circolare invita docenti e segreterie a concluderla velocemente, considerandola uno degli obblighi inerenti il rapporto di lavoro.

Avete capito bene: dati già in possesso dell’amministrazione scolastica, in quanto richiesti fin dalla prima supplenza breve e prodotti in carta bollata al tempo dell’assunzione in ruolo, richiesti almeno una volta all’anno in occasione della compilazione delle graduatorie d’istituto, per non parlare delle eventuali domande di trasferimento, vengono nuovamente chiesti allo scopo di pubblicizzare questo documento che viene definito il CV dei docenti. Ci sarebbe da ridere di questo ennesimo non sense burocratico se il documento non si inserisse appunto nel contesto del merito soggettivo, che, assieme alla autovalutazione professionale e ai dati raccolti presso gli “utenti del servizio”, dovrebbe essere stabilito dal nucleo di valutazione. Dunque, se le cose procedono in questo modo, il processo di valutazione del merito dei docenti ha poche chances di sortire qualche effetto positivo e tutta l’operazione di riforma dell’amministrazione scolastica secondo i cd. Decreti Brunetta, ad esser ottimisti rischia di rivelarsi un buco nell’acqua per quanto riguarda il miglioramento degli apprendimenti degli studenti, e un pericoloso strumento di “persuasione” nelle mani dei Dirigenti Scolastici. Ad essere ottimisti.. e se, tornando alle dichiarazioni del prof. De Rita, che sottolineano proprio le capacità di gestire i processi come indice di una buona cultura di governo, non ci fossero tanti motivi di ottimismo?

3 marzo 2011

 

Astolfo sulla Luna
 


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