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La valutazione dei docenti
e l’associazione professionale
Astolfo sulla Luna, 22.6.2009
Prendo spunto dalle indagini
apparse su Professione Docente in questi mesi che sottolineano che i
docenti non sono pregiudizialmente contrari alla creazione di un sistema
di valutazione del loro operato, per porre una questione: da cosa nasce
in noi insegnanti il desiderio di essere valutati?
Io penso che esso nasca da due
bisogni fondamentali che si traducono in volontà: in primo luogo
dimostrare all’opinione pubblica che si fa il proprio dovere, in secondo
luogo confrontarsi con la tematica del merito. Si tratta di bisogni, più
o meno indotti e comunque resi impellenti da ben orchestrate campagne
mediatiche contro la scuola pubblica, da quella del caso del prof. M,
alle più svariate classifiche internazionali, alle misure contro i
fannulloni.
Alla luce degli ultimi sviluppi
della politica scolastica, nella quale lo strumento dell’ “annuncio al
mercato” viene utilizzato sempre più spesso per ottenere il consenso
immediato dell’opinione pubblica, mi sembra tuttavia alquanto
velleitario il proposito di raggiungere l’obiettivo della conquista
della fiducia del pubblico esibendo la semplice disponibilità a farsi
valutare. Il motivo è molto semplice: se chi non opera nella scuola,
spesso non per nulla è in grado di comprendere cosa succede al suo
interno, di certo non potrà apprezzare gli esiti di una valutazione
della scuola stessa.
In altre parole, anche ammesso che
si riuscisse ad implementare un sistema trasparente ed efficace di
valutazione del sistema scolastico, molto probabilmente l’opinione
pubblica tenderebbe a dar ragione ai policy makers, i quali parlano in
modo semplice e diretto, mentre per forza di cose la valutazione del
sistema scolastico – come ampiamente dimostrato nei numeri precedenti
della rivista - è una questione piuttosto complessa.
E qui interviene il secondo bisogno
degli insegnanti, quello di confrontarsi con il merito: se il desiderio
- spesso tradotto in frustrazione che ha come capolinea il burnout - di
far vedere che si lavora è indotto, come abbiamo visto, dall’esterno del
mondo della scuola, il bisogno di distinguersi nasce più dall’interno,
dalla constatazione della persistenza delle cosiddette “mele marce”,
dall’esigenza di valorizzare i più capaci, dalla necessità di motivarsi
in un lavoro che può rischiare la routine o l’autoreferenzialità.
La prima spinta alla “meritocrazia”
scolastica è risolvibile con un appena decente sistema di valutazione
individuale, che non subisca veti sindacali ma eviti l’arbitrarietà del
licenziamento dirigenziale: proposte ne sono arrivate a decine, anche
dalle pagine di PD; sorge il dubbio fondato che continui a mancare la
volontà politica per eliminare, o meglio ancora impedire l’accesso al
sistema scolastico, dei pochi elementi veramente “fannulloni”.
La seconda spinta, quella dettata dall’esigenza di valorizzare i più
capaci, viene ostacolata dal mancato ottenimento dell’area separata di
contrattazione: da quando sono state introdotte l’autonomia scolastica e
l’area dirigenziale, si sono valorizzate solo le capacità organizzative
degli insegnanti ed in modo a mio giudizio piuttosto nepotistico;
d’altronde, se questo è nel nostro paese il modo più diffuso di
intendere la “buona amministrazione”, per quale motivo avrebbe dovuto
essere diverso nella scuola? Ma l’assenza del contratto separato per gli
insegnanti ha impedito di premiare la capacità di insegnare, che fino a
prova contraria dovrebbe essere la qualità per cui uno viene assunto
appunto come insegnante, e non ad es. vicepreside o collaboratore del DS.
Ciò ha causato il calo della
motivazione per quegli insegnanti che, a prescindere dalla spinta
volontaristica, desidererebbero dedicarsi a tempo pieno alla loro
professione senza il timore di non riuscire a mantenere una famiglia.
Ecco perché la migliore battaglia che la Gilda degli Insegnanti può fare
oggi – aldilà dell’ormai ventennale impegno per l’area separata - è
quella di portare avanti le sue idee negli spazi politici riservati alle
associazioni professionali sulle tematiche della riforma della scuola in
generale e su quelle del profilo professionale docente in particolare. È
quindi indifferibile la costituzione di una associazione professionale
Gilda degli Insegnanti, come organismo collaterale alla FGU, che sappia
affrontare sistematicamente i diversi capitoli contrattuali e normativi
che ci riguardano – fra cui quello della valutazione, con l’ottica
propria della nostra professione.
Mestre, 2e giugno 2009
Astolfo sulla Luna
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