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Il recupero
dell'irrecuperabile.
Astolfo sulla Luna, 23/10/2007
È senza entusiasmo ed anzi con una punta di fastidio che ci tocca
ragionare sulla questione della supposta reintroduzione degli esami di
riparazione: è in corso infatti l’ennesima polemica politica non tanto nel
merito della questione stessa, quanto sul mancato rispetto della gerarchia
delle fonti del diritto nell’innovare la materia; mentre infatti
l’abolizione degli esami di riparazione avvenne per legge nell’ormai
lontano 1995, il loro ripristino sarebbe avvenuto per decreto
ministeriale, fonte secondaria della produzione normativa che non può, per
principio, contraddire fonti primarie.
Ha un bel dire il Ministro che non di esami di riparazione si tratta bensì
di “rimodulazione dei tempi di recupero dei debiti formativi”; il fatto è
che il clamoroso errore sul piano della comunicazione è ormai stato fatto,
ed è arduo porvi rimedio: lo dimostra la protesta studentesca che in
questi giorni dilaga, ammirevole negli intenti ma purtroppo inficiata da
gravi lacune informative.
Il fatto è che il D.M n. 80 del 3 ottobre ’07 cerca di porre rimedio ad un
secondo errore, ben più grave del primo in quanto di natura normativa,
contenuto nel D.M n. 42 del maggio di quest’anno. L’errore consisteva,
com’è risaputo, nel rendere il superamento dei debiti formativi
obbligatorio per l’accesso all’Esame di Stato, dimenticando che una
percentuale crescente di studenti trascina senza speranza tali debiti da
un anno all’altro: l’attuazione di tale norma avrebbe comportato per
questi non pochi studenti un gap di fine carriera scolastica difficilmente
superabile, con probabile innesco di complicati contenziosi
burocratico-amministrativi.
La “toppa” è rappresentata dall’art. 5 del DM 80 che prevede “al termine
delle lezioni” il “rinvio della formulazione del giudizio finale” e
contestualmente la comunicazione alle famiglie degli “interventi didattici
finalizzati al recupero dei debiti formativi che la scuola è tenuta a
portare a termine entro la fine dell’anno scolastico”. Ora, se si
considera che la locuzione “al termine delle lezioni” altro non indica che
lo scrutinio di fine anno scolastico, unica sede legalmente idonea a
“constatare il mancato conseguimento della sufficienza in una o più
disciplini”, l’interpretazione (teleo)logica della norma implica il
proseguimento dell’anno scolastico oltre lo scrutinio di fine anno
scolastico.
Tale interpretazione è confermata dal successivo art. 6: che prevede “di
norma entro il 31 agosto dell’anno scolastico di riferimento… e comunque
non oltre la data di inizio delle lezioni dell’a.s. successivo … la
formulazione del giudizio definitivo in sede di integrazione dello
scrutinio finale”: apparentemente per gli alunni indebitati, e pare anche
per i loro insegnanti, vengono annullate le vacanze estive. Casi come
questo richiamano l’antica saggezza dei proverbi popolari, che in terra
veneta risuona nell’adagio “pezo tacon del buso!”
Ma non è finita qui, perché la questione si complica ulteriormente in
riferimento ai tempi e alle modalità di attuazione della norma: si presume
che essa entri in vigore ad anno scolastico già avviato, dal momento che
l’art. 1 del DM 80 impone alle istituzioni scolastiche di organizzare
subito dopo gli scrutini intermedi gli IDEI di recupero, ossia durante il
secondo quadrimestre che in molte scuole inizia a gennaio 2008. A tal
proposito gli artt. 3 e 4 indicano la possibilità di adottare diverse
soluzioni didattiche ed organizzative (flessibilità oraria, gruppi di
livello, soggetti esterni, modalità laboratoriali) e l’art. 9 impone alle
scuole di modificare il POF dell’anno scolastico in corso per definire “le
modalità di recupero e verifica dell’avvenuto saldo dei debiti formativi”.
Il bello è che tali modifiche devono essere fatte entro il 31 dicembre
p.v. sulla base di criteri generali stabiliti con Ordinanza Ministeriale!
Si può ipotizzare che gli studenti indebitati delle attuali IV classi (la
“riforma” va a regime nel 2008/09) che stanno in questo periodo tentando
il recupero dei debiti “pesanti” contratti durante lo scorso anno
scolastico, dovranno con molta probabilità fra due mesi frequentare corsi
di recupero per le nuove lacune nel frattempo evidenziate; ora, non mi
pare particolarmente brillante un modello pedagogico che preveda lo
sfasamento temporale delle attività di recupero di un quadrimestre,
rispetto alle attività curricolari che hanno prodotto i debiti: introduce
elementi di rigidità, sia rispetto alla durata variabile dei singoli
moduli didattici alla fine di ognuno dei quali sarebbe più logico attivare
i relativi recuperi, sia alla possibilità del cosiddetto recupero in
itinere. Siamo d’accordo che, da un punto di vista dell’efficacia, queste
modalità di recupero lasciano spesso a desiderare, tuttavia non credo che
la loro rimodulazione temporale sia sufficiente a renderli più efficaci.
Piuttosto sarebbe necessario ripensarne le modalità di attuazione, anche
in riferimento alle soluzioni didattiche ed organizzative citate negli
artt. 3 e 4 del DM; tuttavia dubito che nello spazio di due mesi sia
possibile rimodellare seriamente l’istruzione secondaria con lo strumento
normativo dell’Ordinanza Ministeriale. E soprattutto non sono
assolutamente convinto che in sede di approvazione della legge finanziaria
2008 il Ministro riesca a ritagliarsi le necessarie risorse, fossero solo
i 50 Euro all’ora per gli insegnanti di cui ha parlato recentemente.
Mestre, 22 ottobre ’07
Astolfo sulla Luna
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