L’educazione nello Stato Islamico/2:
vietato Darwin

 TuttoscuolaNews, n. 675  2.3.2015

In attesa di informazioni sull’entrata in vigore della riforma generale voluta dal Califfo si può prendere come sua prima anticipazione la regolamentazione varata nella provincia di Raqqa, cui si è accennato nella precedente notizia.

La materie umanistiche (arte, storia, filosofia), le scienze sociali (sociologia, psicologia) e la musica sono state soppresse, mentre quelle scientifiche - la matematica e le scienze - risultano potenziate, come la grammatica araba, l’informatica e l’inglese (la lingua, non la letteratura).

Per quanto riguarda le scienze, però, viene eliminato ogni riferimento a Darwin e a qualunque teoria dell’evoluzione che non attribuisca tutto il creato all’opera di Dio. L’insegnante di scienze, viene precisato, deve suscitare negli studenti la consapevolezza che “tutte le leggi della fisica e della chimica dipendono dalle leggi stabilite da Dio all’atto della creazione”.

Della cultura moderna viene accettato e insegnato solo ciò che non mette in discussione la sottomissione (‘islam’ in arabo) alla volontà di Dio secondo una lettura tradizionalista del Corano. Un atteggiamento che può trovare qualche analogia, in Occidente, nel periodo della Controriforma, quando in nome dell’interpretazione letterale dell’Antico Testamento furono condannate le scoperte di Galileo Galilei sul sistema solare.

Come potremmo definire questo modello educativo? Medioevale, antiscientifico, premoderno? Certo, dobbiamo ricordare che anche nel Novecento dell’Europa sono comparse teorie aberranti come il materialismo dialettico e il razzismo, strettamente legate alla natura totalitaria dei regimi che le imponevano, riservando ai dissenzienti il gulag sovietico e i campi di sterminio nazisti.

Solo il ritorno della democrazia e l’affermazione del pluralismo hanno potuto rimuovere alla radice tali aberrazioni e i loro riflessi nei rispettivi sistemi educativi. Dobbiamo augurarci che anche nel vasto mondo di religione musulmana, che pure ha registrato nella sua storia stagioni di grande e libero sviluppo culturale e scientifico, il fondamentalismo islamista venga battuto e sia sostituito da modelli di organizzazione politica e sociale rispettosi delle diversità e soprattutto della libertà nel campo delle arti, della ricerca scientifica e dell’insegnamento.

 

 

Cominciano a circolare informazioni sul funzionamento del cosiddetto ‘Stato Islamico’ (IS, Islamic State) soprattutto dove esso si è consolidato (Iraq e Siria, tanto che si parlava, prima della proclamata internazionalizzazione dell’IS, di ‘ISIS’, Islamic State of Iraq and Syria). 

In questi territori l’IS sta provando a organizzare determinate funzioni pubbliche (esercito, polizia, sanità, istruzione) in modo relativamente stabile. Se ne sa ancora poco, ma secondo l’esperto di gruppi jihadisti Aymenn Jawad al-Tamimi la regolamentazione del sistema scolastico nella provincia di Raqqa (Siria) varata nel settembre 2014 ha previsto, tra l’altro, l’eliminazione dai programmi di materie come educazione artistica e musicale, storia, sociologia, psicologia e filosofia, religione (l’educazione islamica è impartita in orario extrascolastico), l’esclusione cioè di tutte le discipline che possono condurre a una visione critica, pluralista, secolarizzata della società e delle libertà individuali. 

In questa provincia ci sarebbe già, dunque, un sistema educativo funzionante secondo i principi pedagogici del fondamentalismo islamico nella versione rigorosamente teocratica del califfo Al Baghdadi. Nel resto dei territori siriani e iracheni che costituiscono l’autoproclamato IS invece la situazione risulta di totale confusione. In un rapporto Unicef del gennaio 2015 si riferisce che le scuole sono state chiuse a dicembre 2014 in vista della riforma dei programmi e del relativo aggiornamento degli insegnanti.

Così 670.000 giovani sono stati rispediti a casa, mentre dei 4,3 milioni di ragazzi in età scolare che vivono complessivamente in Siria (incluse le zone governate dall’IS) la maggior parte – tra 2,1 e 2,4 milioni – non va per nulla a scuola o ci va in modo saltuario.

Ma come funzionerebbe a regime la scuola del Califfo?