Le vestali della meritocrazia uccidono il merito

Cosimo De Nitto, ReteScuole 14.3.2015

Che triste e malinconica fine ha fatto il discorso sul merito. Una fine che è coincisa con quella del povero “parametro” che non se l’è passata meglio nonostante le tante speranze, ma anche la tante categoriche certezze che aveva suscitato.

Era lui, il parametro che doveva consegnarci la sicurezza di una “misurazione” oggettiva, neutra, scevra da ogni interferenza soggettiva, quindi sicura e “scientifica” delle capacità e dunque del merito, del valore degli alunni, “quindi” degli insegnanti, “quindi” delle scuole, “quindi” dei dirigenti.

La caratteristica prima che doveva avere era quella della neutralità, e che cosa c’è di più neutro, così almeno hanno cercato di convincerci, di più oggettivo di una prova oggettiva quale un questionario, non uno qualsiasi, ma un questionario INVALSI? Prove INVALSI sinonimo di scientificità, di perfetta coincidenza tra misurazione e valutazione, prove nelle quali persino lo scarto determinato dalle interferenze soggettive (cheating ecc.) era calcolato ed espunto come impurità per lasciare la purezza dei dati e quindi la loro assoluta attendibilità.

Oddio qualche problemino lo creavano quei rompiscatole dei diversabili, ottusi loro e i loro insegnanti che volevano a tutti i costi far svolgere loro le prove. Problema subito risolto facendo fare i questionari, ma non computandoli con gli altri.

Hanno cercato di convincerci che le prove INVALSI potevano essere la base universale della valutazione universale nella scuola, perché esse erano il famoso “parametro”. Le nostre osservazioni altrettanto ostinate nella loro ragionevolezza non ammantata di abito (pseudo) scientifico hanno scavato, insinuato dubbi anche da parte di un numero crescente di “gufi” provenienti dal mondo scientifico e accademico, oltre che dalle notizie della crescente opposizione ai test proprio nei paesi che avevano fatto uso e abuso di queste tecniche che danneggiano l’apprendimento e banalizzano l’insegnamento riducendolo a “teaching to the test”.

Allora, gli stessi pasdaran dei test INVALSI cercano di “correggere” il parametro, troppo oggettivo, affiancandolo nella valutazione delle scuole e dei docenti con un criterio che di oggettivo non ha proprio niente, anzi è così opinabile che si limita a raccogliere le opinioni circa la “reputazione” che hanno scuole e docenti presso i genitori e studenti, forse anche nel territorio. Questa è stata una brutta botta per il nostro povero “parametro” che insieme al “reputazionale” sta come il diavolo e l’acqua santa. Insieme questi due criteri che dovevano risolvere il problema della rilevazione certa e oggettiva del merito anziché aiutarsi e sorreggersi a vicenda hanno finito col danneggiarsi reciprocamente dimostrandosi assolutamente incompatibili al limite del rigetto e della risata cosmica.

La storia è andata avanti in tutta la sua indeterminatezza e incertezza, senza però che nessuno dei nostri eroi si chiedesse mai se fosse lo strumento sbagliato, oppure se fosse sbagliato proprio il fine per il quale lo si voleva usare. I nostri meritocrati non si sono lasciati prendere da un minimo dubbio, sono andati avanti a qualsiasi costo, perché merito doveva essere e merito sarebbe stato, a prescindere. E così è stato. Avevano una fretta tale, un bisogno tale di fare qualcosa purché si dimostrasse che loro le cose la fanno davvero, concretamente, senza chiacchiere e senza perdita di tempo (se perdita di tempo, poi, si può dire l’onore e la professionalità delle persone, i loro diritti ad un giusto compenso, la dignità ecc.) per cui alla fine hanno dovuto sacrificare tutto e tutti sull’altare del successo del principe. Hanno sacrificato, pertanto, non solo quel povero e ormai malandato “parametro”, ma anche quella speranza che poteva essere il “reputazionale” che pure si poteva rilevare con un semplice questionario customer satisfaction. Niente di tutto ciò. Tutto rottamato. Il principe ha scelto la via più pratica e più tradizionale che non fa perdere tempo in rilevazioni, studi, ponderazioni, verifiche, confronti, test, questionari, tabulazioni, calcoli, griglie ecc. ecc. Ha scelto che sceglie uno ed uno solo che non si confronterà con nessuno: il Capo d’istituto. Quello che sceglierà sarà giusto per definizione, per il semplice fatto che l’ha scelto lui, e non potrà sbagliare perché l’errore non è previsto e quindi se un docente non ritiene di non essere meritevole dovrà farsene una ragione, non potrà protestare, non potrà appellarsi ad un giudice superiore, unico caso nella legislazione italiana, non potrà fare ricorso, e a chi d’altronde se non è previsto?

In fondo siamo il paese della pizza, spaghetti e mandolino non certo il paese del diritto e della giustizia e tanto meno del merito che continuerà a sopravvivere solo nella retorica del principe come vuoto principio negato e violato ogni giorno dalla realtà.

In tutto questo bailamme assorda il silenzio degli scienziati della misurazione, dei cultori della valutazione. Hanno sostenuto le vesti del principe, ora sono da qualche parte a vergognarsi un po’. Solo un po’. Forse.