Sulla scuola il governo prende tempo: Di Angela Mauro, Flavio Bini L'Huffington Post, 3.3.2015 Nemmeno il consiglio dei ministri di questa sera partorisce un testo di riforma della scuola. Non c'è un decreto legge, come già anticipato dal premier Matteo Renzi ieri sera e confermato oggi dal ministro Maria Elena Boschi. Ma non c'è nemmeno un disegno di legge, lo strumento che il capo del governo aveva invece indicato ieri sera come quello più adatto anche per superare le critiche dell’opposizione e i rilievi del presidente della Repubblica Sergio Mattarella sull’abuso della decretazione d’urgenza. Un nulla di fatto perché ci sono ancora problemi tecnici da studiare, soprattutto sull’assunzione dei precari: tanto che stasera vengono varate solo delle linee guida mentre le decisioni sulla riforma verranno prese in un prossimo consiglio dei ministri, probabilmente la prossima settimana. Ma quello sulla scuola, pur inaspettato, non è l’unico nulla di fatto di questo consiglio dei ministri: come annunciato già da giorni, anche sulla banda larga stasera il governo non partorisce un testo pronto bensì un piano guida. Sulla ‘Buona scuola’, il nome con cui Renzi ha battezzato la sua riforma, il governo si prende ancora del tempo, un 15-20 giorni, spiegano fonti del Pd. I problemi tecnici riscontrati negli ultimi giorni, gli stessi che hanno fatto sfumare l’idea di agire per decreto, non sono roba da niente. Da un lato, il governo deve eseguire la sentenza della Corte di giustizia europea sull’assunzione a tempo indeterminato del personale precario con più di 36 mesi di servizio. Dall’altro, deve combinare questa esigenza con i posti effettivamente disponibili per materia – scienze piuttosto che italiano, matematica piuttosto che latino, per fare qualche esempio - e allo stesso tempo guardarsi dai ricorsi dei precari che non verranno assunti. E’ un rebus non da poco, visto che pone il governo davanti alla responsabilità anche politica di stabilire chi verrà assunto e chi invece resterà a casa. Si tratta di precari che aspettano da tempo, più volte hanno ascoltato gli annunci su provvedimenti sulla scuola che alla fine sono slittati. Come stasera. Esclusi con rammarico, s’intende. Ma la linea è: “Se ci sono dei problemi, meglio risolverli per bene prima di andare avanti”. Che poi è la linea che più volte Renzi ha adottato ogni qual volta da premier ha incontrato ostacoli imprevisti sulla via dei provvedimenti da adottare. "Quando facciamo le cose da soli siamo dei 'dittatorelli' - si difende il premier nella conferenza stampa dopo il consiglio dei ministri - se apriamo al dibattito siamo ritardatari: non c'è nessun rischio che slittino le procedure di assunzione dal primo settembre 2015. Ma noi facciamo una proposta al Parlamento: ci sono le condizioni per cui il Parlamento in un arco di tempo sufficiente ma non biblico possa legiferare senza che sia necessaria una richiesta del governo di usare strumenti di urgenza. Facciamo una scommessa: lanciamo palla al Parlamento, martedì prossimo presenteremo il ddl, lo lasceremo all’attenzione del Parlamento che dovrà valutare e decidere se e come procedere in tempi sufficienti per un confronto serrato e sereno, ma non con un ostruzionismo che blocchi l'immissione in ruolo di personale in graduatorie ad esaurimento e vincitori di concorso...". Sul fronte delle telecomunicazioni sul tavolo del consiglio dei ministri è arrivato il corposo piano sulla banda ultralarga. Nessun provvedimento specifico, ma una sorta di grande cornice all’interno della quale il governo vuole promuovere lo sviluppo della rete veloce nel vostro Paese. Non menzionando, in linea con le rassicurazioni fornite alla viglia dal sottosegretario alle Telecomunicazioni Antonello Giacomelli, il nodo più delicato di tutto il documento, quello sull’ipotetico “switch off” della rete in rame entro una data prefissata. Uno spegnimento che, se programmato - o ancora peggio imposto per decreto come paventato la scorsa settimana – avrebbe rappresentato un intervento a gamba tesa su Telecom, ex monopolista pubblico e proprietario della rete, che avrebbe così visto uno dei suoi asset principali fortemente svalutato. Il governo non ha affatto messo in cantiere l’idea di sviluppare una rete ad alta velocità, a regia pubblica, lungo tutto il territorio nazionale, anche se per il momento si è limitato a presentare un piano che nelle intenzioni dovrebbe mobilitare 12,5 miliardi di euro, a partire da un investimento pubblico di 6,5 miliardi, grazie all’utilizzo di fondi europei e nazionali che dovrebbe fare da magnete anche agli investimenti degli operatori privati. L’obiettivo fissato dal piano: portare nelle case del 50% della popolazione la rete a 100 Megabit. La strada, per il momento, dovrebbe essere quella delle agevolazioni per il passaggio dal rame alla fibra ottica grazie a un sistema di incentivi alle imprese e di sgravi fiscali per gli operatori che investono nelle zone a fallimento di mercato. Misura questa, che dovrebbe arrivare con un decreto attuativo del decreto "Sblocca Italia". |