L’educazione nello Stato Islamico/1: TuttoscuolaNews, n. 675 2.3.2015 Cominciano a circolare informazioni sul funzionamento del cosiddetto ‘Stato Islamico’ (IS, Islamic State) soprattutto dove esso si è consolidato (Iraq e Siria, tanto che si parlava, prima della proclamata internazionalizzazione dell’IS, di ‘ISIS’, Islamic State of Iraq and Syria). In questi territori l’IS sta provando a organizzare determinate funzioni pubbliche (esercito, polizia, sanità, istruzione) in modo relativamente stabile. Se ne sa ancora poco, ma secondo l’esperto di gruppi jihadisti Aymenn Jawad al-Tamimi la regolamentazione del sistema scolastico nella provincia di Raqqa (Siria) varata nel settembre 2014 ha previsto, tra l’altro, l’eliminazione dai programmi di materie come educazione artistica e musicale, storia, sociologia, psicologia e filosofia, religione (l’educazione islamica è impartita in orario extrascolastico), l’esclusione cioè di tutte le discipline che possono condurre a una visione critica, pluralista, secolarizzata della società e delle libertà individuali. In questa provincia ci sarebbe già, dunque, un sistema educativo funzionante secondo i principi pedagogici del fondamentalismo islamico nella versione rigorosamente teocratica del califfo Al Baghdadi. Nel resto dei territori siriani e iracheni che costituiscono l’autoproclamato IS invece la situazione risulta di totale confusione. In un rapporto Unicef del gennaio 2015 si riferisce che le scuole sono state chiuse a dicembre 2014 in vista della riforma dei programmi e del relativo aggiornamento degli insegnanti. Così 670.000 giovani sono stati rispediti a casa, mentre dei 4,3 milioni di ragazzi in età scolare che vivono complessivamente in Siria (incluse le zone governate dall’IS) la maggior parte – tra 2,1 e 2,4 milioni – non va per nulla a scuola o ci va in modo saltuario. Ma come funzionerebbe a regime la scuola del Califfo?
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