La Buona Scuola non taglia fuori i non abilitati

Eleonora Favaroni,  Corriere Scuola di vita 6.3.2015

Pubblichiamo l’intervento di Eleonora Favaroni, laureata in lettere dal 2003 non abilitata.

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Il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, parlando della “Buona Scuola” che verrà, ha detto che gli obiettivi del progetto sono: ridare ruolo sociale all’insegnante, creare una didattica al passo con i tempi tecnologici e attuali e riorganizzare le assunzioni del personale docente solo tramite concorso pubblico.

Siamo di nuovo al punto di partenza. Dopo quasi 20 anni dalla scomparsa dei vecchi concorsi, l’introduzione delle prime Siss(Scuole di specializzazione per abilitazione) promosse dal ministro come Moratti nel 2002-2003, poi chiamate Tfa , dopo qualche disastroso e inutile tentativo recente il “concorsone” di qualche anno fa, si ritorna alla vecchia guardia, perché sembra idea comune presso molti e soprattutto nel governo italiano attuale che il conservatorismo delle tradizioni e consuetudini sia ancora dopotutto, un mezzo di arginamento.

Spazziamo via tutto con un colpo di cancellino sulla lavagna degli errori e incompetenze.
Ma forse non si sono considerati i problemi, i tanti dilemmi irrisolti e le falle che il sistema scolastico presenta a oggi . Il presunto concorso riguarderà la regolarizzazione e l ‘assunzione in ruolo dei precari, senza tenere conto di tutti quei laureati, non di ruolo e non abilitati, tagliati fuori . L’esercito degli aspiranti docenti è folto e nutrito, eterogeneo. Il rischio è che si continui a considerare solo gli insegnanti già presenti nelle liste, ma gli altri?

Si parla solo di precari, reinserimento dei precari cioè di coloro che sono già all’interno delle scuole e graduatorie e hanno già lavorato o bene o male stanno lavorando saltuariamente. Il concorso pubblico rischia di essere quindi aperto solo a certe categorie, con il problema delle terze fasce , cioè i non abilitati, i quali nonostante ciò fino a oggi avevano la possibilità delle supplenze .

Resta il problema dei TFA , dei corsi per abilitazione all’insegnamento, costosi e impegnativi e che si sono rivelati inutili e dispendiosi . Che fine faranno? Bocciati o promossi? E come regolarizzare i docenti vecchio modello e i neolaureati ?
Se mi chiedete quale scuola che vorrei io, laureata in lettere dal 2003 non abilitata, direi di puntare su pensionamenti dei docenti con un certo numero di anni di servizio, l’ingresso delle generazioni giovani, aggiornate , motivate, da selezionare tramite strumenti che ne attestino la ricchezza culturale e umana, non tanto l’esperienza in aula quantificata in anni, ma le capacità personali e relazionali. Il docente deve avere una preparazione in quelle “ materie” che comprendono la sfera umana antropologica e sociale: innanzitutto la propria esperienza sensibile, affiancata da studi di psicologia esistenziale , filosofia, sociologia.

Penso a una scuola aperta, dinamica multidisciplinare, nel senso libera da indottrinamenti, dogmi e regole tradizionali spesso inadeguate e dannose di tanta troppa vecchia pedagogia e accademismo (da rivedere i piani didattici, le materie , da eliminare il sistema delle bocciature …).

Applicare alla scuola, intesa come flusso fluido e continuo di rapporti umani (insegnanti, studenti, famiglie) un metodo fenomenologico esistenziale che punti a creare una scuola come luogo di scambio e osservazione reciproci e liberi tra insegnante allievo e viceversa, in un arricchimento bilaterale: un luogo dove si coltivi e si pratichi vero dialogo, empatia, conoscenza.
Per dare vita così a una vera” politica dell’esperienza”, libera e creativa .