Ddl Buona scuola/3.
C’è la ‘mission’. Manca la ‘vision’

 TuttoscuolaNews, n. 682 23.3.2015

Se la ‘Buona Scuola’ rende esplicita, fin dalla sua stessa denominazione, qual è la mission della riforma – in estrema sintesi: affermare la centralità dell’educazione per il futuro del Paese, rendere effettiva l’autonomia soprattutto organizzativa delle singole istituzioni, responsabilizzare i dirigenti scolastici, aumentare la trasparenza…) – non altrettanto si può dire della vision che la ispira, che sembra anzi mancare quasi del tutto. Per vision intendiamo l’orizzonte strategico della riforma, la o le idee guida che la caratterizzano, la capacità di innovare guardando al futuro, la proiezione internazionale delle misure che si intende assumere.

Da questo punto di vista ci sembra che la riforma dica assai poco, perché si limita a “potenziare” e integrare l’esistente col rischio, già evidenziato da Tuttoscuola, di “imbottire” (http://www.tuttoscuola.com/cgi-local/archivio.cgi?action=doc&ID=35555&q=imbottito ) lo studente, di creare teste ben piene (sempre che resistano all’overdose curricolare) anziché ben fatte. Forse, ma con alcune cautele e riserve, gli unici due elementi di vision che è possibile individuare nel ddl sono l’apertura pomeridiana delle scuole e la possibilità per esse di caratterizzare la propria offerta attraverso i piani triennali, con un organico strutturato in funzione di tale offerta e la possibilità di chiamare i docenti anziché riceverli passivamente, come avvenuto finora. Anche il piccolo passo avanti fatto sul finanziamento delle scuole paritarie potr ebbe essere letto com e un elemento di vision se preludesse (come per ora non fa) a un diverso sistema di finanziamento di tutte le scuole pubbliche, statali e paritarie.

Indichiamo, per chiarezza, alcuni esempi di misure che a nostro avviso potrebbero esprimere una vision forte e davvero innovativa:

- la riduzione della durata del percorso scolastico da 13 a 12 anni (indicata anche da Giuseppe Bertagna nell’intervista rilasciata a Tuttoscuola http://www.tuttoscuola.com/cgi-local/archivio.cgi?action=doc&ID=35582&q=bertagna ), magari attraverso un anno ponte con il segmento post secondario;

  • l’eliminazione in radice delle ripetenze prevedendo l’ammissione all’anno scolastico successivo anche in presenza di voti (o giudizi) negativi su una o più materie, con obbligo di frequenza di corsi di recupero;

  • la personalizzazione dei curricoli attraverso la riduzione, e non l’ampliamento, delle discipline, e la possibilità per lo studente di scegliere quelle su cui impegnarsi di più, come proposto anche da Alessandra Cenerini, presidente ADI, da noi interpellata in proposito (Cenerini (ADI) sul Ddl: dilettanti allo sbaraglio...);

  • la conseguente sostituzione dell’esame di maturità (a 18 anni) con un sistema di certificazione delle competenze, utile anche in funzione dell’orientamento verso studi o attività successive.

Un esempio di riforma ispirata a una vision forte ci giunge proprio in questi giorni dalla Finlandia, dove si è deciso di sperimentare, nella secondaria superiore (16-18 anni), il superamento delle tradizionali materie distinte (lingua materna e straniera, matematica, scienze, storia ecc.), cioè il ‘teaching by subjects’ con argomenti che si prestino ad essere trattati con approccio multidisciplinare (‘teaching by topics’). A Helsinki si è deciso di far studiare, per esempio, il topic ‘l'Unione europea’ che comprende moduli di economia, politica, lingue, storia e geografia.