«Sostegno alle paritarie? Un’idea di Berlinguer»
Il ministro Lupi: nessuno strappo alla Costituzione, vigileremo sui «diplomifici»
Il Corriere della Sera scuola 5.3.2015
Punti chiave della riforma della scuola? Una reale autonomia scolastica. La priorità data al merito. Gli stages di lavoro per gli studenti. Poi, il superamento di un grande tabù: lo scontro ideologico fra scuola statale e scuola paritaria.
Maurizio Lupi, Nuovo centro destra, ministro per le Infrastrutture: come si supera questo tabù?
«Statali e paritarie, in base alla legge varata dal ministro Luigi Berlinguer nel 2000, sono scuole pubbliche, con offerte formative diverse. La nostra riforma prevede agevolazioni per chi investe nell’educazione».
In che modo?
«Chiunque sostiene un costo per iscrivere i propri figli a scuola potrà detrarre dalle tasse una quota di quel costo. Il tabù viene superato, e questo non è un caso, da un governo che vede al lavoro assieme forze di centrodestra e di centrosinistra».
Dice la Costituzione che «Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole, senza oneri per lo Stato».
«Ha spiegato lo stesso Berlinguer: la Costituzione non vieta le incentivazioni fiscali. Noi aiutiamo le famiglie, non finanziamo le scuole».
Le scuole private sono escluse?
«Le detrazioni riguardano statali e paritarie, cioè le scuole «pubbliche», anche gestite da un soggetto privato, che rispondono a regole precise, sulle quali lo Stato esercita un controllo e dove i titoli di studio hanno lo stesso valore».
Quanti studenti frequentano le paritarie?
«Oltre un milione contro i 9 delle scuole statali. Il 63 per cento sono cattoliche. Il 71 per cento sono asili».
Se si manda un figlio in un «diplomificio», niente detrazioni?
«I controlli previsti lo impediranno».
Quale sarà l’onere per lo Stato della somma delle detrazioni?
«Tutto dipenderà dalla cifra che destineremo a questo capitolo: dovrebbe essere attorno ai 60-70 milioni di euro».
Ci sono anche scuole statali che chiedono contributi alle famiglie.
«Si potranno detrarre anche i costi delle scuole statali. Il nuovo sistema prevede inoltre che si possa destinare il 5 per mille della dichiarazione dei redditi alle scuole statali e anche ottenere un credito di imposta del 65% delle somme offerte alle scuole statali o paritarie».
Renzi era favorevole a questi aspetti della riforma?
«Renzi condivide il principio delle detrazioni fiscali all’interno della riforma complessiva. Martedì in Consiglio dei ministri non ci sono stati contrasti sul testo».
Ncd avrebbe preferito un decreto legge?
«Siamo assolutamente d’accordo sull’utilizzo del disegno di legge. Si tratta di una prova di forza e lungimiranza, che chiede al Parlamento di misurarsi su tempi certi».
Renzi da tempo annunciava un decreto. Cosa è cambiato?
«È la dimostrazione che l’accusa di “dittatore” è ridicola; del resto ha seguito lo stesso schema sulla riforma della Rai».
Il ministro Giannini non si aspettava il cambio di rotta.
«Credo ci sia stato qualche difetto di comunicazione».
Si è rinunciato al decreto anche per problemi tecnici?
«Ci sono aspetti ancora da definire, ad esempio quanti professori assumere: questo dipende dalle esigenze della scuola, dal diritto dei ragazzi di avere un corpo docente stabile e adeguato ad una scuola di qualità».
Quali sono i «tempi certi» entro i quali vorreste che il Parlamento legiferasse?
«Novanta giorni. Altrimenti, c’è l’ipotesi di tornare al decreto. Ma per tutta la riforma. Renzi ha detto che non si farà un decreto solo per le assunzioni».
Il passaggio dal decreto al disegno di legge è dovuto anche alle indicazioni del Quirinale?
«Non lo so. Di certo, è un segnale importante verso il Parlamento. Significa che le grandi riforme si possono fare, ognuno per la sua parte. Un Paese in crisi deve investire nel suo capitale umano».