Riforma PA, settimana decisiva: Matteo Peppucci, Comuni.it 24.3.2015 La Riforma PA è alla sua settimana decisiva: prosegue infatti presso la Commissione Affari Costituzionali del Senato l’esame degli emendamenti al ddl delega, la Riforma PA che @matteorenzi e @mariannamadia spingono perché si materializzi entro l’estate 2015. Di certo, tra le principali novità della Riforma PA ci sono le modifiche alla disciplina dei licenziamenti pubblici, l‘articolo 18 del pubblico impiego, l’abolizione/rivisitazione dei segretari comunali, ma non solo. Importante è anche la parte relativa alla mobilità dei dipendenti pubblici, ai contratti di collaborazione e all’aumento degli stipendi statali. Vediamo punto per punto la situazione. Pensioni pubbliche: 66 anni e 7 mesi Non più i 66 anni e tre mesi di età fissati fino al 2015, ma 66 anni e 7 mesi che saranno invece necessari dal 1 gennaio 2016 per lasciare il lavoro. Il limite si applica ai lavoratori maschi dipendenti privati e pubblici e autonomi e alle dipendenti pubbliche. La novità è contenuta in una recente circolare dell’Inps, con la quale si evidenzia il recepimento di una norma emanata dal Ministero delle Finanze (Mef). Il funzionamento del sistema che, salvo modifiche, vedrà aumenti graduali dell’età pensionabile fino al 2050, lega appunto le pensioni all’aspettativa di vita. Più questa si allunga, più tardi si andrà in pensione. Resta ovviamente la possibilità di andare in pensione anche prima dell’età stabilità per legge, ma per farlo sarà necessario aver versato nelle casse dello Stato 42 anni e 10 mesi di contributi(attualmente “bastano” 42 e 6 mesi) per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. C’è qualcuno che potrebbe andare in pensione prima con la Riforma PA? Per ora no, ma potrebbero essere discussi alcuni emendamenti, a partire dalla staffetta generazionale nelle Pubbliche Amministrazioni e la possibilità per i ferrovieri di andare in pensione a 58 anni con 38 anni di contributi, ma è difficile che vengano approvati. Aumenti degli stipendi: niente da fare! Nella Riforma PA è tornata in discussione la possibilità di sblocco contratti e aumenti stipendi statali: purtroppo chi si aspetta novità positive resterà deluso visto che Marianna Madia sul tema è stata piuttosto chiara, confermando che al momento non c’è spazio per nessun tipo di aumento. La speranza è che dopo le conseguenze positive della nuova operazione di Qe della Bce e l’abbassamento dello spread si possa riparlare della misura con la prossima Legge si Stabilità 2016. Contratti di collaborazione nella PA: mai più Anche nella PA, come per il lavoro privato, spariscono i contratti Co.Co.Pro. Madia ha dichiarato che sarà avviato un percorso di assunzioni nei prossimi due anni e partirà anche un piano di ricollocazione dei dipendenti delle Province in mobilità. Licenziamenti a Articolo 18 nella PA La Riforma PA non recepisce le novità del Jobs Act sull’articolo 18. Restano quindi per i dipendenti pubblici le possibilità di reintegro al lavoro in caso di licenziamento ingiustificato, ma viene estesa anche ai dirigenti inadeguati la possibilità di licenziamento, fino ad oggi impensabile. “Resterà il reintegro in caso di licenziamento ingiustificato – ha confermato Madia -. Non è un favoritismo ma il lavoro pubblico è diverso: chi licenzia non è un imprenditore che decide con le proprie risorse”. Per quel che riguarderà invece il dirigente pubblico, non solo potrà essere licenziato ma dovrà superare un concorso per l’abilitazione ed entrerà così nel ruolo unico dei dirigenti. L’operato del dirigente sarà sottoposto a controlli e osservazioni per capire se si stratta di dirigenti adatti per un determinato incarico e chi non sarà confermato decadrà dal suo ruolo in attesa di un nuovo incarico. Riforma della PA: riassumendo In pillole, nel ddl delega Madia al vaglio della Commissione Affari Costituzionali ci sono le seguenti novità:
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