Il docente a “precarizzazione crescente” dell’era renziana

Anna Maria Bellesia, La Tecnica della Scuola 29.3.2015

Quello che uscirà dal ddl scuola targato Renzi non è la “piena attuazione” dell’autonomia scolastica, ma piuttosto lo stravolgimento. Lo scopo è di conseguire il massimo efficientamento e la “massima flessibilità” nell’utilizzo delle risorse, quelle umane specialmente. Ma la finalità educativa è sparita perfino dal lessico. Le famiglie restano del tutto marginali. Gli studenti sceglieranno un’offerta più da intrattenimento che formativa, con pacchetti preconfezionati stile supermarket. Il docente diventa a “precarizzazione crescente”, in balia dei piani triennali, della chiamata da parte dei dirigenti scolastici, della conferma o meno del posto. I “meritevoli” avranno la gratificazione di un piccolo bonus annuale a discrezione del DS.

In ogni istituzione scolastica, il Piano triennale elaborato dal DS stabilisce il fabbisogno complessivo dell’organico della scuola (posti comuni, di sostegno, di potenziamento offerta formativa). Teoricamente, “si aggiunge” al POF, ma in pratica lo scalza e diventa uno strumento di gestione totalizzante.

I ruoli del personale docente diventano regionali, articolati in albi territoriali, suddivisi in sezioni per gradi di istruzione, classi di concorso e tipologie di posto. Da questi albi il DS sceglie i docenti a cui “proporre” gli incarichi per la copertura dei posti assegnati alla scuola. 

Per i docenti neoassunti, questo sistema andrà subito a regime. Per i docenti già di ruolo, solo in caso di mobilità territoriale e professionale, volontaria o dovuta a soprannumerarietà. L’operazione comporta una precarizzazione a vita del ruolo del docente.

La differenza con la situazione attuale è dirompente.

Con la riforma:

  • Il dirigente scolastico “elabora” il Piano triennale “sentiti” il collegio dei docenti e il consiglio d’istituto (chiederà solo un parere consultivo).

  • Il dirigente scolastico diventa “responsabile” non solo della gestione, ma anche delle scelte didattiche e formative.

  • Le scelte del dirigente incidono direttamente sulla composizione dell’organico, “determinato anche utilizzando la quota di autonomia dei curricoli e gli spazi di flessibilità”.

  • Il dirigente scolastico “propone” gli incarichi di docenza per la copertura dei posti assegnati alla scuola sulla base del suo Piano triennale (la cosiddetta chiamata diretta).

  • Ciascun dirigente scolastico adotta i criteri per selezionare i docenti a cui proporre l’incarico. L’unico obbligo è di dare pubblicità ai suoi criteri e alla motivazione degli incarichi conferiti.

  • Dalle scelte del dirigente dipendono inoltre: la programmazione delle attività formative obbligatorie per tutti i docenti; l’utilizzo degli stessi in classi di concorso diverse da quelle in cui sono abilitati (basta un titolo di studio valido); l’attribuzione di una esigua sommetta annuale accessoria, chiamatabonus, quale “valorizzazione del merito” per una percentuale che al momento resta da definire.

A questo punto c’è da chiedersi: quale docente, che ogni tre anni diventa fluttuante sulla base delle scelte del DS factotum, potrà avere la forza o semplicemente la voglia di sostenere “autonome” scelte metodologiche e didattiche? Tutto verrà deciso dall’alto, in parte dallo stesso DS, in parte ancora più in alto, visto che la valutazione degli apprendimenti spetta all’Invalsi, il Sistema Nazionale di Valutazione è coordinato dall’Invalsi, l’autovalutazione partita quest’anno è nelle mani dell’Invalsi. Dal vertice alla base si sta rafforzando un sistema centralistico che punta non solo al controllo, ma all’uniformità.

Oltre a ciò, i dubbi di costituzionalità cominciano a preoccupare.

  • La libertà di insegnamento, valore costituzionale che distingue il docente da qualsiasi altro impiegato, non esiterebbe più. Il docente diventa semplicemente il terminale front office della macchina organizzativa, in condizioni di debolezza, instabilità, ricattabilità.

  • Il soggettivismo nell’attribuzione e rinnovo degli incarichi di docenza fa dubitare che saranno garantiti i principi di uguaglianza, pari opportunità, imparzialità.

  • Il dirigismo solipsistico di tutte le scelte didattiche e organizzative cancella 40 anni di partecipazione democratica alla vita della scuola.

Quando Renzi un paio di anni fa avviò la sua campagna elettorale per conquistare la segreteria del Pd , aveva rivolto chiare parole agli insegnanti: “li abbiamo bombardati di riforme e non li abbiamo mai coinvolti in un progetto serio, non ci siamo mai preoccupati di restituire loro forza sociale”. In quella fase di ricerca del consenso, Renzi aveva manifestato l’impegno a ridare dignità al corpo docente.

Se questa è oggi l’attuazione di quell’impegno, è auspicabile che un sussulto di dignità ce l’abbiano i docenti italiani nell’opporsi prima che sia tardi.