Che ne sarà della #buonascuola?

Dopo lo stallo nel Consiglio dei ministri, si riapre il dibattito sui punti contestati delle linee guida. Nell’esecutivo emergono divisioni e dubbi sulla copertura finanziaria. Sindacati pronti alla lotta

Flavia Amabile, La Stampa 5.3.2015

IL BONUS FISCALE  

Un fronte bipartisan per gli istituti privati. Si mobilitano i vescovi  

Sentono puzza di bruciato i sostenitori della detrazione a favore di chi iscrive alle paritarie i propri figli che avrebbe dovuto far parte del pacchetto di riforma della Buona Scuola e hanno deciso di partire all’attacco. L’obiettivo è accerchiare il premier, farlo sentire isolato, e trovare una formula per sganciare assunzioni e paritarie dal resto della riforma e inserirle in un percorso più rapido del dibattito parlamentare.

La battaglia si annuncia lunga ma il fronte si allarga ogni giorno di più. Accanto ai 44 parlamentari che la scorsa settimana avevano scritto una lettera al presidente del Consiglio ieri si sono aggiunti altri 39 politici di Forza Italia (37 parlamentari e due eurodeputati). Anche loro hanno scritto una lettera a Matteo Renzi. Lo stesso ha fatto un gruppo di senatori del Pd provocando una spaccatura ancora più profonda nel partito dopo quella creata dai 44 della scorsa settimana perché in 32 appartenevano proprio al Pd. 

Invece di appoggiare la loro causa, Renzi li ha congelati chiedendo all’improvviso lunedì sera che l’intero pacchetto entrasse in un disegno di legge invece che in un decreto e quindi rinviando tutto alle Camere. E ora i sostenitori del buono scuola hanno capito di dover raddoppiare i loro sforzi.  

Sarebbe ingiusto affermare che le scuole paritarie siano tutte cattoliche. Su 13.500 il 60% ha una matrice religiosa. Si tratta di un universo ampio che ha una sola matrice comune, una profonda crisi. I primi segnali sono apparsi nell’anno scolastico 2010-2011, quando nelle paritarie si sono iscritti 2.500 studenti in meno. L’anno successivo il calo di 30mila iscrizioni ha portato alla chiusura di molti plessi. 

Il mondo cattolico però è quello che di sicuro ieri ha fatto sentire tutta la sua voce. «Paritarie, bluff o #lavoltabuona?», ha titolato in apertura del sito Famiglia Cristiana spiegando che «il rischio è che i provvedimenti si perdano per strada, detrazioni comprese». E poi è intervenuta la Sir, l’agenzia della Conferenza Episcopale italiana, sottolineando il rischio «che la montagna partorisca un topolino, cioè che le infinite discussioni abituali sulla scuola finiscano per non avere sbocchi». 

 

GLI ORGANICI  

Mancano i soldi per assumere i precari. “Andremo in tribunale”  

Forse la parte più simbolicamente inquietante della riforma della Buona Scuola è l’articolo 40. Nella bozza circolata in questi giorni sotto il numero dell’articolo è scritto «copertura finanziaria», poi il vuoto. Nulla. «Credo che ci sia una grande confusione nel governo su quanto davvero costi la riforma e che alla fine abbiano capito di non avere i soldi per pagarla», commenta Rino Di Meglio, coordinatore della Gilda degli Insegnanti. «La riforma prevede un aumento dell’organico dell’autonomia pari al 15% dell’attuale. Sanno che costerebbe 5 miliardi in più, molto più del miliardo stanziato?». 

Il giorno dopo l’ennesimo rinvio del pacchetto di riforma della scuola i precari e i sindacati che li rappresentano sono arrabbiati, delusi. A leggere la bozza si capisce che c’è un problema di finanziamento ma da un punto di vista politico sembra che sia stato proprio Matteo Renzi il primo a non essere convinto dalle misure messe a punto dal Miur e che quindi abbia deciso all’improvviso di non metterci la faccia.  

I punti che in queste ore stanno creando un profondo malcontento nei precari sono molti, persino quando si tratta di novità positive come il trasferimento degli immessi in ruolo. Secondo la riforma potrebbero scegliere la provincia e quindi una sede più vicina alle famiglie. La scelta va fatta entro il 16 marzo ma nessuno può usufruire della novità senza la certezza del decreto.  

Regna la confusione. Il Codacons spiega che poiché dal governo «arrivano solo chiacchiere in tema di scuola e pochi fatti concreti» non resta che rivolgersi ai tribunali. Sono 2200 le sentenze che hanno permesso ai docenti di ottenere risarcimenti che sfiorano i 3 milioni di euro «per gli anni di precariato cui sono stati ingiustamente sottoposti». Massimo Di Menna, segretario generale della Uil Scuola boccia il merito che è solo «l’ennesima richiesta agli insegnanti di ‘mettersi in gioco’: senza un euro», la formazione fatta in modo «gratuito, obbligatorio e senza limitazioni di orario». Boccia la perdita di competenze perché «nel nuovo organico il dirigente scolastico può assegnare gli insegnanti, anche senza specifica abilitazione». In altre parole: una maestra potrà insegnare anche alle medie.