“Meno tasse per chi va alle paritarie”.
È battaglia

Su Avvenire appello a Renzi da quarantaquattro deputati della maggioranza: “Occasione irripetibile per una svolta epocale” La norma inserita nel decreto messo a punto dalla Giannini. Ma servono quattrocento milioni. Domani il Consiglio dei ministri

di Corrado Zuninola Repubblica 2.3.2015

Gli sgravi fiscali per le famiglie che pagano una retta agli istituti paritari sono previsti nel decreto “La buona scuola”, appena licenziato dal ministero dell’Istruzione. Il ministro Stefania Giannini nel fine settimana ha inviato l’intero articolato a Palazzo Chigi. Oggi il premier Matteo Renzi lo prenderà in esame e domani discuterà in Consiglio dei ministri, all’interno della corposa riforma scolastica centrata sulle assunzioni dei precari, del provvedimento più politico: gli sgravi a chi frequenta scuole non di Stato. Allo Stato costerebbero, s’ipotizza, 400 milioni.
Decide Renzi, ecco, ma alla vigilia del Cdm un pezzo del centrosinistra (e un pezzo consistente del Pd) chiede al premier di aiutare una quota del mondo scolastico – le paritarie – che oggi attraversa la sua crisi più profonda dal dopoguerra. Un pressing che già divide la maggioranza. Quarantaquattro deputati, ieri, hanno pubblicato sul quotidiano cattolico Avvenire una lettera lunga due cartelle in cui chiedono l’approvazione del provvedimento sugli sgravi: “La Buona scuola”, scrivono al premier, «rappresenta il più importante tentativo di riforma dall’epoca della riforma gentiliana» ed è quindi «un’occasione irripetibile per superare lo storico gap della scuola in tema di pluralismo e libertà di educazione». Dall’unità nazionale in poi, si legge, «si è trasformata una scuola a vocazione comunitaria in una scuola per ricchi e si sono costrette le famiglie che optano per la scuola non statale a una doppia imposizione, quella della tassazione generale e quella delle rette».
Nella lettera si ricorda che la paritaria in Italia è fatta di 13mila istituti e accoglie un milione e 300 mila alunni, che con 478 milioni l’anno di finanziamento lo Stato risparmia oltre 7 miliardi di potenziali spese. Citando Antonio Gramsci, don Milani a Maria Montessori, si evidenzia come la scuola pubblica non statale sia «in lenta asfissia, una morte lenta», che numerosi istituti, «talora storici», hanno chiuso mentre «le scuole che resistono sono costrette ad aumentare le rette». Quindi, «un sistema fondato sulla detrazione fiscale, accompagnato dal buono scuola per gli incapienti, potrebbe essere un primo significativo passo verso una soluzione di tipo europeo».
Fra le 44 firme ci sono, ovviamente, i centristi della maggioranza: cinque di Area popolare tra cui Buttiglione e la Binetti, cinque del Centro democratico, uno di Scelta civica. Trentadue i deputati del Pd, fra cui l’ex ministro Fioroni, il teorico del no profit Patriarca e Simona Malpezzi, ex insegnante vicina agli attuali responsabili scuola del partito. Dice la Malpezzi: «Sono profondamente laica e credo che tutti debbano essere liberi di scegliere. Le paritarie quasi sempre suppliscono ai posti non creati dallo Stato. Non possiamo investire, come faremo, 100 milioni nelle materne e poi non consentire alle paritarie di fare la loro parte. Ho vissuto all’estero: in Francia la parità tra pubbliche e private è completa».
Il sottosegretario Gabriele Toccafondi, Ncd, ex Forza Italia, a Firenze sempre all’opposizione di Renzi, nelle ultime settimane ha lavorato agli sgravi fiscali, al buono scuola per i redditi bassi e all’estensione del 5 per mille anche agli istituti privati. Tutto questo, di concerto con il ministro Giannini. La proposta di sgravio prevede una detrazione del 19 per cento modulata sui redditi. Dice Toccafondi: «Non aiutiamo le scuole paritarie, a cui non diamo un euro in più, aiutiamo le famiglie che le frequentano. Non tutte oggi riescono a pagare la retta mensile, che alle materne e alle elementari viaggia tra i duecento e i quattrocento euro. La scuola è una sola: se cede la gamba delle paritarie cede anche quella delle statali, che certo non potrebbero sostenere un altro milione di studenti. Il fondo per le paritarie nel 2015 resta a 478 milioni, già tagliato di ventidue ».
L’Unione degli studenti scrive: «La lettera dei 44 parlamentari è vergognosa, i fondi alle paritarie private sono uno spreco e uno schiaffo a una scuola pubblica che sta vivendo una situazione drammatica».

 

 

Le paritarie tornano alla carica e chiedono il buono scuola. Nei giorni scorsi, tra le tante indiscrezioni sul piano di riforma del governo sulla scuola, che verrà presentato martedì prossimo, è circolata anche l'ipotesi di una detrazione fiscale per le famiglie che affidano la formazione dei propri figli alle scuole paritarie. Ma i gestori delle stesse scuole si sono mostrati freddini di fronte a questa ipotesi. Perché le paritarie stanno attraversando, con tutta probabilità, la crisi più grave del dopoguerra ad oggi e chiedono aiuto allo stato per non chiudere i battenti. A farsi portavoce degli istituti non statali 44 deputati della maggioranza di governo che hanno affidato il loro appello rivolto al presidente del consiglio Matteo Renzi alle colonne del quotidiano dei vescovi L'Avvenire. 

"Il Piano per la 'Buona Scuola' è il più importante tentativo di riformare globalmente la scuola italiana dall'epoca della riforma gentiliana", scrivono i deputati di diversi partiti. "Proprio per questo  -  continuano  -  lo slancio riformatore che il governo sta portando avanti in molti campi non può perdere un'occasione irripetibile per avviare nei fatti lo storico gap della scuola italiana in tema di pluralismo e libertà di educazione. Un sistema fondato sulla detrazione fiscale, accompagnato dal buono scuola per gli incapienti, sulla base del costo standard, potrebbe essere un primo significativo passo verso una soluzione di tipo europeo".

Ma già sulla eventuale detrazione fiscale la coperta appare corta. Il ministero dell'Economia ha già posto qualche problema sulle 148mila assunzioni  -  poi scese a 120mila  -  dei precari che costeranno un miliardo di euro per il 2015 e 3 miliardi dal 2016 in poi. Insomma, si cerca la cosiddetta copertura finanziaria per una detrazione fiscale che potrebbe riguardare un gettito variabile da 1,5 a 3 miliardi di euro. Ma le associazioni delle scuole paritarie battono cassa lo stesso. "Lo Stato moderno  -  si sottolinea nella lettera, a prima firma Gigli (gruppo 'Per l'Italia-Cd')  -  dovrebbe saper trasformarsi da gestore in controllore e garante della qualità formativa di tutta l'offerta pubblica".

E si ripropone l'annoso problema del finanziamento alle scuole non statali che dal 2000, quando il governo D'Alema varò la legge sulla parità scolastica, pone su due fronti contrapposti coloro che richiedono l'applicazione, senza se e senza ma, del dettato costituzionale  -  che all'articolo 33 assegna ai privato il diritto "di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato"  -  e coloro che, considerando la scuola paritaria facente parte del sistema di istruzione pubblico, rivendicano finanziamenti ad hoc per consentire la libera scelta educativa delle famiglie. "Del resto scrivono i parlamentari  -  se fosse pubblico solo ciò che è statale, l'Italia non potrebbe vantare due giganti della pedagogia moderna come Maria Montessori e don Lorenzo Milani".

Attualmente, lo stato assegna alle paritarie circa 500 milioni di euro all'anno. Più i finanziamenti a favore delle scuole paritarie  -  o delle famiglie che affidano alle non statali i figli  -  che le singole regioni inseriscono nei propri bilanci. Una situazione che però è a macchia di leopardo e che spesso risente del colore della singola giunta regionale in carica. I finanziamenti a favore delle paritarie nel corso degli anni hanno subito variazioni considerevoli. Fu l'allora ministro Letizia Moratti ad accrescere fino a 650 milioni circa il budget a favore delle paritarie. Poi sceso a circa 500 milioni. Ma adesso la crisi morde anche le famiglie che prima potevano permettersi rette da 3mila euro e molte scuole paritarie rischiano di chiudere i battenti. 

E c'è chi, di fronte alla richiesta dei 44 deputati di maggioranza, alza le barricate definendola "una vergogna indicibile". "I fondi alle scuole paritarie private  -  dichiara Danilo Lampis, coordinatore nazionale dell'Unione degli studenti  -  oltre ad essere un vero e proprio spreco, sono uno schiaffo alla dignità alla scuola pubblica e alle migliaia di studenti, insegnanti e famiglie che le frequentano. La scuola pubblica vive una situazione drammatica, massacrata dai tagli degli ultimi sei anni e pensare di equiparare sulla scala delle priorità il finanziamento delle private  -  tagliano corto gli studenti, che promettono battaglia nelle piazze  -  è offensivo".