gli studenti presentano la «controriforma»
Sette proposte per cambiare la scuola:
gli studenti presentano la «controriforma»
Diritto allo studio, scuola-lavoro, riforma dei cicli, revisione dei programmi: ecco l’idea di scuola nata dal basso, alternativa alla riforma del governo, presentata martedì alla Camera
Il Corriere della Sera scuola 10.3.2015
La riforma dal basso, in 7 capitoli
Nel giorno in cui il Consiglio dei Ministri avrebbe dovuto discutere il ddl di riforma della scuola, gli studenti presentano, alla Camera, «L’Altra Scuola», una proposta di riforma alternativa, nata dal basso e dibattuta dai liceali di tutto il Paese durante l’autunno di mobilitazione.
Diritto allo studio, alternanza scuola lavoro, autonomia scolastica, valutazione, edilizia, riforma dei cicli, revisione dei programmi e della didattica: gli studenti hanno riassunto le loro priorità in sette capitoli: un programma parallelo alle priorità del governo. E non si limitano a chiedere che il governo ritiri il suo progetto, ma puntano a «costruire un’altra idea di scuola», cercando il consenso di «forze politiche, sociali e sindacali».La riforma dal basso, in 7 capitoli
Nel giorno in cui il Consiglio dei Ministri avrebbe dovuto discutere il ddl di riforma della scuola, gli studenti presentano, alla Camera, «L’Altra Scuola», una proposta di riforma alternativa, nata dal basso e dibattuta dai liceali di tutto il Paese durante l’autunno di mobilitazione.
Diritto allo studio, alternanza scuola lavoro, autonomia scolastica, valutazione, edilizia, riforma dei cicli, revisione dei programmi e della didattica: gli studenti hanno riassunto le loro priorità in sette capitoli: un programma parallelo alle priorità del governo. E non si limitano a chiedere che il governo ritiri il suo progetto, ma puntano a «costruire un’altra idea di scuola», cercando il consenso di «forze politiche, sociali e sindacali».
«Negli ultimi mesi abbiamo costruito un documento di priorità senza le quali pensiamo non si possa rilanciare la scuola pubblica italiana», dice Danilo Lampis, coordinatore nazionale dell’Unione degli Studenti. «Se Renzi dice di non volere fare passi indietro, noi faremo altrettanto. Vogliamo sfidare il Governo sul piano delle proposte perché le loro - dalla valutazione sino alla figura del dirigente scolastico, dallo school bonus fino alle detrazioni fiscali per gli iscritti alle private - vanno fuori strada rispetto alle reali esigenze del Paese».«Negli ultimi mesi abbiamo costruito un documento di priorità senza le quali pensiamo non si possa rilanciare la scuola pubblica italiana», dice Danilo Lampis, coordinatore nazionale dell’Unione degli Studenti. «Se Renzi dice di non volere fare passi indietro, noi faremo altrettanto. Vogliamo sfidare il Governo sul piano
delle proposte perché le loro - dalla valutazione sino alla figura del dirigente scolastico, dallo school bonus fino alle detrazioni fiscali per gli iscritti alle private - vanno fuori strada rispetto alle reali esigenze del Paese».
Diritto allo studio
Al primo punto dell’«AltraScuola» figura il Diritto allo studio. Un diritto, rivendicano gli studenti «ben espresso sulla carta, ma inapplicato - dice Danilo Lampis (Uds) -. Basta pensare alle spese nascoste dell’istruzione: secondo le statistiche, il 40% delle famiglie quest’anno non è riuscito a sostenere le spese dei libri per i figli». Gli studenti chiedono finanziamenti certi («oggi - dicono - non esiste un fondo nazionale per il diritto allo studio, esiste solo la ripartizione regionale, mentre lo Stato in questi anni si è preoccupato solo di finanziare a pioggia le scuole private»).
Tra le proposte degli studenti per garantire istruzione libera a tutti - e abbattere la dispersione, sottolineano gli studenti - , «non serve prevedere una cifra minima percentuale di Pil per tutte le Regioni, ma piuttosto un investimento proporzionato al numero di studenti meno abbienti e in generale al numero dei destinatari degli interventi». Azioni concrete: trasferire i circa 500 milioni di euro che ogni anno vanno alle scuole private ai finanziamenti per il diritto allo studio; esenzione dalle tasse scolastiche per tutti gli studenti a rischio dispersione; borse di studio da attribuire senza parametri di merito prioritariamente a tutti gli studenti e le studentesse con una soglia Isee inferiore ai 25mila euro annui; tariffe agevolate per mezzi pubblici e accesso gratuito o agevolato a musei, teatri, cinema e a tutte le iniziative culturali, musicali e sportive
per gli studenti. E ancora, misure per favorire l’integrazione culturale e l’inserimento degli immigrati a scuola e il supporto agli studenti portatori di handicap.
Alternanza scuola-lavoro
Scuola-lavoro: un’innovazione promossa dagli studenti, ma con le dovute cautele. Innanzitutto l’introduzione di «uno statuto delle studentesse e degli studenti che garantisca il diritto ad un’esperienza di qualità, realmente educativa, coperta dalle giuste protezione assicurative, e gratuita»; e che i fondi destinati all’alternanza scuola lavoro aumentino, «in modo tale da renderla fruibile a tutti, senza criteri meritocratici». Finora passare alcune ore di stage in azienda era appannaggio quasi esclusivo degli studenti degli istituti tecnici e professionali. Con la riforma, l’alternanza diventerà prassi per tutti gli studenti delle scuole secondarie, compresi i liceali, che sono stati coinvolti in una sperimentazione nel biennio 2014-2016.
Gli studenti chiedono anche che si prediliga lo svolgimento dell’alternanza scuola lavoro in associazioni senza scopo di lucro, enti pubblici e in cooperative sociali; che le aziende sottoscrivano un codice etico che affermi il rispetto dell’ambiente, l’estraneità a qualsiasi ambiente mafioso e le norme di impiego degli studenti; più spazio alle esperienze di lavoro anche nei percorsi liceali. Priorità, dicono gli studenti, è «aumentare le misure e i fondi per l’alternanza scuola lavoro per ora fermi a 11 milioni di euro l’anno e suddivisi su appena 2mila scuole per una percentuale di alternanza che non va oltre il 9% di studenti».
Autonomia scolastica
Autonomia, questa incompiuta: il progetto di riforma «alternativo» chiede fondi per renderla davvero possibile e propone, tra l’altro, scuole aperte al pomeriggio per tutti i cittadini, «come centro di trasmissione diffusa dei saperi e di inclusione sociale»; programmazione collegiale delle attività complementari, puntando a un raccordo con le associazioni del territorio.
«Fondamentale - sostiene l’Unione degli Studenti - il coinvolgimento degli enti locali nella progettazione delle città educative che siano capaci di mettere in rete la scuola con i centri di educazione non formale».
Valutazione
Alla valutazione, l’Altrariforma dedica un paragrafo corposo. Obiettivo è pensare a un modello alternativo all’Invalsi (che gli studenti ritengono sbagliato sia dal punto di vista pedagogico che scientifico): un modello basato sull’«autovalutazione partecipata, del sistema e della propria scuola», finalizzato al miglioramento e non alla valutazione del profitto degli studenti. E poi, via libera alla valutazione della didattica da parte degli studenti.
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La valutazione deve essere intesa non come uno strumento punitivo ma come uno strumento di crescita e consapevolezza. Nel documento si parla di «autovalutazione dello studente», di «un differente tipo di valutazione da parte dei docenti verso gli studenti: non più una sentenza calata dall’alto, un’etichetta che rinchiude lo studente nel voto che gli è stato dato». Da anni gli studenti rivendicano una «valutazione narrativa», al posto del voto numerico, che tenga dentro tutti gli elementi di complessità tipici del percorso formativo e di apprendimento di ognuno. Tra le proposte, l’apertura di una riflessione sulla valutazione annuale e sulla bocciatura. Nel provvedimento la Buona scuola - spiegano i ragazzi - il sistema Nazionale di Valutazione sarà esteso anche alle scuole paritarie. Questo contribuirà ulteriormente a ad equiparare e parificare pubblico e privato.
Con il paradosso «che le scuole soggette a miglioramento saranno le private in virtù dei finanziamenti statali ricevuti in passato».
Edilizia scolastica
«500 cantieri per #Scuolesicure, 200 #Scuolenuove e 7000 #Scuolebelle», snocciola il governo sulla pagina web varata per tener traccia degli interventi sulle malconce strutture scolastiche italiane. Per riempire la borsa, l’anno scorso Palazzo Chigi aveva introdotto un meccanismo per donare il 5 per mille all’edilizia scolastica. Ma i fondi non bastano. E per arrivare ad avere «scuole belle e sicure», sostengono gli studenti, servono anche altre azioni. Che loro elencano: innanzitutto agire in tempi stretti sulle emergenze per mettere in sicurezza gli edifici; mettere in funzione l’Anagrafe scolastica; realizzare scuole ex novo, quando non è possibile riconvertire locali dismessi o beni confiscati alle mafie; creare strutture polivalenti per mettere in rete le attività didattiche; creare mense e alloggi pubblici, aree per le attività studentesche autonome,
auditorium per assemblee.
Ma poi, sostengono gli studenti, le aule vanno anche ripensate in funzione della didattica: «Ha senso tenere delle classi fisse, banchi spigolosi, disposti per file?», chiedono. A loro piacerebbero lezioni in cerchio, in aule rese belle da writing, pitture, esperimenti di giardinaggio. Scuole sostenibili, a impatto energetico zero.
Riforma dei cicli
La scuola è ripetitiva e confusionaria, sostengono gli studenti. Che vogliono una nuova riforma, cinque anni dopo il riordino dei cicli. Dal 2009, denunciano, è aumentato il gap tra licei e istituti tecnici e professionali, sono sparite materie di base, eliminate sperimentazioni positive. Loro propongono di modificare completamente l’assetto dei cicli con una riorganizzazione complessiva dalla scuola inferiore a quella superiore, per «evitare una canalizzazione sociale precoce, oggi causa primaria di classismo all’interno della scuola, e per favorire un migliore orientamento e passaggio tra primo e secondo ciclo».
Ecco la nuova architettura degli studi. Scuola primaria: un unico ciclo (superando la divisione tra scuola primaria e secondaria inferiore) sul modello 3+4, in cui «nei primi 3 si deve concentrare l’insegnamento sulle competenze base e le conoscenze minime; dal quarto al settimo anno si può lavorare su una graduale formazione di conoscenze corrispondente ai livelli minimi».
Scuola secondaria: la riforma degli studenti riprende l’idea dell’innalzamento dell’obbligo scolastico a 18 anni e la rimodulazione della scuola secondaria superiore in un biennio unitario e un triennio specializzante. Nel biennio («unitario, non unico», sottolineano), va «superato il concetto di materie e si deve insegnare per argomenti interdisciplinari». Nel triennio, «specializzante», anch’esso obbligatorio, si possono «sprigionare tutte le potenzialità dello studente che, dopo un lavoro nel primo ciclo di sette anni e un lavoro sulle competenze e sulle conoscenze di base collettive e individuali nel biennio unitario, può finalmente scegliere il percorso di studi in cui specializzarsi».
Programmi e didattica
L’Altrariforma chiede di ripensare la didattica e i programmi. Tante, ambiziose, eterogenee le proposte. Eccone alcune: superare la lezione frontale, utilizzare arte, musica e attitudini personali per imparare, includere tutti nella lezione con un approccio partecipativo. Con frasiun po’ ingessate, gli studenti chiedono di «passare da un’ottica di programmazione didattica a un’ottica di progettazione educativa»; di sviluppare approcci trasversali a temi come cittadinanza, economia, costituzione, educazione alla pace e ai diritti umani e educazione all’ambiente».
Bisognerebbe mettere mano alla Maturità, «dando maggior peso alle competenze critiche e alla costruzione di approfondimenti personali»; «promuovere la scrittura collegiale del POF attraverso la discussione all’interno di Commissioni Paritetiche»; sostituire l’ora di religione con l’ora di storia delle religioni e delle culture; rivedere i programmi di storia «evitando l’etnocentrismo e la retorica dei vincitori e dei vinti»; rivedere i programmi e gli approcci delle materie umanistiche, partendo dai testi e dalle analisi degli stessi; inserire itinerari di educazione al territorio, di educazione alla pace ed ai diritti umani; prevedere l’ora di educazione civica come approccio trasversale a tutte le discipline; introdurre testi bilingue da fornire gratuitamente agli studenti migranti; istituire momenti di formazione tra pari.
La L.I. P.
L’«Altrascuola» lanciata dal sindacato degli studenti è l’ampliamento di una Lip (Legge di iniziativa popolare) del 2005, sottoscritta «da oltre 100mila cittadini» per l’abrogazione della riforma Moratti. Obiettivo è quindi, spiegano gli studenti, «costruire in ogni singola città appuntamenti per diffondere la campagna “Aggiorniamo la Lip” e migliorare una proposta di legge che deve essere dal basso, con tutti i soggetti che vivono la scuola in prima persona. il sindacato degli studenti ha lanciato `L’Altra scuola´. Un ampliamento di una Lip (Legge di iniziativa popolare) del 2005, sottoscritta «da oltre 100mila cittadini» per l’abrogazione della riforma Moratti. Obiettivo e’ quindi, spiegano gli studenti, «costruire in ogni singola città appuntamenti per diffondere la campagna `Aggiorniamo la Lip´ e migliorare una proposta di legge che deve essere dal basso, con
tutti i soggetti che vivono la scuola in prima persona.
Insegnanti
Gli studenti universitari vogliono che il ministro Giannini spieghi come verrà modificato il sistema di abilitazione all’insegnamento. «Come diciamo da tempo - dice Alberto Campailla, portavoce di Link Coordinamento Universitario - l’introduzione delle magistrali abilitanti dal 2016, proposte dal Governo mesi fa, rischiano di escludere una parte consistente di studenti dalla possibilità di assecondare le proprie legittime aspettative».
6% del Pil
Una scuola nuova, un sistema moderno, hanno bisogno di risorse. L’Italia investe solo il 4,7% del Pil per finanziare scuole e università e vanta un tasso di dispersione e abbandono scolastico tra i più alti d’Europa. Secondo il rapporto Ocse 2014, la spesa dedicata agli studenti del ciclo superiore è inferiore del 28% rispetto alla media degli altri Paesi. Gli studenti chiedono di portare l’investimento sull’Istruzione al 6,5 % del Pil, perché la scuola possa essere «completamente gratuita, di qualità e al passo con l’Europa».
Tra le richieste che gli studenti fanno al governo, c’è la proposta di svincolare l’investimento su istruzione, università e ricerca dai vincoli dai vincoli di spesa; di abolire i fondi statali per le scuole paritarie private (senza intaccare gli istituti comunali parificati); aumentare i fondi destinati all’autonomia scolastica («Servirebbero oltre 300 milioni di euro per ripristinare le condizioni del 2001; e 600 milioni per rifinanziare il Mof tornando alla dotazione originaria». E poi chiedono almeno 10 milioni di euro per promuovere progetti studenteschi coordinati dai Comitati e dalle associazioni degli studenti. E di finanziare «immediatamente» iniziative di formazione di tutti docenti sulle innovazioni pedagogiche e didattiche da poter apportare nelle classi, oltreché sui temi dell’integrazione, dell’intercultura e sull’insegnamento dell’italiano come
seconda lingua, senza legare l’attivazione di questi corsi a criteri di merito o demerito come ipotizza il ddl istruzione.