Istruzione, Italia ultima tra i paesi Ocse Considerando tutte le scuole di ordine e grado il nostro paese spende complessivamente solo il 4,6% del prodotto interno lordo. Tre punti in meno rispetto alla Danimarca. Aumenta l'investimento pubblico, ma meno rispetto agli altri paesi europei di Lorenzo Vendemiale, Il Fatto Quotidiano 1.1.2015 Il 2014 si è chiuso con una certezza per la scuola: l’Italia è il Paese che spende di meno nell’istruzione fra gli Stati europei membri dell’Ocse in rapporto al proprio Pil. Il poco lusinghiero primato è registrato nel tradizionale Annuario statistico pubblicato dall’Istat nell’ultima settimana dell’anno. Da cui si scopre che la spesa pubblica per la scuola in Italia ammonta al 4,6% del Prodotto interno lordo. Oltre tre punti percentuali in meno rispetto alla Danimarca, che guida la classifica. I dati fanno riferimento a tutti i livelli del ciclo d’istruzione, considerando come fonti di finanziamento le spese dirette da parte dello Stato per gli istituti scolastici statali e i sussidi alle famiglie. E l’Italia perde il confronto con gli altri grandi Paesi dell’Unione Europea: dal Regno Unito alla Francia, dal Belgio all’Olanda passando per Svezia e Finlandia, la spesa in istruzione si attesta sempre sopra i sei punti percentuali. Anche Portogallo e Spagna, che certo non navigano nell’oro, sono a quota 5,5%. Paradossalmente il Paese più vicino all’Italia è proprio la Germania, anche se pure con i tedeschi il divario resta ampio in termini d’investimento, visto che il loro Pil è abbondantemente superiore al nostro. Discorso identico per i fondi destinati all’università e alla ricerca: l’Italia investe appena l’1%, anche qui ultima rispetto a una media di circa l’1,5%. Adesso la situazione potrebbe cambiare. Secondo una ricerca del network specializzato in educazione Eurydice, l’Italia nel 2014 ha aumentato il proprio bilancio per l’istruzione dello 0,6%, dopo anni di tagli. E per il 2015 nella legge di stabilità è stato stanziato un miliardo di risorse (alcune delle quali, però, stornate da altri capitoli di spesa per la scuola). Anche qui, però, i dati sono solo parzialmente positivi. Se è vero che nell’ultimo anno i fondi sono stati incrementati, il saldo resta negativo nei confronti del resto d’Europa, dove l’aumento in media è stato di più dell’1%. Ad investire in misura massiccia, in particolare, sono stati Turchia (+7%), Lettonia (+6,9%) e Nord Irlanda (+5,1%). E poi c’è un’altra considerazione da fare. Le nuove risorse messe a disposizione dal governo serviranno principalmente per il piano straordinario di assunzioni dei 150mila precari storici della scuola, punto centrale della “riforma Giannini” che mira a svuotare una volta per tutte le graduatorie. Stando ai dati forniti dall’annuario Istat, però, non è certo il numero di docenti la principale carenza della scuola italiana: il rapporto studenti/ insegnanti nel nostro Paese è assolutamente nella media rispetto al resto d’Europa. Uno a 11,7 nell’istruzione primaria, 12,2 per quella secondaria e 19 per la terziaria. Cifre in linea con le altre nazioni: nel Regno Unito, ad esempio, si arriva addirittura ad una proporzione di 20 a uno alle elementari, come anche in Francia. Solo in Austria, Belgio, Lussemburgo, Portogallo e Spagna si viaggia su numeri inferiori a quelli italiani. A settembre 2015 negli istituti di tutta Italia verranno immessi circa 150mila nuovi insegnanti. Questo rapporto migliorerà ancora e probabilmente il nostro Paese diventerà primo in Europa per proporzione docenti/studenti. Ma in molti sostengono che quel miliardo di euro avrebbe potuto essere speso almeno in parte diversamente. |