Se i genitori 2.0 sfidano la scuola ferma al palo di Vanessa Niri, Wired.it 29.1.2015
La storia del maestro di Lessolo che, dicendo alla classe la frase: “Smettiamola di fare i cretini“, non solo è stato sospeso dal servizio ( e poi reintegrato) ma ha provocato uno sciopero della frequenza scolastica, ha avuto grande richiamo sui giornali nazionali. Che lo si voglia o meno ammettere, anche questa – o soprattutto questa – è la scuola 2.0
È una scuola 2.0 di fatto, perché non solo gli alunni, ma anche i genitori, sono fortemente digitalizzati.
La maestra dà troppi compiti?
La scuola italiana è completamente impreparata a gestire il costante scambio di informazioni, di giudizi, di pareri e di ansie. E dire che si stava meglio quando ci si fidava ciecamente della maestra – che aveva sempre ragione – non serve assolutamente a nulla. La fiducia tra genitori e insegnanti viene sempre meno per diverse ragioni ( tra le quali lo scarsissimo investimento sulla formazione del personale scolastico). Ma assume un ruolo fondamentale anche la continua ricerca di feed back, di confronto e di rassicurazione, amplificata dalla dinamica di gruppo – o addirittura di branco – che allarga le ansie dei singoli facendole esplodere nelle chat. Davanti a questo confronto mancato, la scuola è rapidamente passata da luogo di delega a luogo di sfiducia. Anche per questo i genitori – mi sia consentita una generalizzazione – ascoltano sempre meno e parlano sempre di più, perché spesso semplicemente non si fidano.
È un male? È un bene?
La formazione dei più piccoli si basa infatti sui patti educativi: se genitori e insegnanti sono in perenne guerra fredda, sono gli studenti a vivere quotidianamente una situazione simile a quella di una famiglia sull’orlo del divorzio.
Io non credo che né i genitori né gli insegnanti possano frenare questa deriva, che porta con sé una sofferenza continua degli studenti. Per non subire una simile trasformazione sociale, ma incanalarla in un sistema aggiornato, forse potrebbe essere utile una figura esterna: un insegnante distaccato, o addirittura una sorta di mediatore sociale, presente all’interno dell’organico scolastico, che possa bilanciare le richieste dei genitori con le possibilità della scuola; raccogliere le domande, i suggerimenti e anche le ansie spesso ingiustificate, facendosene portavoce con gli insegnanti di classe, ma ricostruire parallelamente un contesto di fiducia e di delega da parte dei genitori.
L’istituzionalizzazione di una figura come questa in ogni plesso costa molto di più delle lavagne multimediali, e luccica di meno. Se vogliamo togliere gli studenti dal tritacarne della schizofrenia scolastica – un lungo periodo di almeno dodici anni in cui gli viene chiesto di essere sempre più bravi all’interno di un’istituzione in cui i genitori ripongo sempre meno fiducia – bisogna riorganizzare il sistema.
Se i genitori chiedono ascolto e confronto, bisogna saper raccogliere questa esigenza.
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