Pensioni: quota 100 è davvero la soluzione?

  effemeride.it, 15.1.2015

Sono quattro in tutto le proposte al vaglio del governo Renzi per la riforma pensioni 2015, ma quota 100 è quella che sembra essere secondo le ultime notizie, l’ipotesi più probabile con cui mettere mano all’odiata riforma Fornero. Tra tanti nodi insoluti imperano i dubbi e le perplessità relative alle risorse finanziarie; cerchiamo allora di capire meglio di che cosa tratta e come si articola la proposta di quota 100 formulata nell’ottica della riforma pensioni 2015 che potrebbe prendere avvio già da febbraio.

L’irrigidimento contemporaneo della soglia anagrafica e degli anni di contribuzione utili per andare in pensione che è avvenuto nel 2011 ha infatti creato una larga platea di persone che sono rimaste (nel migliore dei casi) bloccate sul proprio luogo di lavoro, se non addirittura disoccupate senza più alcun tipo di reddito. Per fare degli esempi basterebbe citare i lavoratori esodati (molti dei quali sono stati oggetto di una serie di salvaguardie parlamentari), i precoci, chi ha svolto lavori usuranti, i quota 96 nella scuola e più in generale tutti coloro che sono attualmente disoccupati in un’età troppo avanzata per potersi reinserire nel mondo del lavoro e troppo giovane per i criteri fissati con l’ultima riforma della previdenza.

La quota 100, avanzata da Damiano, vorrebbe la concessione della pensione senza alcuna penalizzazione ma legata al raggiungimento appunto della quota 100 da ottenersi con il cumulo degli anni di anzianità e quelli contributivi. Con il nuovo sistema, qualora fosse inserito e approvato con la prossima riforma pensioni 2015, si consentirebbe di raggiungere il pensionamento con 60 anni d’età + 40 di contributi, 65 anni + 35 di contributi e via dicendo. È importante sottolineare che la proposta della quota 100 per il raggiungimento dei requisiti per la pensione prevederebbe comunque un minimo di 60 anni d’età e 35 di contributi.

Per il momento una simile proposta sembra aver trovato il favore dei lavoratori, ma sembra che l’Inps e alcuni consiglieri economici dell’esecutivo preferirebbero lavorare su delle ipotesi di flessibilità nell’accesso alla previdenza che possano slegarsi in modo più deciso dai requisiti anagrafici, seppure al prezzo di un ricalcolo contributivo puro della mensilità.