Entra nel vivo il dibattito sulla carriera dei docenti

TreeLLLe: no a figure intermedie stabili

Meglio il modello de "La Buona Scuola" che concilia il merito con la flessibilità
e reversibilità degli incarichi. Le ipotesi alternative

 Tuttoscuola, 20.1.2015

Una nota dell'associazione TreeLLLe osserva che il ministro Giannini ha da poco dato notizia che oltre l’80% di coloro che hanno partecipato alla grande consultazione su "La Buona Scuola” si è espresso per il riconoscimento del merito; ma ha anche chiesto che in ogni scuola  si crei un’ offerta di formazione permanente per migliorare la professionalità di tutti gli insegnanti.

Per  Treellle tuttavia è necessario  realizzare un terzo punto che è previsto ma non enfatizzato dal documento governativo. Infatti, se le scuole non sono aziende, sono  comunque "imprese sociali" di elevata complessità che richiedono una  “leadership distribuita", comprendente il preside e un limitato numero di docenti di sua fiducia (“quadri intermedi”) impegnati nell'organizzazione dei  servizi. 

Su questi temi, osserva l'associazione guidata da Attilio Oliva, il progetto governativo è innovativo: esso riconosce infatti ad ogni scuola, tenendo conto del suo contesto sociale, l’autonomia per decidere sia chi siano i docenti meritevoli sia quelli cui attribuire particolari funzioni. Tutte queste valutazioni e scelte vengono infatti affidate ad un Nucleo di valutazione  della singola scuola del quale dovrebbero far parte il preside e due docenti, più una figura esterna di garanzia.

Il Nucleo (rinnovabile ogni tre anni) opererebbe su tre versanti: attribuirebbe ogni tre anni al 66% dei docenti un riconoscimento economico permanente distribuendo solo fra costoro l’importo complessivo degli attuali scatti di anzianità  che al momento sono uguali per tutti; individuerebbe, fra gli insegnanti i più apprezzati per le loro capacità didattiche e formative, i “mentori” incaricati di realizzare la formazione permanente (fino al 10% massimo); farebbe emergere i quadri intermedi (dal 5 al 15%, a seconda della complessità della scuola) che si farebbero carico di realizzare, insieme al preside, una “leadership distribuita”. Mentori e quadri intermedi avrebbero incarichi (e una significativa retribuzione aggiuntiva) temporanei e rinnovabili previa valutazione del lavoro svolto.

I vantaggi, sostiene TreeLLLe, sono evidenti: se ci si accorgesse che il Nucleo ha sbagliato nella scelta, si potrebbe sempre tornare indietro in occasione della tornata successiva. Inoltre, tutti gli altri colleghi sarebbero sempre in tensione positiva, visto che le opportunità di incarichi  di prestigio e retribuiti si rinnoveranno periodicamente.

Questo modello introdurrebbe per la prima volta tre caratteristiche finora ignorate nel nostro sistema e che sono risultate vincenti in altri paesi: un concreto riconoscimento dei meriti professionali, un effettivo spazio per l’autonomia delle scuole e un decisivo apprezzamento alla flessibilità organizzativa.

Tutto ciò potrebbe condurre a un ulteriore  sviluppo positivo: l’accesso alla funzione di preside dovrebbe infatti essere riservato  solo a chi ha svolto positivamente i ruoli di mentore o di quadro intermedio: un modo per verificare preventivamente i requisiti attitudinali  (del tutto ignorati dal reclutamento  attuale) che sono essenziali per dirigenti che di fatto occuperanno per tutta la vita, nel bene o nel male, quella posizione.  

Ma contro questa prospettiva si stanno muovendo, secondo TreeLLLe, "i soliti nemici della autonomia", che puntano a "spostare la valutazione del merito – qualora non si riuscisse a cancellarla – al di fuori delle scuole, tramite concorsi nazionali o territoriali. Con l’appendice di nominare a vita mentori e quadri secondo un modello di carriera rigido e immodificabile nel tempo". 

Ma "l' esperienza dovrebbe  aver  ben dimostrato - prosegue la nota - che i concorsi sono costosi, lenti ed inefficaci, esposti a raffiche di contenzioso e comunque affidati a commissioni che non hanno conoscenza diretta della singola scuola, né un diretto interesse a scegliere i più idonei. Il principio di operare nomine a vita, poi, costituisce un doppio errore: toglie a tutti i  non prescelti la tensione positiva a migliorare  e preclude segnatamente ai più giovani la possibilità di concorrere a posizioni superiori, occupate a vita da chi vi è approdato per primo."

Una decisione di tal genere non terrebbe conto del fatto che le persone cambiano nel tempo, e che anche la scuola cresce e modifica i propri bisogni. "Tenuto conto della elevata mobilità esistente, succederebbe  poi che queste figure rigide,  migrando da una scuola a un’altra, determinerebbero  soprannumeri e/o carenze nei vari profili necessari".

Fenomeno che potrebbe peraltro essere contenuto, osserviamo, qualora la mobilità dei docenti qualificati (mentori e quadri intermedi) risultasse dall'incrocio positivo tra domanda proveniente dalle scuole e offerta da parte dei docenti intenzionati a spostarsi dalla loro sede (come avviene, per esempio, nel Regno Unito).